Che la gravel bike abbia una connotazione prevalentemente fuoristradistica ce lo ricorda prima di tutto il nome: gravel, infatti, è sostantivo che in inglese significa “ghiaia”, “terriccio”. Del resto anche la rappresentazione che le case costruttrici danno a questa giovane categoria di bici è improntata prevalentemente ai terreni “sporchi”: cataloghi, video e campagne promozionali delle gravel bike sono nella stragrande maggioranza dei casi ambientate in contesti lontani dall’asfalto: su single track nel bosco, in mezzo a strade di campagna o più spesso su sterrate ampie e battute.
Ecco il video di presentazione e, a seguire, i dettagli tecnici e le nostre considerazioni:
Non ci scorderemo però mai di ripetere che la caratteristica distintiva di (tutte) le gravel è il loro carattere mutevole, camaleontico, in grado di adattarsi velocemente anche all’asfalto, proprio quello tradizionalmente a beneficio delle bici da corsa “classiche”, da strada appunto. Ancora meglio questo riesce se sulla gravel di turno si effettuano piccole modifiche, piccoli adattamenti sui componenti e sull’assetto di guida. È esattamente quel che ci siamo divertiti a fare sulla Cannondale Topstone Carbon, lei che sul telaio ha addirittura una sorta di sistema elastico sul carro posteriore, quasi come fosse una mtb ammortizzata. Qualche tempo fa noi di Cyclinside avevamo provato a fondo questo modello nella sua configurazione di serie (leggete qui); lo avevamo fatto su un tracciato quasi interamente in fuoristrada, con molte porzioni di percorso anche molto tecniche.
In quella occasione avevamo avuto il modo di apprezzare quanto questa bici con una struttura del telaio simile a una soft tail sia stata in grado di adattarsi egregiamente a situazioni di guida al limite del vero mountain biking. Il test che andate a leggere ci porta invece su un contesto diametralmente opposto, appunto per capire quanto questa bici che nasce con un pedigree marcatamente off-road possa invece essere valida per lo stradismo classico, quello dei terreni compatti, delle alte velocità e delle uscite di gruppo a “limare” la ruota di chi ti è davanti.
Per adattare una gravel all’asfalto
Per adattare al meglio la Topstone Carbon all’utilizzo esclusivo su asfalto abbiamo prima di tutto sostituito le coperture artigliate con cui questa bici esce di serie con un “treno” di gomme più scorrevoli: via allora le artigliate Wtb Riddler da 37 millimetri di sezione e spazio a scorrevoli e veloci Schwalbe One, con sezione da 30 millimetri. Le One sono le coperture di riferimento della gamma stradistica Schwalbe: sono mutuate dal modello Pro One utilizzato dai professionisti e utilizzano la mescola ad alte prestazioni Addix, valida sia sui fondi asciutti che bagnati.
Nella configurazione che abbiamo testato che ci ha fornito Schwalbe Italia, abbiamo utilizzato la sezione maggiore tra quelle previste nella gamma prodotto, quella da 30 millimetri, che ben si adatta al canale a sezione maggiorata (è largo 25 mm) delle ruote Hollowgram HG 22 della Topstone Carbon. Approfittiamo dell’occasione per dire che con una gola simile non è consigliato installare coperture di sezione inferiore, perché si corre il rischio di produrre uno sviluppo in larghezza della copertura inferiore alla larghezza “esterno/esterno” del cerchio (in questo caso da ben 32 millimetri di sezione), con il conseguente rischio di lasciare i fianchi del cerchio esposti, con l’aumento delle possibilità di forare e con l’ulteriore handicap di non consentire alla carcassa di raggiungere il suo arco di circonferenza ottimale quando gonfiato. In generale questa è la raccomandazione che ci ricorda di verificare sempre la larghezza interna del cerchio prima di comperare una copertura; in particolare questo è il motivo che ci ha spinto a non “gommare” questa Topstone Carbon con coperture di sezione inferiore, che magari potevano dare ancor più un impronta stradistica alla nostra modifica. Le “One” che abbiamo utilizzato sono inoltre in versione TL, che in casa Schwalbe identifica tutte le coperture tubeless, ovvero uno standard che perfettamente si interfaccia con i cerchi tubeless ready delle Hollowgram HG22.
Sempre per rendere più “corsaiola” la Top Stone Carbon abbiamo abbassato il più possibile l’assetto di guida, posizionando “a battuta” l’attacco manubrio su una serie di sterzo equipaggiata per l’occasione con un tappo di chiusura della serie sterzo molto più basso di quello previsto di serie. In questo modo siamo riusciti a tenere particolarmente basso il “cockpit”, aumentando nel contempo il “dislivello” con la posizione della sella, anche questa mandata indietro di qualche millimetro sempre per ottenere una posizione più arretrata rispetto a quella più centrale che invece più si addice all’utilizzo “gravel.”
Le nostre impressioni
La Topstone Carbon è di sicuro una gravel sui generis: unisce un’ingegnosa architettura del telaio derivata dal mondo mountain bike con una geometria derivata dal mondo della strada; quote angolari e dimensionali della bici sono infatti praticamente identiche alla Synapse, ovvero la bici da corsa endurance della Cannondale.
Tradotto in termini di impressioni di marcia su asfalto questo produce una guida brillante, reattiva, pronta alla variazione di ritmo e a suo agio nella impostazione ed esecuzione delle curve veloci e/o delle discese tortuose. Non nascondiamo, poi, che anche il look generale del mezzo – quando monti coperture slick come le One e quando metti tutto giù tutto il set di guida – diventa aggressivo e accattivante; siamo sicuri che per chi non conosce questa bici è difficile accorgersi a prima vista che questa di cui parliamo è una gravel bike quando la monti in questo modo, non fosse altro perché l’originale carro posteriore con sistema di smorzamento delle vibrazioni rimane esteticamente discreto e tra l’altro produce un design molto simile a quello delle road bike attuali, con carro compatto e foderi che si connettono sul tubo verticale in una posizione molto bassa.
A livello pratico, invece, lo smorzamento delle vibrazioni funziona eccome anche sull’asfalto, anzi, su questo terreno e con delle gomme stradistiche ha ancora più senso rispetto a quel che accade nel fuoristrada; i 22 millimetri di escursione concessi dal carro posteriore te li godi tutti quando transiti sugli asfalti dissestati o irregolari; le buche non sono più un incubo da approcciare con timore; se è così è sia per l’architettura del carro, sia per l’ulteriore flessione verticale concessa dal reggisella Save e non da ultimo è merito anche delle coperture Schwalbe One che abbiamo montato, che nonostante siano gomme da strada, in questa configurazione da 30 millimetri hanno una capacità di incamerare aria che le rende un’arma in più a beneficio del comfort.
Quanto detto è garantito anche quando abbiamo gonfiato le One al massimo della pressione prevista (5.5 bar sul posteriore, 5 sull’anteriore, con 65 chili di peso del tester). Diremo di più, pressioni inferiori in presenza di un telaio del genere diventano controproducenti: abbiamo provato a portare le One a una pressione di esercizio inferiore (4 dietro, 3.5 davanti), ma su asfalto un confort ulteriore davvero non serve e al contrario la bici perde in scorrevolezza e reattività. A proposito di reattività, come avevamo avuto modo di dire nella prova in fuoristrada, anche sul banco di prova più severe dell’asfalto la Topstone Carbon e il suo sistema di smorzamento delle vibrazioni non producono alcuna sensazione di ondeggiamento laterale e nel contempo limitano al minimo la sensazione di affondamento; questo è garantito anche quando si spinge a tutta sui pedali oppure si scatta violentemente alzandosi sui pedali, situazione nella quale il movimento che percepisci è davvero minimo, ininfluente.
Insomma, non temiamo di essere smentiti se diciamo che con una bici del genere, con un set-up di questo tipo, è tranquillamente possibile fare dello stradismo “impegnato,” nel senso di un utilizzo su asfalto che punta anche a medie orarie elevate e perché no che abbia anche un pizzico di agonismo; ci viene in mente ad esempio l’agonismo delle granfondo stradali di lunga distanza, dove oltre all’aspetto prestazionale da una bici devi aspettarti anche il necessario comfort per rimanere ore e ore in sella.
Tutto questo, poi, con la scontata possibilità, a fine uscita o a fine granfondo, di stravolgere nuovamente questa bici semplicemente rimontandoci un paio di coperture artigliate e aprire alla Topstone Carbon ulteriori sconfinate possibilità in senso “gravel” o “adventure” che dir si voglia.
Conclusioni
È chiaro, non possiamo estendere generalmente le considerazioni fatte per questa Topstone Carbon a tutte le gravel bike in circolazione. Quel che è certo, però, è che se come in questo caso la gravel di turno ha un leggero telaio in carbonio, ha scorrevoli ruote in fibra ed ha un assetto geometrico che ti consente di ottenere una posizione aerodinamica ed “aggressiva”, qualsiasi gravel può davvero darvi tanto in contesi e situazioni d’uso in cui le priorità sono la velocità, la scorrevolezza e la prontezza allo scatto.
Con una bici simile non potrete andare a correre una gara su strada per vincerla, questo è ovvio, ma interpretare ad andatura sostenuta una granfondo stradistica questo sì, questo è assolutamente nelle corde delle gravel di un certo tipo e di un certo livello qualitativo. Ricordiamoci, invece, che alle bici da corsa “classiche” tutti gli altri terreni sono assolutamente preclusi, la loro destinazione d’uso è sicuramente più specialistica sì, ma proprio per questo è decisamente più circoscritta e limitata solo a determinati ambiti. Di questo l’acquirente di una nuova bici dovrà tenere conto; non ci riferiamo tanto a chi è già in possesso di una bici da corsa “classica” e vuole comprare anche una gravel bike, ma in genere a tutti coloro che vogliono acquistare la loro nuova (e unica) bici da corsa.
Ulteriori informazioni: https://www.cannondale.com/it-it e https://www.schwalbe.com/
Maurizio Coccia
Ottima prova,utile per capire l’effettiva poliedricità di questa tipologia di bici.
La difficoltà è proprio quella di capire a priori,basandosi sulle tabelle relative alle geometrie,quali possano essere i modelli più orientati al fuoristrada e quali più idonei ad una bici da corsa.
Sto cercando anche io di capire quali possano essere i modelli più adatti all’utilizzo che ne farei io,sicuramente più stradale che fuoristradistico.
La Topstone carbon è uno dei modelli che ho preso in considerazione,con i suoi pregi e possibili difetti(vedi bb30) insieme alla Revolt di Giant ed alla Diverge carbon di Specialized(quest’ultima forse quella che mi attira di più,il dubbio che ho è relativo alla presenza del future shock che alza molto la posizione dell’avantreno con conseguente limitato dislivello sella-manubrio).
Se avete avuto esperienza con queste bici magari potreste darmi un parere.
Grazie
Diego
Io ho acquistato una gt grade expert con cambio tiagra. Ottima bici che – teoricamente su carta – è una gravel ma nella realtà è una bici da strada adattata allo sterrato. La posizione in sella è molto bassa e non particolarmente confortevole. Ruote, cerchi e dimensioni copertoni rivelano un’anima da strada. Se parliamo di sterrato, si parla di strade bianche. Nulla a che vedere con una look 765 o una Wilier jareen che assetti e posizioni più comode. Ho come l’impressione e il sospetto che con sta storia delle gravel spesso si trovano delle bdc adattate alla strada bianca non asfaltata. Né più né meno.
ma la differenza di peso?
Ciao letto i Vs commenti, acquistata bici ho riscontrato che sostituendo i cerchi con dei MAVIC risultano essere scentrati. Verificato i Cerchi su altro telaio sono perfetti centrati. Domanda vi risulta che questo tipo di problema legato al telaio se vengono cambiate i cerchi?
Grazie
È possibile sapere che tipo di chiusure del della serie sterzo avete montato?grazie
Nel convertire la bici all’asfalto abbiamo semplicemente rimosso gli spessori distanziali di serie (che si addicono di più alla guida gravel) con un assetto “zero spessori” (tra l’altro abbassato ulteriormente sostituendo la cover superiore di serie della serie sterzo con una cover più rastremata, ovviamente compatibile con il cuscinetto che doveva interfacciare). In questo modo abbiamo abbassato il cockpit di circa 3 centimetri, ottenendo una posizione più consona alla guida “road racing”.