25 set 2017 – Nel ciclismo moderno, fatto di radioline e corridori che spesso sembrano un po’ troppo “telecomandati”, ieri è successa una cosa bellissima. Di quelle che ti riconciliano con uno sport anche se inizialmente non era stato un bel momento.
In questo ciclismo super moderno, a un certo punto, siamo rimasti al buio, niente immagini.
Inizialmente mi ha fatto pure imprecare un po’: può essere che al Mondiale sia “andata via la luce”, anzi, la diretta dalle moto? Ci siamo trovati tutti lì, non più dentro alla corsa come siamo abituati, ma a bordo strada di una corsa di biciclette. Dove hai pure qualcuno per cui tifare ma le voci ti arrivano contraddittorie. Chi c’è davanti? Dicono ce ne siano due, forse no, uno s’è staccato. C’è uno da solo? E il gruppo a quanto è?
Quanto è durato quel momento? Un tempo infinito e indefinito, gli occhi puntati all’ultimo chilometro dove da un momento all’altro sarebbero comparsi e avremmo potuto capire. Neanche subito però, perché così da lontano non è che si veda subito cosa succede. Tanto meno chi lo fa succedere.
Le moto, come in una corsa, le auto, è una corsa vera! Poi i corridori.
C’è uno davanti? No, sono tutti insieme. Ecco c’è la volata. Di lì gli occhi hanno ricominciato a vedere. Telecamere fisse e punti di osservazione privilegiati, come quando da ragazzino conquistavi un posto che non aveva scoperto nessuno e ti preparavi a godere lo spettacolo.
Ecco, è stato così il finale mondiale. Non sapevo se qualcuno, in quel momento di buio, avesse provato a fare qualcosa. Ma so il finale e mi basta. E posso scendere da dove ero arrampicato a vedere e godermi la festa. Sì, stavolta forse la tv ci ha regalato l’emozione del bordo strada.
Solo una raccomandazione però: non fatelo mai più!
GR

































