di Guido P. Rubino
Il Giro d’Italia che si è concluso domenica scorsa ha rischiato di andare in archivio con una maglia rosa che non aveva vinto nessuna tappa. Poi, sabato, il ribaltone che ha provato a rimettere molte cose a posto riappacificando in qualche modo anche gli appassionati di ciclismo col loro sport. Va bene così?
È stato un Giro partito senza promesse di campioni. Difficile distinguere un predestinato nell’ordine dei partenti. I nomi che pure spiccavano all’inizio (pensiamo a Simon Yates e Tom Domoulin) sono scivolati via dalla classifica generale e poi dalla corsa senza quasi lasciare un segno importante per la classifica. Solo Carapaz ha confermato, pur senza lampi clamorosi, il suo spessore.
Ma intanto le tappe vedevano arrivare all’arrivo le fughe di giornata, ad eccezione delle volate, neanche tutte.
Sono passate così una prima settimana, considerata normale in questo senso, poi la seconda, di speranza, e anche la terza. Troppo.
Abbiamo assistito a un Giro di attese. Non che ogni giorno possa essere da grandi attacchi, ma una via di mezzo si poteva sperare. Si sono invocate, senza speranza, tutte le eventualità possibili: il giorno di riposo, i caldo, il vento e i suoi ventagli. Difficile costruire un racconto con fatti accaduti mai completamente. Me fughe sono state tutte più che meritevoli, fatte di fatiche e coraggio veri, ma con la classifica generale parcheggiata in sala d’attesa aspettando avvenimenti che non fossero la sola selezione naturale delle forze disponibili.
Chiudiamo il giro con ancora in gola l’urlo per la bella vittoria di Alessandro Covi, mentre dietro avveniva il colpo di stato che ha consegnato il Giro a Hindley. Covi come Ciccone, belle imprese per chi era in cerca di conferme e chi, finalmente, di spazi. Per entrambi la sfortuna di vincere una tappa con forza e merito nel giorno di un avvenimento importante del calcio (il Milan che ha vinto lo scudetto e la finale della Champions senza italiane). Dei nostri due corridori si sono accorti in pochissimi al di fuori del ciclismo. Nemmeno la Gazzetta li ha premiati. Il giornale che organizza il Giro d’Italia li ha relegati a un quadratino in una pagina che parlava d’altro.
Per una spiegazione bisogna pescare nella vergogna.
Se il Giro è in calo di interesse anche da parte dei corridori, il primo colpevole è chi dovrebbe esserne più orgoglioso (anche per ragioni di convenienza economica) e non lo è stato.
Non ce ne vogliano i corridori che si sono sciroppati chilometri di strada e di dislivello, ma lo spettacolo è stato scarso. Onore alle fughe, ma se si è arrivati all’ultima tappa in linea per vedere gara vera tra i vertici di classifica, significa che qualcosa non ha funzionato. E non basta tirare in ballo la mancanza di campioni: la corsa possono farla tutti, ma occorre mettersi in gioco, rischiare di far saltare il banco rischiando di vincere, ma anche di perdere tantissimo.
Discorsi vecchi ma è vero che la strada non ha aiutato e spaventato, evidentemente.
Nel ciclismo che racconta le tappe dall’inizio alla fine in televisione questa cosa è deleteria più che mai. Ma è mancato anche il coraggio dell’attacco, della tattica. In questo senso salviamo solo la Bora Hansgrohe che ha orchestrato per due volte una tattica d’attacco evidentemente pensata da lontano, aggiustata al volo su strada e messa in pratica. Non ha fatto niente di simile la Ineos, che forse si è fidata troppo della condizione del suo capitano. Ci ha provato un po’ la Bahrain, ma non ha mai impensierito davvero e ha finito per mettersi a tirare e basta, facendo un favore agli altri. Al percorso probabilmente è mancata anche una cronometro degna di questo nome, più lunga, in grado di far dire la loro anche a corridori diversi dagli scalatori (che, quindi, sarebbero stati più inclini a cercare di recuperare altrove).
Poi, forse, è mancato il piglio giusto per convincere corridori italiani come Ganna e Caruso a partecipare. Per un Nibali che si ritira con grande onore non c’è, al momento, un sostituto di tale grandezza. Non nell’immediato almeno e se rinunciamo a quelli che potrebbero aggiungere spettacolo si finisce col ripiegare su un ottimo Pozzovivo (oltre al tenacissimo Nibali).
1 giu 2022 – Riproduzione riservata – Cyclinside