Non serve andare troppo indietro nel tempo per scoprire che il vestiario del corridore in gara ha sempre fatto perno su maglia, pantaloncini con bretelle e una maglia intima sotto.
Poi, nel giro di pochi anni, è cambiato tutto: il body è entrato a far parte del corredo obbligato del prof quando si tratta di competizioni. Maglia e pantaloncini? Da una decina d’anni sono relegati al solo allenamento.
Ma non è tutto: «Un’altra novità è che oggi, in gara, i corridori non indossano quasi più l’intimo o almeno lo indossano solo quando è strettamente necessario. Oggi il concetto di layering viene estremizzato, anche perché la tecnologia mette a disposizione dei professionisti soluzioni e tessuti nuovi, sia protettivi, ma soprattutto aerodinamici»: Luca Zanasca è uno che di abbigliamento per corridori se ne intende, è Product Manager della svizzera Assos, che giusto per citarne una, veste il Tudor Pro Cycling Team, oltre a essere da anni il fornitore di tutte le discipline della Federazione elvetica di ciclismo.
Ancora Zanasca: «I prof in gara partono quasi sempre indossando il solo body a pelle, coprendolo con un numero di strati protettivi in funzione di temperatura e condizioni meteo. Poi ci si sveste strada facendo».
Zanasca segue direttamente i rapporti con i team, media il reparto ricerca e sviluppo con le esigenze e le necessità dei corridori. Con lui abbiamo recentemente fatto un’interessante chiacchierata durante un evento BCA, nel quale Assos era tra i marchi presenti.
Due aree
«Rispetto a qualche anno fa, oggi lo sviluppo dei capi si divide in due grosse aree, quella racing e quella dell’allenamento, Nel secondo caso di parla di maglietta e pantaloncini del primo di body, mantelline e giacche isolanti e idrorepellenti. In questo secondo campo la sfida è offrire capi che oltre ad essere aerodinamici siano anche validi dal punto di vista della termoregolazione e della traspirazione».

Gli otto body della Tudor
Il body in questo senso è forse il capo più emblematico per capire quanto per i pro sia importante l’aerodinamica: «Anche in questo caso, ci sono body per ogni situazione. Ai ragazzi del team Tudor diamo il Body Houdini per condizioni climatiche “normali”. Poi c’è il body Superlegére per giornate di gran caldo. Ancora, il Veloce è il body Veloce per gli sprinter e ancor il body Monumento, pensato specificamente per i passisti o in genere per i gregari destinati a tirare per chilometri e chilometri».

Questo, ovviamente, vale per le gare in linea, perché ovviamente i body sono soprattutto per le cronometro, no?
«Per le gare contro il tempo abbiamo il body “standard” chiamato Rapid Fire, poi quello speciale, chiamato FenoQ».
Speciale perché?
«Si tratta di un body interamente customizzabile, strutturato in base alle misure e alle esigenze specifiche del corridore, con un mapping dei tessuti specifico. Ma non lo facciamo a tutti, per il team Tudor ne facciamo solo pochi esemplari, perché è un body che costa 6000 euro».
In ogni caso, da quel che dice in tutto fanno sei tipi di body di Assos per i corridori.
«In realtà, facciamo anche il body da gravel e il body da ciclocross e a questo aggiungerei anche il body per gli atleti del bmx della Federazione Elvetica. Lo stiamo sviluppando proprio adesso ed è un vero e proprio concentrato di tecnologia».
Il guardaroba di un prof
In pratica, ogni corridore ha un guardaroba enorme…
«Diciamo che in realtà forniamo una tipologia di capi che si adattano alle caratteristiche dell’atleta. Intendo dire che allo scalatore in genere forniamo più body superleggeri di quanti ad esempio ne potrebbe ricevere un passista. E viceversa. Comunque, diciamo che a un velocista a inizio stagione forniamo almeno quattro body da volata, a uno scalatore almeno quattro superleggeri e così via».
I tessuti utilizzati sui body dei corridori sono gli stessi di quelli utilizzati per i body destinati al pubblico?
«A parte il body FenoQ e il Monumento generalmente sì, la tecnologia è la stessa. Dirò di più, nel caso dei body destinati al pubblico potrei parlare di una maggiore efficienza aerodinamica, nel senso che il processo di stampaggio dei loghi dello sponsor sul tessuto inevitabilmente produce un piccolo scadimento delle qualità aerodinamiche, che invece sono massime sul tessuto non stampato che si usa per i capi della collezione».
Insomma, niente capi su misura neanche per i corridori?
«No, non dico questo: pur non trattandosi di vera e propria produzione sartoriale, in genere ai corridori diamo capi che hanno un fitting che non è possibile trovare sulle taglie standard disponibili al pubblico. Trattandosi di atleti molto magri e longilinei, spesso una ipotetica “M” destinata al corridore può essere paragonata alla M per il pubblico in riferimento all’altezza, ma ad una S come larghezza. Ma le soluzioni tecniche, le tecnologie e i tessuti sono gli stessi, come del resto ci impone una regola UCI che vuole che tutti i materiali utilizzati dai pro debbano essere anche disponibili al pubblico».
Infine, oltre a quelli strettamente tecnici, nel lavoro di un product manager che lavora nell’abbigliamento destinato ai ciclisti professionisti ci sono anche curiosi risvolti di immagine e marketing:
«Fare capi fuorimisura per i corridori spesso non è facile, più che altro perché devi riuscire a far entrare in spazi diversi sponsor e loghi che devono essere sempre quelli. Farli entrare e vedere quando i corridore è impegnato in corsa o ancor di più quando è al foglio firma o ancora meglio sul podio per la premiazione».

































