di Guido P. Rubino
11 giu 2021 – Ci era già piaciuta tantissimo quando l’avevamo vista al Bike Festival di Rimini, lo scorso anno, e la voglia di provarla l’abbiamo finalmente soddisfatta quando Basso ci ha inviato la sua “Tera” direttamente in redazione.
È una gravel, ma diversa dalle altre. Uno stile forse più d’Oltreoceano ma con il cuore decisamente italiano, come tutte le biciclette del marchio veneto.
Il test era d’obbligo, dopo averne sentito le caratteristiche che avevamo già raccontato in questo articolo.
C’era anche la curiosità di mettere alla prova una bicicletta che sulla carta aveva dei numeri notevoli, ed era anche molto bella da vedere (conferma avuta anche dagli apprezzamenti dei compagni di ruota occasionali con cui abbiamo pedalato durante la nostra prova).
Alluminio allo stato brado
A prima vista la Basso Tera riporta in auge un concetto che andava tanto di moda negli anni Novanta: il triangolo anteriore in lega di alluminio che, per non essere troppo rigido, si cercava di “ammorbidire” con un carro posteriore in fibra di carbonio, almeno per quanto riguardava i pendenti. Ecco: la similitudine si ferma qui o, al più, possiamo metterci dentro le saldature a vista volutamente grezze ed evidenziate da piccole imperfezioni che parlano di una lavorazione manuale ottimamente eseguita.
In realtà, rispetto a quelle logiche, questo telaio è tutt’altra cosa e non solo perché stiamo parlando di una gravel, ma perché quelle geometrie sono state definitivamente superate: la comodità è questione anche geometrica soprattutto e i materiali possono esaltarne o meno le caratteristiche (per chi pensa che l’alluminio sia un materiale “naturalmente” scomodo consigliamo la lettura di questo articolo).
Gravel
Partiamo da qui, dalla tipologia di bicicletta. Per molti versi una gravel in alluminio è un punto di arrivo naturale: il materiale è leggero e non soffre di troppe preoccupazioni in caso di maltrattamenti dell’utente. Risulta anche decisamente leggero e, come vediamo, c’è tanto da dire sulle scelte di casa Basso a cominciare dalla geometrie: il carro, a ben vedere, non è nemmeno troppo lungo: la distanza tra movimento centrale e mozzo posteriore si attesta sui 42,5 centimetri per tutte e quattro le misure in cui è disponibile la bicicletta. Si tratta certamente di una scelta un po’ più generica, ma tutto sommato in linea con lo spirito della bicicletta che non è certamente volto all’agonismo. A ben vedere anche gli angoli di piantone e tubo di sterzo non variano passando dalla misura S alla XL, questo certamente dà un comportamento meno coerente tra le misure ma la guida non ne risente più di tanto, almeno non abbiamo trovato alcun difetto di impostazioni nella misura L che abbiamo provato e trovato ben proporzionata alle nostre misure.
L’impostazione è molto fuoristradistica, tipica, più in generale, delle biciclette Gravel, per cui chi avrà come riferimento la bicicletta da corsa si troverà istintivamente più “corto” nella seduta, ma a tutto vantaggio della guida in fuoristrada.
Come ci è già capitato di dire in occasione di altre prove di questo tipo, può bastare anche solo un attacco manubrio più lungo per avere un’impostazione più stradale. Per contro chi è abituato di più al fuoristrada potrebbe apprezzare un reggisella regolabile che aiuta nella guida dei tratti più difficili e in alcune discese in particolare.
Carro “soft”
La particolarità della Tera è soprattutto nella zona posteriore dove è presente il sistema di assorbimento delle vibrazioni che sarebbe poco corretto chiamare “ammortizzatore”. Non è, infatti, un vero e proprio ammortizzatore e anche pedalandoci su ci si rende subito conto della differenza. Non c’è da aspettarsi nulla di diverso, ma ci sono pur sempre otto millimetri di escursione alla ruota sta do a quanto dichiarato da casa Basso.
Difficile misurare con precisione questo valore ma c’è e si sente. Un ammortizzatore assorbe le buche, questo “spegne” letteralmente, le vibrazioni. Nelle prime pedalate sulla Tera abbiamo gonfiato un po’ di più la gomma posteriore proprio per “sentire” di più la differenza del carro posteriore morbido. Una differenza che si apprezza negli sterrati come negli acciottolati e tanto più se la velocità è alta. Una sensazione da gomma più morbida anche quando questa è alla perfetta pressione di esercizio (e comunque con le Comntintal Terra Trail da 40 millimetro montate sulla nostra bicicletta, non serve neanche esagerare).
Come riesce il carro posteriore a fare il suo lavoro? Sfrutta le caratteristiche della fibra di carbonio. Come detto non c’è un ammortizzatore ma i foderi posteriori si assottigliano nella parte centrale così da dare flessibilità verticale al carro, flessibilità che è attributo anche dei pendenti posteriori in un sistema a balestra in cui il mozzo posteriore si inserisce nella posizione ideale. Il sistema è infulcrato direttamente nella giunzione tra tubo piantone e pendenti.
Giunzione rigida, invece, in corrispondenza del movimento centrale dove la fibra di carbonio del carro posteriore si unisce direttamente alla scatola in lega di alluminio.
Nella parte opposta, anche la forcella a steli dritti è realizzata in fibra di carbonio.
Su strada
Come si evince da quanto detto finora la Tera è una gravel che sorride di più al fuoristrada che non ai percorsi stradali (della stessa ditta segnaliamo la gravel più stradaiola: Palta), tuttavia, in quanto gravel, ha comunque nel suo dna una declinazione stradistica che pure si fa apprezzare.
Ovviamente il sistema posteriore ha un suo costo in termini di peso: nel totale sulla bilancia fa segnare più di dieci chilogrammi e nei tratti in salita si sente il valore di questa zavorra in più. Ma, appunto, è una gravel, e nella sua definizione l’attenzione alle prestazioni è comunque una caratteristica di secondo piano.
La soluzione del posteriore “soft” è certamente meno interessante su asfalto anche se ha il suo perché su strade non certo perfette come capita di trovare al di fuori delle vie principali. Un po’ di flessibilità laterale si genera nella zona dell’infulcro, ma anche le gomme di sezione così ampia non sono certo da performance. Le cose potrebbero cambiare con ruote stradali, cerchi diversi e gomme più strette e slick. Ma chi acquista una gravel come la Tera, probabilmente ha già ben chiaro il maggiore uso su sterrato.
Montaggio e prezzo
Sram Apex, monocorona (da 42 denti) che può essere personalizzato e si presta, ovviamente, al montaggio con doppia moltiplica (sul telaio è presente l’innesto per il deragliatore (e anche quattro posizioni diverse per montare i portaborraccia). Interessante la possibilità di usufruire del servizio di configurazione di Basso che permette di personalizzare il montaggio a seconda delle preferenze del cliente. In questo senso è una bella differenza rispetto ad altre soluzioni acquistabili solo “così come sono”.
A seconda della scelta, comunque, il prezzo al pubblico della Basso Tera si aggira attorno a 2.000 euro. Prezzo più che onesto per una bicicletta di questa tipologia di bicicletta. Il modello, così come lo vedete in queste foto e nel video, ha un prezzo al pubblicio di 2.300 euro.
Assistenza
Vale la pena segnalare la possibilità che offre Basso, una volta registrata la bicicletta sul sito dell’azienda, di usufruire di un ulteriore anno di garanzia oltre i due dovuti per legge
Ulteriori informazioni: https://www.bassobikes.com/it/
Ciao e complimenti per la recensione… Ho appena ordinato una Tera e mi è stato suggerito di andare sulla misura XL anche se alto 183 (185 con scarpe che adopererei sui pedali flat). Dalle geometrie a catalogo sembrava che la mia misura proporzionata fosse una L…
Diciamo che tendo a fidarmi di chi ne sa, ma non vorrei essermi fatto condizionare eccessivamente. Grazie mille per qualsiasi dritta