14 ago 2014 – Non lontano da Parigi c’è un posto che sfida pure l’Oriente. È il cuore di B’Twin, marchio francese della grande distribuzione. Siamo andati a visitarlo e a scoprire come l’economia possa funzionare anche senza allontanarsi troppo da casa.
Il posto è di quelli che sanno di sacro per il ciclismo. Alle porte di Lille trovi i cartelli per Roubaix e l’odore della polvere. La tentazione è forte: girare verso il velodromo, ma il taxi, per stavolta, gira a sinistra, ci porta in un altro tempio, un po’ più pagano, ma pure con un suo fascino.
Qualche curva, tra periferia e città e si giunge al B’Twin Village.
B’Twin è Decathlon ma anche di più. B’Twin è un marchio di Oxylane, che possiede anche Decathlon, la catena di negozi che distribuisce pure B’Twin, tanto per fare chiarezza (e infatti nei negozi si possono trovare anche biciclette di altri marchi).
Un villaggio dedicato alla bicicletta, dove la bicicletta viene montata e costruita ma, prima ancora, pensata.
Si varca la soglia di questa città dei pedali e si entra in un mondo che ha una sua organizzazione e una sua armonia. Corridoi di prezzi e strade di prova, per adulti e per bambini e per tutti i tipi di bici.
Grande distribuzione, non supermercato
In queste pagine solitamente vi parliamo di artigiani, di ricerca, di alta tecnologia e di precisione certosina. Che ci facciamo in un centro della bicicletta a basso costo? Vale la pena entrarci, perché costo contenuto non significa bassa qualità. Spesso è questo l’errore in cui si cade e si rischia di inciampare in biciclette che hanno ben poco a che vedere col nostro mondo. Decathlon è altro. B’Twin ancora meglio. Ce lo spiega Olivier Robinet, direttore del brand B’Twin, pettinato alla Alec Baldwin, occhio vispo e fisico abituato a pedalare. “Ma mi piace andare in giro con i miei figli”, ci confida. Niente agonismo. E ci fa accomodare al suo tavolo. Uno dei tanti nel punto di ristoro di questa piccola città in cui ci sono anche due palestre e ci vengono da tutta Lille.
Il pensiero della bicicletta
La bicicletta è un’idea, un modo di essere prima di un oggetto di vendita. In questo centro da 85mila metri quadri dove la bicicletta, prima di essere venduta, viene pensata e provata (ci sono pure dei percorsi esterni), qui vengono collaudati anche i metodi di produzione per poterli ottimizzare e renderli adatti alla grande produzione.
Un’alternativa all’Oriente
Chi ha detto che per avere biciclette economiche si debba andare in estremo oriente? L’analisi dei costi e un’organizzazione attenta hanno portato a un risultato sorprendente per chi è abituato a pensare Oriente = economico.
«Cerchiamo di fare in modo che la fabbrica delle biciclette sia entro i duemila chilometri dai negozi – spiega Robinet – perché dobbiamo essere veloci nell’approvvigionamento contenendo anche i costi. Certo che abbiamo anche fabbriche in oriente, ma sono quelle che servono i negozi di quelle zone. Altri tipi di gestione non fanno per noi e non saremmo più forti di come siamo adesso, pensa cosa significherebbe dover calcolare i tempi dei container a livello di programmazione della produzione. Avremmo dei costi molti più alti e dovremmo intervenire sulla qualità. Occorre produrre dove si vende». D’altra parte se hanno aperto trenta negozi in Cina (e funzionano) è segno che ci hanno visto giusto e pare che sia solo l’inizio di una piccola invasione al contrario.
E chi l’avrebbe detto che alcuni telai, incredibile, vengono costruiti in Italia? Non si parla del top di gamma di cui l’Italia è orgogliosa, ma di modelli di gamme inferiori. Dove non riescono ad arrivare più i marchi italiani ci hanno pensato i Francesi. Poi ci sono telai fatti in Romania, per il carbonio, ma solo per quello, ci si rivolge all’Oriente, piccoli numeri rispetto al marchio.
«L’altissima gamma non ci interessa – spiega ancora Robinet – semplicemente non è il nostro settore. Per essere competitivi su quel livello di prodotto occorre strutturarsi diversamente e a noi non interessa. Non è quello il nostro business. Invece dobbiamo fare in modo di avere un buon prezzo in tutto il mondo».
Ovviamente la logica non è di essere i meno cari, ma di avere il miglior rapporto qualità prezzo. E i numeri gli danno ragione.
«Vedi quella mountain bike – ci spiegheranno più tardi i responsabili del negozio – è uno dei modelli più venduti (costa 199,95 euro) e, solo con quella si fa il fatturato di un importante marchio italiano». Non serve nemmeno chiedere per immaginare il riferimento.
B’Twin ha un target ben preciso: «Sopra i duemila euro vendiamo poche biciclette – confermano – il nostro mercato è altrove».
On line? Non è necessario
Una potenza come B’Twin non può trascurare l’on line anche se, lo ammettono chiaramente, non è questo il mercato cui puntano. «Le persone hanno voglia di toccarle le biciclette, per questo allestiamo con attenzione i nostri negozi».
Di più si vendono attrezzature e accessori, ma è innegabile che il fascino del giro nei corridoi del negozio si faccia sentire. On line si compra ciò che serve, in negozio si trovano le idee, soprattutto se ben esposte e organizzate. Ci si perde nei corridoi alla periferia di Lille. Ancora di più se si gira dietro, nelle stanze “segrete”.
Dietro le quinte di un progetto (passando per gli utenti)
Accanto al negozio convive chi le biciclette le pensa. All’arrivo nel grande centro di accoglie Matteo, ingegnere italiano che qui ha trovato il suo mondo (e un lavoro esaltante), lui lavora in open space con altri ingegneri che si occupano di tutto: dagli accessori alle biciclette per bambino. Tutti possono dare le proprie idee, non solo chi è lì per progettare. E a volte si contattano direttamente i clienti che hanno criticato qualcosa. Se hanno trovato qualcosa da migliorare possono essere davvero i primi a testarne la soluzione.
Un modo di lavorare diverso e forse controcorrente che porta a risultati concreti però. Come quell’idea che sembra un po’ bislacca di realizzare una bicicletta da bambino… grande. Sì, a dimensioni di persona adulta “così anche da grandi possiamo renderci conto meglio delle difficoltà che può trovare un bambino con una bici che, pur essendo della sua misura, può non corrispondere alle esigenze dei più piccoli”.
È provando così che sono nate quelle speciali leve freno più piccole, per le mani dei bambini e più “morbide” per chi non ha la forza degli adulti (ne avevamo parlato a suo tempo qui).
Una logica per ogni negozio
Inoltre, non bisogna dimenticare che i prodotti devono essere pensati per il mercato internazionale, non di un singolo paese. L’apertura di ogni negozio è il risultato di ricerche accurate: quante persone ci sono nelle vicinanze, qual è il loro guadagno medio, la situazione delle strade per arrivare, quanto si spende in media per lo sport in quella zona (e ci sono differenze anche all’interno dello stesso Paese). Nonostante tutto questo lavoro che si fa a monte è difficile prevedere il fatturato di un negozio. «Mediamente il margine di errore è del 15-20 per cento, ma si può arrivare anche al 50 per cento. Si mette in conto l’errore, ma poi si recupera sempre anche motivando i dipendenti che spesso sono essi stessi azionisti dei negozi (e nel mondo sono più di 50 mila).
Niente pro’, ma uno sviluppo con i giovani (e non solo)
C’è stato un periodo in cui con le biciclette Decathlon correvano anche i corridori professionisti. Ora è stato aggiustato il tiro. «D’altra parte – ci conferma Robinet – ci sarebbe costato così tanto che i costi sarebbero inevitabilmente ricaduti sul prodotto finale. No, non è questa la nostra direzione. Noi vogliamo portare lo sport alla portata di tutti. In tanti sport costa già tanto l’iscrizione nei vari centri sportivi che almeno l’attrezzatura cerchiamo di non farla incidere troppo sull’economia degli sportivi».
Ma B’Twin non lascia certo da parte lo sport agonistico di alto livello (basti pensare, ad esempio, che fornisce l’abbigliamento tecnico ai pro’ della FDJ). Quello che il marchio francese porta avanti è un vero e proprio partenariato tecnico. Si tratta di un lavoro fatto con giovani atleti, tra i più meritevoli senza sradicarli dal loro contesto familiare (studi compresi). Questi atleti continuano a correre con i loro team, ma B’Twin gli fornisce i materiali tecnici come base anche per test continui, ma si bada soprattutto allo sviluppo completo dell’atleta che deve proseguire negli studi visto che solo una piccola parte arriverà concretamente al professionismo. In determinati periodi, poi, questi giovani fanno degli stage di formazione per confrontarsi e migliorare anche nei metodi di allenamento (e da quest’anno c’è anche il supporto concreto della FDJ sull’argomento). Il team di atleti U19 può essere seguito tramite il sito: www.u19racingteam.fr.
Uno sguardo al futuro
B’Twin è un progetto che cresce di continuo, nel centro di Lille ci si sposta in bicicletta e, nello stesso complesso, è presente anche una linea di produzione organizzata con la logica della catena di montaggio. Meccanici esperti a montare le biciclette, dai componenti fino alla scatola che verrà caricata sul camion a servire i vari negozi sparsi sul territorio francese.
Non ci si ferma mai e nei fogli di lavoro, appesi alle pareti, si può vedere l’andamento della produzione e le prossime necessità. Il segreto parte da qui, organizzazione perfetta e ciclisti appassionati ai tavoli di progettazione e disegno.
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Guido P. Rubino