14 dic 2018 – Nelle scorse settimane, Vincenzo Nibali, insieme al suo avvocato, ha chiesto conto agli organizzatori del Tour de France, della caduta in cui è incappato nel corso della tappa dell’Alpe d’Huez nel nell’ultima edizione della corsa a tappe francese.
Una caduta apparsa banale, in un primo momento. Nibali è ripartito ed ha anche portato a termine una buona prestazione, lasciando vedere uno stato di forma in crescendo e decisamente interessante anche per la vittoria finale a Parigi. La situazione, però, non era così semplice. Nella caduta, il siciliano, ha subito la frattura di una vertebra, tanto da dover lasciare anzitempo il Tour de France. Ha rischiato anche di più, visto il modo in cui uno spettatore l’ha rimesso in bicicletta frettolosamente e grossolanamente. Avrebbe addirittura potuto perdere l’uso delle gambe. Una tragedia.
Per fortuna le cose non sono andate così male, ma il siciliano si è trovato a dover rinunciare alla lotta per il Tour e anche la ripresa è stata lenta. Di fatto Nibali si è trovato compromesso per tutto il finale di stagione. Ricordiamo che aveva nel mirino anche il Mondiale. E nel Lombardia, dove ha sfiorato la vittoria dietro a Pinot, mancava evidentemente di una rifinitura della forma che forse avrebbe permesso di ottenere il massimo risultato.
Tante ipotesi. Perdita di chance, si dice tecnicamente.
Cronaca attuale più che mai.
Il legale di Nibali chiede conto agli organizzatori ma “non si esclude di poter individuare direttamente lo spettatore che (con la cinghia penzolante della macchina fotografica, ndr) ha fatto cadere Nibali” agganciandolo al manubrio.
Cosa rischia quello spettatore? Certamente non ha provocato la caduta deliberatamente, ma può essere considerato responsabile?
Più in generale, il pubblico che va a seguire una corsa quanto può essere ritenuto responsabile di eventuali problemi, e quanto gli organizzatori? Cosa si rischia in un caso del genere?
Sono domande che ci sono venute in mente ragionando sul caso Nibali, ma anche pensato all’episodio disgraziato che ha visto protagonista Daniele Colli, qualche anno fa. Oppure, molto meno grave ma comunque sgradevole, la caduta che ha visto coinvolto Romain Bardet all’ultimo Lombardia. Il francese, in quella occasione, sul Muro di Sormano, ha agganciato (ancora!) la cinghia di una macchina fotografica. Episodio di nuovo fortuito ma, per fortuna, senza alcuna conseguenza se non qualche secondo perso dal corridore (che è anche riuscito a non cadere).
Proprio alla luce di queste considerazioni, e per capire cosa si può rischiare andando a vedere una gara, abbiamo chiamato in causa due personaggi che hanno certamente voce in capitolo su questi episodi: l’avvocato Fausto Malucchi, il legale di Vincenzo Nibali, e Mauro Vegni, l’attuale direttore del Giro d’Italia.
«Chiariamo subito – spiega l’avvocato Malucchi – che anche l‘ambito della competizione non è territorio neutro rispetto all’applicazione del codice. È corretto un atteggiamento di partecipazione ma senza, ovviamente, commettere atti che possano ledere la salute altrui. Questo, ovviamente, deve considerarsi anche laddove non ci sia alcuna volontarietà.
«Il Tour de France, ad ogni modo, è stato vittima di troppi episodi di questo tipo e di situazioni di pericolo causate da spettatori che possono essere penalmente sanzionabili e bisognerebbe farlo. La nostra azione, in questo senso, vuole essere anche un monito benevolo a chi va a vedere le corse. Anche perché non è la prima volta che a Vincenzo capitano problemi di questo tipo. Gli è già successo di scontrarsi con braccia tese fuori dalle transenne che cercano di scattare una fotografia col telefonino.
«È importante riscoprire il senso di andare a vedere le corse per tifare i corridori, non per trasformarle in uno show personale che diventa pericoloso per i corridori stessi. Nibali, dopo la caduta del Tour de France, ha qualche punto di invalidità permanente e questo una lesione per la sua salute, oltre a tutto quel che ha perso in termini atletici per il prosieguo della stagione.
L’attenzione che pone l’Avvocato Malucchi è anche sulla tensione di gara. Affianco al pubblico festante e rumoroso, passano corridori che in quel momento stanno svolgendo il loro lavoro. C’è la fatica della gara, ma anche lo stress nella gestione della stessa. La tensione per un momento che coinvolge la loro carriera. Considerazioni che sarebbero da tenere a mente quando si va a partecipare a una festa. Che tale deve essere.
Consapevolezza del pubblico, che corre rischi di sicurezza personale (pensiamo al caso di essere investiti da un corridore), ma anche di conseguenze legali per azioni sconsiderate.
«Non c’è un codice ma regole di comune prudenza che una violazione può riportare a una situazione giuridica» spiega l’avvocato Malucchi. Il senso di prudenza non ha confini ben definiti in termini legali. Questo viene poi rimesso all’apprezzamento del magistrato. Un eventuale impatto con conseguenze sulla gara e sul fisico dell’atleta può sfociare in un obbligo risarcitorio a carico dello spettatore colpevole a prescindere dalla volontarietà del gesto. Le conseguenze possono essere davvero pesanti, dal punto di vista economico (il caso Nibali è emblematico trattandosi di un atleta di primo piano) ma si può anche arrivare a contemplare la reclusione.
«Lo spettatore deve collocare una transenna anche se questa non c’è fisicamente – continua il legale di Nibali – e imporsi di non oltrepassarla». La situazione del Tour de France è emblematica, per quello si è deciso di agire legalmente: per dare anche un segnale chiaro che la situazione è già diventata insostenibile. Per questo e per altri episodi capitati pure senza conseguenze così importanti.
«Al Tour si sta sempre più aggravando la situazione, si è superato il limite della decenza sotto molti profili ed è necessaria una riflessione collettiva e il modo è presentare una querela a uno spettatore»
Parole che fanno paura e che devono essere tenute ben a mente quando ci si accinge a seguire una gara. E lo spettatore che ha provocato la caduta di Nibali rischia davvero.
«Abbamo molti elementi per individuarlo – prosegue Malucchi – ovviamente questo compete alla gendarmeria e alla procura di Grenoble, ma le probabilità di dare un nome e cognome sono elevate».
Il segnale, insomma, è chiaro e non ammette troppe scusanti. Soprattutto in evento importante come un Grande Giro.
Proprio per questo, dopo aver sentito il parere del legali di Nibali abbiamo interpellato anche chi sta dall’altra parte per capire come un organizzatore possa gestire situazioni del genere e quali siano i margini di lavoro.
Nella situazione dell’incidente occorso a Vincenzo Nibali la discussione è aperta: il siciliano ha agganciato quella che presumibilmente è la tracolla di una macchina fotografica, in un punto senza transenne (per cui vale quanto detto sopra). Transenne che sarebbero cominciate poco più avanti e dentro le quali, comunque, c’era del pubblico che non doveva stare lì. Fosse accaduto all’interno di quelle transenne la responsabilità dello spettatore sarebbe stata ancora più netta.
«Da un punto di vista formale – ammette il Direttore del Giro d’Italia, Mauro Vegni – l’organizzatore rimane il soggetto finale di una eventuale rivalsa. Io stesso mi sono trovato a dover risarcire spettatori investiti dalla caduta di un ciclista. Per questo, comunque, il richiamo alla prudenza è sempre valido e da sottolineare. Il lavoro che stiamo cercando di fare con la comunicazione è un richiamo alla cultura sportiva, questo dovrebbe andare ben oltre l’obbligo di transenne. Vorremmo vedere gli appassionati stessi limitare e redarguire che si comporta male e rischia di rovinare lo spettacolo per cui sono andati lì.
«Per un corridore non è ideale passare in punti dove deve avere “paura” del pubblico che pure se è benevolo diventa un pericolo. Guardate l’esempio di quel che che accadde a Daniele Colli qualche anno fa (il corridore subì una grave frattura a un braccio nell’impatto col teleobiettivo di uno spettatore che si è sporto troppo, ndr). È un fatto di cultura che deve avere il sopravvento perché certi comportamenti non si sconfiggono solo con un intervento penale.
«Cultura è anche pensare alle condizioni del pubblico che assiste alla gara. Un tema per noi molto importante è l’abuso di alcool che spesso si fa durante l’attesa della corsa. C’è sempre più gente che non si sa come gestire e rischia di avere comportamenti che normalmente non manifesterebbe. Poi c’è la fatalità, ma anche la disattenzione rischia di diventare un dolo in certe situazioni. Troppe persone si sporgono con i telefonini, questo è un altro problema».
Lo sporgersi con i cellulari finisce col coprire la visuale ad altri che, a loro volta, si fanno più avanti, cercano una posizione migliore e i corridori rischiano di più. A carico degli organizzatori c’è anche la gestione del pubblico.
Vegni mette in evidenza le nuove regole derivanti dalla Circolare Gabrielli che, dopo gli incidenti avvenuti a seguito della calca in piazza a Torino, ha stabilito regole precise per l’ordine pubblico anche a carico degli organizzatori: «Se dovessimo attenerci in maniera letterale a queste leggi – considera Mauro Vegni – rischieremmo di non poter fare più una gara ciclistica. Ma è giusto che ci sia un regolamento generale che poi deve essere declinato ai singoli eventi. Un conto è un evento in una piazza, altro è un evento come il Giro d’Italia che dura venti giorni e si svolge su 3.600 chilometri».
Il richiamo di Vegni è alla responsabilità individuale ben sapendo pure che, come organizzatore, certe cose debbano essere previste e sia importante agire d’anticipo. Ma alla fine si lascia sfuggire anche una considerazione:
«Hai visto quanta gente c’era dov’è accaduto l’incidente a Nibali? Lì non c’erano gendarmi. Per l’organizzatore di una gara ciclistica è difficile garantire il presidio di tutte le aree, in altri mondi sportivi questo lavoro è demandato alle Forze dell’Ordine. Alla fine noi ci troviamo a doverci assumere delle responsabilità che altrove (non lo dice, ma il riferimento chiaro è al calcio, ndr) sono garantite dalle Forze dell’Ordine per motivi di sicurezza».
Insomma, c’è una responsabilità diretta che può coinvolgere gli organizzatori ma anche gli spettatori. È vero pure che, dal punto di vista legale, spesso il procedimento possa seguire la via più semplice nella ricerca di un risarcimento economico e questo è certamente più facile da ottenere da un organizzatore piuttosto che da uno spettatore. Ma è anche vero che il concetto che sta passando è che la massa non è certo impunita. Far cadere un corridore può rovinare la vita, per le conseguenze penali ed economiche, anche a chi era andato lì con l’idea di passare una semplice giornata da tifoso. E poi si è fatto prendere la mano.
Bisogna pensarci.
Guido P. Rubino
Le opinioni espresse dallavvocato Maluccio e dal sig. Vegni chiariscono molto bene un argomento complesso e delicato. Il tuo articolo, caro Guido, merita di essere pubblicato sui maggiori quotidiani sportivi e generalisti, in modo da raggiungere il più ampio pubblico possibile.