25 set 2017 – Quando la squadra non vince si cambia il tecnico. Questa abitudine di derivazione calcistica si è stranamente innescata nel ciclismo a partire dal 1996, quando la Nazionale di Alfredo Martini fece un tremendo flop alle Olimpiadi di Atlanta. Le polemiche allora furono forti, fino ad arrivare all’accusa di “Regionalismo”. La squadra azzurra era infatti composta da tre Toscani su cinque: Cipollini, Casagrande, Bartoli e poi il Trentino Fondriest. Fu dato a Martini il più elegante ben servito della storia, nominandolo Presidente Onorario, ma le scelte non le avrebbe più fatte lui.
Dopo quel pilastro del ciclismo che fu Martini è stata la volta della parentesi breve di Antonio Fusi, poi subito rimpiazzato dal compianto Ballerini, che perdurò in carica ben nove anni. Motivo? Ballerini conquistò subito l’oro con Cipollini a Zolder. Si potrebbe obiettare che le scelte tecniche contano poco, con una freccia nel proprio arco come SuperMario in un arrivo di volata di gruppo. E poi il periodo d’oro di Bettini, e la stoccata a sorpresa di Ballan.
Il problema di applicare metodi calcistici al ciclismo è che nel ciclismo vince solo uno, non la squadra. Il buon tecnico è quello che riesce ad avere una squadra il più possibile omogenea e tutta di buon livello. Quando il livello medio è alto, vuol dire che il tecnico ha lavorato bene. Il fenomeno è un’altra cosa. E al Campionato del Mondo – giustamente – quasi sempre vince il fenomeno.
Così come nel 2002 qualunque tecnico avrebbe vinto con Cipollini in squadra, oggi qualunque tecnico vincerebbe con Sagan in squadra. La Slovacchia non ha un grande team, ma ha il fenomeno. E Sagan non vince per il merito del tecnico, e nemmeno per l’aiuto dei compagni di squadra. Vince perché è un fenomeno.
Non voglio difendere Cassani, non mi interessa. Ma a me ieri l’Italia è piaciuta. Moscon ci ha provato. Ulissi ha fatto quello che doveva fare egregiamente. Se avesse vinto la volata Trentin, ora saremmo ad osannare Bettiol come abbiamo fatto con Perini a Benidorm, quando lanciò una strepitosa volata vincente a Gianni Bugno. La squadra ha funzionato. L’Italia c’era. Poi c’è da battere Peter, e qui non ci sono tattiche e discorsi che tengano.
C’è quella pecca, quella brutta figura di quella borraccia tenuta troppo a lungo con Moscon. Può sembrare una grossa cosa, fatta da un tecnico di una delle Nazionali di punta. Io però ricordo le innumerevoli borracce di Erik Zabel, che pure vinceva prove di Coppa del Mondo con questo trucchetto, ma non ricordo di sue squalifiche. Vero, i tempi sono cambiati, ma la tensione di giocarsi un Mondiale con una buona squadra che deve lottare contro una discreta gamma di fenomeni, può far fare cose di cui poi ci si pente. In ogni caso io non la vedo come una bruttura tale da licenziare in tronco il colpevole. La squalifica è giusta, ed è stata pagata e scontata.
Ieri secondo me abbiamo visto una bella Italia. Certo a Bergen ci siamo abituati male i primi giorni con le prodezze degli Junior maschili e femminili, ma non potevamo pensare che fosse tutto facile, soprattutto quando si sale di categoria. Le tecniche calcistiche lasciamole al calcio. L’unico modo per vincere ieri era di naturalizzare Italiano Peter Sagan. Per il resto possiamo solo lottare, provarci ed essere contenti di essere stati in qualche modo protagonisti.
Stefano Boggia (www.daccordistore.it)
Il tecnico Cassani. Parla troppo. Presente in tutte le salse nei programmi televisi, sui social, in radio, nelle manifestazioni. Solo parole. Si parla di Sagan fenomeno.Assolutamamente, un grande fuori classe, un campione vero. Chi si occupa di ciclismo a questi livelli prepari gli uomini designati a crescere per essere competitivi. Lasciamo da parte ego e protagonismo studiando come preparare fisicamente mentalmente e tecnicamente un atleta.
Ma é necessario essere competenti volare basso e dimostrare le proprie capacità, tutto il resto è aria.
Concordo pienamente con l’analisi fatta da Stefano Boggia. L’Italia, pur non vantando il fenomeno alla Sagan, ha corso bene e con un ottimo Trentin ha mancato la medaglia per un soffio. Ora non ci resta che lasciar lavorare il CT Cassani in vista del mondiale austriaco, che sulla carta promette di essere duro e adatto ai nostri Nibali ed Aru.