19 ott 2020 – Da diversi anni nel ciclismo si parla di un problema moto in corsa. Più in generale, si parla di un problema dei mezzi al seguito. Già dal grave incidente occorso a Stig Broeckx quattro anni fa si disse di come il problema dovesse essere affrontato in qualche modo. Altri incidenti, più o meno gravi, hanno continuato ad accadere nelle gare ciclistiche a causa di mezzi al seguito.
L’UCI ha regolamentato con maggiore precisione la presenza dei veicoli al seguito delle gare, prima pretendendo una “abilitazione” per autisti e motociclisti all’interno della corsa, poi stabilendo regole comportamentali precise oltre quanto fatto in precedenza e definendo per bene ruoli e posizioni.
Chi si trova a guidare un’auto o una motocicletta in gara, insomma, è un professionista preparato. Tra l’altro pare che ottenere l’abilitazione per la guida in corsa sia stato reso più difficile.
Perché ci sono ancora incidenti? Perché i veicoli sono comunque tanti e il traffico che c’è in gara è purtroppo sempre elevato. Ne consegue che anche il rischio di incidenti, errori e disattenzioni vada ad aumentare. Una gara ciclistica è un’entità vivente e autosufficiente, che si autocontrolla e si adatta al percorso. In ogni punto pericoloso del percorso va messo un segnalatore per avviare i corridori, rotonde e spartitraffico vengono segnalati sempre e anche in maniera coraggiosa, che a star lì agitando una bandierina in mezzo alla strada non è la cosa più tranquilla che si possa fare. Eppure c’è sempre qualcuno a fare il suo lavoro. Personale che, una volta passata la corsa, deve tornare in moto, risalire il gruppo e precederlo per segnalare il prossimo pericolo. Si tratta delle scorte tecniche, preziosissime in ogni gara.
Gli incidenti di cui siamo stati testimoni in questi ultimi giorni sono riconducibili a errori umani, distrazione che, in un contesto così affollato, possono capitare. L’ansia di una staffetta di risalire il gruppo, una moto di assistenza accostata sul lato della strada percorso dai corridori cui si è dovuta accodare la moto del giudice su cui ha impattato, giusto ieri al Fiandre, Alaphilippe.
Poi ci sono i mezzi dei giudici, dei fotografi, della tv, assistenza tecnica e così via. È tutto traffico che in un modo o nell’altro ha ragione d’essere anche se troppo spesso appare eccessivo e finisce con l’ammassarsi rischiando, in un attimo, di diventare pericolo a sua volta. Pensare di ridurlo è certamente la sollecitazione più immediata. Le stesse squadre hanno tantissimi mezzi al seguito, ognuno con un compito. Se vedete le zone adiacenti agli alberghi, assegnate a ogni team, troverete un piccolo villaggio che viene allestito ogni giorno. A volte si può trovare anche un mezzo adibito a cucina, per assicurare ai corridori cibo verificato. Da qualsiasi parte si guardi una gara, anche per i mezzi che non sono effettivamente nella corsa, negli anni c’è stata un’esplosione numerica di veicoli. Al di là di errori umani il numero a volte appare davvero eccessivo.
Gli incidenti, fortuiti, certamente non voluti, e nemmeno dovuti ad impreparazione (nella maggior parte dei casi e comunque non negli ultimi episodi), dicono di una massa critica di veicoli che evidentemente è stata raggiunta. Occorre fare un passo indietro considerandone una riduzione perché le strade sono sempre le stesse e tutti quanti, lì dentro, evidentemente, non ci si sta.
Guido P. Rubino