18 lug 2019 – Il ciclismo che ci piace è fatto anche di qualche mistero, soprattutto di umanità.
La tappa di oggi, nonostante il poco da dire dal punto di vista agonistico (se pensiamo alla classifica, perché chi si è giocato la vittoria di giornata di agonismo ne ha messo, e pure tanto) ha tirato fuori parecchi argomenti di discussione.
Argomenti che vanno al di là dei dati tecnici che ci dicono chi è più o meno forte, ma parlano di ciclismo, quello fatto con la testa dei corridori che lascia pensare, immaginare e che farà scrivere molto. Temi che i tifosi vorranno leggere sui giornali e non solo. Temi che affascinano perché, in qualche modo, superano il dato tecnico (leggete la questione UCI, in proposito) e vanno a pescare, invece, il fattore umano. Quello che fa la differenza nel ciclismo.
In corsa ci sono stati due episodi di cui discutere oggi: il primo riguarda Matteo Trentin e Simon Yates. I due compagni di squadra all’attacco nella fuga di giornata, quella che poi si è giocata la vittoria finale.
Trentin all’attacco, a inseguire i primi, sembra potercela fare ma nei gruppetti che si frazionano in salita, è proprio Simon Yates che tira. Quando se ne accorge Trentin parla alla radio, sembra deciso, e Yates smette di tirare. Ma ormai sono vicini e la frittata è fatta. La storia della tappa parla di Yates che va via e nel finale si gioca perfettamente la volata. La vittoria mette d’accordo tutti e Trentin è diplomatico. Si lascia sfuggire solo un “avrei preferito vincere io“, ma poi aggiunge pure “tatticamente siamo stati perfetti”. Certo non dice che in salita avrebbe strozzato il compagno di squadra.
Finisce qui. Con Simon Yates che deve un favore a Trentin, o forse ne avrà uno in meno da Trentin, prima o poi. Perché il ciclismo funziona anche così.
Poi c’è la questione Rohan Dennis. Di lui avevamo sentito parlare giusto ieri: pare voglia riprendersi il Record dell’Ora che gli ha tolto Victor Campenaerts qualche mese fa. Non si fa in tempo a pensare alla cosa che dal Tour arriva la notizia del ritiro del corridore della Bahrain. Ed è un ritiro inaspettato, decisamente strano.
Tanto più che domani ci sarebbe una cronometro in cui Dennis avrebbe avuto possibilità concrete di vittoria e, quasi sicuramente, di un buon piazzamento. Perché questo ritiro?
Nella prima parte di tappa, pare che anche Dennis fosse tra i corridori che davano battaglia per portare via la fuga. L’ammiraglia, si ipotizza, lo ha richiamato per risparmiarsi proprio in vista della cronometro. Questo potrebbe aver scatenato una reazione del corridore?
Forse lo sapremo, o forse mai fino in fondo, per cui spazio alle ipotesi. Il dato di fatto è il ritiro inaspettato però. Soprattutto dalla squadra che ha mostrato evidente imbarazzo e il comunicato che ha diffuso, se possibile, rende la cosa ancora più difficile da capire, anziché spiegarla:
Rohan Dennis ha abbandonato il Tour de France durante la 12a tappa.
La nostra priorità è il benessere di tutti i nostri corridori, quindi faremo un’indagine immediata ma senza ulteriori commenti fino a quando non avremo stabilito cosa sia successo.
Nel frattempo continuiamo a sostenere i nostri corridori che sono a metà corsa.
Restano le ipotesi, ma certo in casa Bahrain la tensione c’è già da un po’. Anche la partecipazione forzata di Nibali al Tour era stata mal digerita dal corridore che avrebbe preferito riposarsi dopo il giro e preparare la Vuelta. Nibali, mica l’ultimo dei gregari. I minuti che continua a prendere nei primi assaggi di salita sono stati attribuiti a un malessere del corridore. Forse non solo fisico, viene da pensare.
Ora, poi, Dennis. Prima ancora il coinvolgimento nell’Operazione Aderlass. Ce n’è abbastanza per scrivere un libro. Chissà se lo leggeremo mai.
Ma intanto preferiamo parlare di tattica di gara. Trentin, a chiusura delle interviste di oggi, ha già detto di avere un’altra tappa nel mirino. Sperando che siano tutti d’accordo.
GR