24 mar 2021 – La mancanza di corse a tappe in Italia nelle categorie giovanili che lamenta Davide Cassani è storia vecchia. Il nostro C.T. dice che gli stranieri hanno alle spalle almeno 3 anni di gare a tappe prima di approcciare al professionismo. Le gare a tappe servono non solo a formare il fisico, ma anche a prendere un criterio di allenamento diverso, più duro del classico carico-scarico e attesa della fase di supercompensazione.
Il problema è reale e molto più grande di quello che ha solo accennato Cassani. La formazione del fisico non è ovviamente data solo dalle corse a tappe. Ricordo la mia prima esperienza in Nazionale all’estero da juniores. Alla partenza i ragazzi delle altre nazioni mi sembravano tutti dei “fisicati” incredibili. Lo dissi in battuta al preparatore della Nazionale. Lui mi rispose che all’estero lavorano molto in palestra tutto l’anno, sulla totalità del corpo, già dalle categorie giovanili. “E perché noi non lo facciamo?” “Perché non c’è questa cultura, nessuno lo vuole fare”.
Tipologie di gare
La mia generazione è cresciuta con il divieto assoluto di fare gare a cronometro. Si riteneva danneggiassero la crescita. Inutile dire che il mio primo Giro della Lunigiana a 17 anni, nonostante un vittorioso attacco sul Monte Marcello, l’ho perso a cronometro contro un olandese che mi ha rifilato mezzo minuto in 15 km. Ora la situazione crono finalmente si è sbloccata, esistono anche negli allievi. Ma all’estero partecipano ad almeno 7 – 8 gare a tappe all’anno già dagli Juniores, mentre qui al massimo ne facciamo 3.
È ovvio che il numero di gare a tappe è basso anche per la difficoltà nell’organizzare un evento simile. Ed è questo proprio il punto focale che ci manca di capire in Italia: non siamo più il centro del Mondo. Il ciclismo Italiano non sforna più mezzo gruppo dei professionisti. La competizione fra nazioni è alta. Dobbiamo imparare a viaggiare, a fare esperienze all’estero nelle categorie giovanili. Per un tedesco è normale a 17 anni correre in Francia o in Repubblica Ceca e viceversa. Qui la maggior parte delle squadre Juniores o Under 23 non ha nemmeno in mano il calendario gare Internazionale.
Stiamo vivendo in un’epoca mordi e fuggi. La mentalità del far crescere e maturare il corridore è morta. Ora ai vertici abbiamo ragazzi di 22, 23 anni che si giocano le più importanti gare del Mondo. L’abbattimento dell’età media dei migliori a livello mondiale è così forte che non si può più pensare ad una crescita graduale. Se si vuole essere ai vertici a età così basse bisogna alzare il livello negli Under 23. Il tutto può sembrare il contrario di una buona scuola di ciclismo, e nei fatti lo è, ma diversi fattori fra cui – forse il più importante – la creazione della categoria Under 23 a discapito dei Dilettanti, hanno portato a questo e ci costringe ad adeguarci se non si vuole essere tagliati fuori.
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