4 gen 2019 – Dopo aver visto il Mondiale di Bogense sono ancora più convinto di quanto avevo scritto prima delle gare sulle caratteristiche tecniche dei percorsi in Italia.
Per chi diceva che Bogense sarebbe stato un percorso troppo e facile e non tecnico perché eccessivamente lineare, la risposta è stata semplicemente il podio Elite, giocato in gran parte sulla tecnica. Tralasciando Van Der Poel che saliva le contropendenze come fossero di asfalto – ma questo più che dalla guida era dato da una potenza formidabile – il secondo e il terzo posto si sono giocati prima sull’errore di Aerts sulla contropendenza a salire, che ha permesso a Van Aert di rientrare, e poi sulla caduta dello stesso nella curva in fondo alla discesa ripida. Insomma pochi punti difficili ma di estrema importanza.
Le gare sono state tutte spettacolari, ma forse la più interessante è stata quella degli Under 23, con il fenomeno Pidcock – già definito “il piccolo Sagan” – che ha gestito da veterano una foratura nei primi giri per poi rientrare e involarsi: un fenomeno. I primi giri hanno visto protagonisti fuori programma una coppia di Svizzeri, che evidentemente sulle ripide rampe di Bogense si sentivano a casa, visto che in Svizzera i percorsi sono solitamente pieni di pendenze toste. Giustissima la tattica di Dorigoni orientata alla scia dell’Inglese, peccato che Pidcock si è permesso di staccare da ruota in pieno rettilineo lui e Iserbyt. E all’ultimo giro, solo all’ultimo, non ha saltato gli ostacoli in bici ma li ha oltrepassati a piedi, a conferma di quanto ho già scritto in passato che l’ostacolo è sempre un rischio, quindi perché rischiare quando hai la maglia iridata in tasca?
La strategia della Nazionale Olandese in campo femminile rimane per me un mistero irrisolto. Se su strada sono riuscite e buttare via il Campionato Europeo facendosi guerra fra di loro, a Bogense sono riuscite a perdere un Mondiale con 4 atlete all’interno di una fuga di 5. Cant era più forte, ma le Olandesi le hanno tirato la volata dal primo all’ultimo giro, con l’aggiunta di una caduta ai box per un’incomprensione con un meccanico, figuretta non da livello Elite al Mondiale.
Di Bogense però la cosa che mi è rimasta impressa di più è stata l’intervista di Van Der Poel che ha ammesso però di aver subito un duro colpo psicologico quando Van Aert è riuscito a riprenderlo dopo il primo tentativo di fuga, e che ha dovuto dare fondo a tutta la sua forza morale. Un tocco di umanità da parte di un corridore che è apparso, per il resto, inavvicinabile.
Stefano Boggia (http://www.daccordicicli.com/)