31 gen 2021 – Quattro Mondiali, quattro medaglie d’oro per l’Olanda, in Belgio. Altro che campanile. Ma al di là dell’ironia che certamente animerà i tifosi in questi giorni, il Mondiale di Ostenda dice Olanda e Belgio sono davanti a tutti e pure di parecchio. In questo, possiamo consolarci, il ciclocross non è solo un problema italiano.
Al sabato dominio scontato e quasi imbarazzante tra donne Elite e uomini Under 23. Olandesi e Belgi, Olandesi e Belghe, l’ordine d’arrivo per nazioni è questo, nomi che si assomigliano, dialetti pure, maglie diverse, ma sempre le stesse lì, sotto al traguardo.
Nella sabbia bagnata dal Mare del Nord che dominava il circuito iridato e spesso ha fatto la differenza, il copione sembrava già scritto. E dove non era sabbia era fango scivoloso e gelato, da equilibristi, anzi no: da ciclocrossisti.
Il week end iridato ha visto cinque olandesi a podio nel primo giorno: Pim Ronhaar e Ryan Camp, tra gli uomini Under 23 e Lucinda Brand, Annemarie Worst e Denise Betsema, rispettivamente, tra le donne Elite. Unico spiraglio per il belga Timo Kielich, terzo posto tra i ciclocrossisti più giovani e davanti ad altri due belgi, tanto per chiarire che il ciclocross, in questo momento, è cosa loro e con poche eccezioni.
Lo stesso nella giornata finale: tra le donne Under 23 altro trionfo olandese con la Van Empel e la Van Alphen. Al terzo posto l’ungherese Vas. Stesso tema a senso unico nella gara degli uomini Elite di cui abbiamo detto in questo articolo. Scontato più che mai il risultato nella massima categoria dove il dubbio era solo sul gradino più alto del podio tra due campioni. Van der Poel e Van Aert, completi e fortissimi, che si apprestano a farci divertire anche su strada.
E gli italiani?
Per cercare un po’ di soddisfazione e qualche bella speranza, bisogna guardare tra gli Under 23. Spicca il quinto posto di Francesca Baroni che promette davvero bene per il futuro. Per gli altri, escludendo gli uomini elite, bisogna scorrere un po’ in giù, ma neanche troppo. Eva Lechner e Filippo Fontana si sono classificati entrambi all’undicesimo posto delle loro categorie. La prima è una veterana, davanti a compagne di squadra da cui si sperava di più e su cui già si discute a livello di organizzazione e preparazione. Confidiamo anche tra i maschi, nel cambio generazionale?
Speriamo basti, ma va pure registrato che i nostri Elite attuali, da giovani, ambivano a posizioni ben diverse dai posti che occupano oggi, anche rispetto ai mostri sacri che sembrano, almeno al momento, imbattibili. C’è da lavorare per il futuro: qualche problema c’è evidentemente.
C’è da sfidare anche un gap culturale notevole (in Belgio e Olanda il ciclismo è sport nazionale, col ciclocross si sconfina nell’idolatria) che deve servire anche a comprendere i valori in campo. Anche se alla fine conta sempre chi sale lì, in alto, sul podio. In questo senso la presenza di Fabio Aru avrebbe certamente attirato l’attenzione di molti su un a disciplina altrimenti semi-sconosciuta al di fuori dell’ambiente. Certo non avrebbe fatto bene a lui, in cerca di serenità, un probabile e prevedibile risultato molto scarso.
Redazione Cyclinside (con Lorenzo Arena)