Nel ciclismo moderno, durante le telecronache, siamo in grado di avere informazioni quasi in diretta sul rendimento dei corridori. Lo abbiamo visto alla recente Milano Sanremo quando in sovrimpressione comparivano i dati di potenza, velocità, ritmo di pedalata e così via come una vera e propria telemetria. Roba da Formula 1.
Ma cosa significano quei dati? Soprattutto, sono veritieri e come possiamo interpretarli?
Ne abbiamo parlato con Matteo Bortesi, responsabile del prodotto di casa Garmin e molto attento a questi temi perché si trova giornalmente a contatto con domande cui cerca di dare risposte efficaci per migliorare i prodotti della sua azienda ma anche per renderli più a portata di tutti.
«Il problema – esordisce subito nella nostra intervista – è che dare i dati così, senza spiegarli, ma anche senza un minimo di elaborazione, rischia di generare confusione. Prendi l’esempio dei Watt medi, è una definizione che andrebbe chiarita: medi su cosa? Occorrerebbe sapere il peso dei corridori di cui si sta parlando per poter valutare la portata di quel numero. Solo in questo modo si potrebbe arrivare a capire quanti siano i Watt per chilo di un atleta e avere quindi un dato raffrontabile con altri.
«Se parliamo di Watt medi dobbiamo considerare il limite di soglia ftp (la potenza che un ciclista è in grado di mantenere per circa un’ora, ndr). Ad esempio 250 Watt possono essere tantissimo per un ciclista amatore, ma niente per un professionista che questa soglia ce l’ha molto più alta. Dire che il tal corridore ha pedalato i primi 250 chilometri a 200 Watt medi può significare che non ha fatto alcuna fatica, quindi non è un dato “notevole”, per loro ovviamente. Ma sono dati che vanno contestualizzati, altrimenti si comunica un valore senza riferimento e quindi poco interessante. Contestualizzato, invece, ci dice quanto ha effettivamente speso un corridore.
«Ad esempio, faccio solo un’ipotesi senza dati reali, se noi sapessimo che Nibali ha un ftp dichiarato di 400-450 Watt e sa e sapessimo che ha fatto i primi 250 chilometri a 200 Watt medi, vorrebbe dire che non ha consumato niente: è stato tranquillo nella pancia del gruppo».
Potenza normalizzata
Un altro dato da chiarire sarebbe questo sempre secondo Bortesi.
«La potenza normalizzata è il valore effettivo della fatica. Per capirci: se facci un percorso di 20 km, pianeggiante a 200 Watt di potenza medi faccio una certa fatica, ma se questi 20 chilometri fossero fatti di salite e discese, come un percorso collinare, magari la media rimane la stessa, ma i picchi di potenza dicono che ho fatto molta più fatica, anche se poi ci sono tratti dove, ovviamente, si spinge meno. Ad esempio con il nostro Garmin Vector questo dato lo possiamo già fornire direttamente e usando quello io, dopo un’uscita, vado a vedere direttamente la potenza normalizzata.
Potenza in tempo reale
«Fornire la potenza in tempo reale è dare un dato “isterico” – spiega Bortesi – e infatti abbiamo visto come il valore fornito vari in maniera importante senza farci capire cosa stia realmente succedendo sul momento. Un corridore può smettere di pedalare un attimo, perché in scia e poi riprendere per riavvicinarsi alle ruote e noi vediamo il dato della potenza crollare per poi avere un picco magari di 400 Watt che viene rilevato nel primo colpo di pedale. Che succede? Niente: è il normale procedere in corsa, ma proprio per questo potrebbe essere più efficace dare il valore della potenza in tempo reale su una media di diversi secondi, almeno dieci. Altrimenti vedremmo un dato troppo fluttuante e di difficile leggibilità.
Differente il discorso della potenza massima. Quella sì che è reale e gli oltre 1600 Watt sprigionati da Van Aert in volata parlano di una forza incredibile del corridore belga dopo una gara lunghissima corsa con una temperatura ambientale sempre molto elevata. Così come è impressionante il dato della velocità media dell’ultimo tratto della salita del Poggio, percorsa dai primi due a una velocità di circa 43 chilometri orari.
Roba da campioni. Ora ne abbiamo la conferma anche nei numeri.