25 mag 2021 – E se ci fosse un piano B? Da anni dico che bisognerebbe attrezzarsi con un “percorso di riserva” per le gare di ciclocross e mountain bike in caso di maltempo. A differenza del Nord Europa dove può piovere anche più volte al giorno e bene o male ti aspetti percorsi mediamente fangosi, in Italia passiamo da percorsi aridi dove c’è una scorrevolezza simile all’asfalto a gare dove c’è talmente tanto fango che finiscono per assomigliare più a un duathlon che a ciclismo. Questo perché gli organizzatori spesso scelgono i percorsi in base al meteo buono e non tengono in considerazione che potrebbe piovere, e anche tanto, come avviene negli ultimi anni.
E se questa proposta fosse applicabile anche al ciclismo su strada? I social e i gruppi whatsapp si sono intasati di commenti e di critiche quando i corridori hanno chiesto l’accorciamento della tappa. In parte vedo il tifoso che aspetta da ore – qualcuno anche da giorni – in cima ad una salita che poi non viene scalata. Niente spettacolo, niente festa. Dall’altra ho i miei ricordi di giornate estreme, dove stai in bici con le lacrime agli occhi, tanto non le vede nessuno in quella situazione. E sebbene io non sia mai stato un corridore che subiva le giornate di pioggia, anzi, per me erano quasi un vantaggio, ho dei ricordi bruttissimi di compagni di squadra sul pullman semi incoscienti e assiderati con il massaggiatore che cerca di rianimarli con asciugamani caldi e thé caldo. Queste scene non si vedono in tele, perché i corridori fanno il loro dovere: finiscono la tappa e vanno dalla squadra. Chi è caduto, chi ha le mani bloccate, chi trema per ore senza riuscire a fermarsi.
Solo tagliata la linea dell’arrivo si lasciano andare.
E il giorno dopo ripartono.
Non penso che il ciclismo debba essere uno sport estremo e che si debba cercare la giornata eroica (vedi Gavia ’88) per entrare in una fantomatica leggenda. Non serve rischiare la vita per lo sport. Ma i tifosi vanno accontentati. Il ciclismo vive grazie ai tifosi. E allora perché non inserire già nel programma una variante in caso di mal tempo? La grande corsa a tappe dovrebbe già avere nella sua presentazione mesi prima l’ipotesi di maltempo – quanto mai attuale visti i cambiamenti climatici in corso – ed il tifoso sarebbe avvertito: su quella salita c’è la possibilità che non passi nessuno in caso di maltempo, perché verrebbe preso in considerazione il percorso B. (che poi ieri era evidentemente già pronto, vista la rapidità della messa in atto, ma non annunciato al pubblico in precedenza, ndr).
In fondo non sarebbe un’anomalia per lo sport: la formula Indy, che possiamo definire volgarmente la Formula 1 americana, in caso di pioggia non gareggia, e questo tutti lo sanno. Ricordo Alain Prost che si rifiuta di partire al GP d’Australia dell’89 causa maltempo. Nel ciclismo questo non lo puoi fare o vieni squalificato durante una gara a tappe. Non mi sembra che manchino le situazioni per creare eroi, senza andare a cercare l’estremo. Ma cerchiamo una soluzione che accontenti i corridori senza doverli costringere alla tortura fisica – perché questo è, stare 5 ore sotto la pioggia andando a 2000 metri più volte – mettendo d’accordo chi vuole vedere la gara e che per fare questo sta sotto la pioggia per ore con un ombrello ad aspettare il passaggio del Giro.