Al netto di alcune belle prestazioni da parte di giovani corridori italiani come Dainese, Oldani, Covi e Sombrero, un dignitoso commiato da parte di Vincenzo Nibali al popolo del giro d’Italia, e un campione come Mathieu Van der Poel, che quando attacca alla schiena un numero di gara non delude mai, dal punto di vista della lotta per la conquista del trofeo senza fine lo spettacolo, escluso il capolavoro di squadra della Bora Hansgrove a Torino e l’affondo finale sulla Marmolada che ha consegnato a Hindley la maglia rosa, è sembrato fin troppo equilibrato e privo di verve.
E questo nonostante i protagonisti abbiano realizzato, dati alla mano, prestazioni cronometriche, tempi di scalata, wattaggi medi e VAM di assoluto rilievo.
Ecco. L’analisi dei dati. Con l’avvento dei misuratori di potenza, ma in verità anche prima, considerando che dati come tempi di scalata e VAM hanno sempre fatto parte della narrazione, sono diventati strumento imprescindibile per atleti e preparatori ma anche per giornalisti e appassionati per valutare la portata di un’impresa.
Tuttavia i dati non spiegano tutto se non calati nel corretto contesto.
Estrapolare i dati di una singola salita, fosse anche l’ultima e decisiva come la salita alla Marmolada, può aiutare a capire lo stato di forma di quel momento dei singoli protagonisti, ma non quale sia la reale condizione degli atleti e lo sviluppo delle singole tappe e della gara in generale.
Il Froome che ha ribaltato il Giro d’Italia sul Col delle Finestre non ha certo espresso i valori di Hindley, Carapaz e Landa sul Santa Cristina. Ma come ci è arrivato sul Col delle Finestre?
Quanta fatica aveva fatto mettere nelle gambe degli avversari con il lavoro dei compagni di squadra? Cosa aveva da perdere? Sono tutti fattori che influiscono sul risultato finale in egual misura della condizione atletica.
In questo giro d’Italia alcuni dei possibili protagonisti sono stati tagliati fuori dalla sfida per errori, crisi o eventi esterni alla competizione (vedasi Almeida ritirato causa Covid).
E i tre protagonisti che poi si sono trovati a giocarsi il podio?
È forte la sensazione che Landa, Carapaz e Hindley abbiano corso, almeno fino al ritiro di Almeida, principalmente per consolidare il piazzamento sul podio sfruttando il lavoro delle squadre per tenere ritmi alti ma costanti per mettere fatica nelle gambe degli avversari, senza mai, tappa di Torino esclusa, tentare sortite ad effetto che potessero compromettere il podio finale. Ed ecco spiegati anche i risultati cronometrici così buoni nelle scalate finali. Una corsa tirata a ritmi alti ma costanti mette tanta fatica nelle gambe e porta a risultati cronometrici migliori di una corsa caratterizzata da scatti e contro-scatti, ma senza la selezione netta che si avrebbe con uno scontro frontale fra gli uomini di classifica.
Del resto, nessuno dei tre ha in cascina un palmares equiparabile a quanto già vantavano Nibali nel 2016 o Froome nel 2019.
Hindley in particolare, una volta resosi conto di avere la gamba per vincere il Giro e memore della sconfitta del 2020 e dei problemi avuti nel 2021, non ha voluto rischiare nulla e ha preferito giocarsi il tutto per tutto nella tappa della Marmolada, guidato in questo da un grande Gasparotto.
Carapaz, che, come abbiamo potuto costatare sulla Marmolada, non aveva la stessa gamba del Giro 2019, ha bleffato aspettando una cronometro finale sulla carta più favorevole a lui rispetto agli avversari.
Landa infine, oltre a non aver mai mostrato una gamba superiore agli altri due, aveva tutto l’interesse ad agguantare un podio che spesso gli è sfuggito, piuttosto che rischiare l’ennesima delusione.
Ecco, a questo Giro d’Italia sono forse mancati i corridori che per personalità, palmares e consapevolezza potessero far esplodere la corsa.
Ma non sono mancati i campioni.
Carapaz si è comunque confermato un corridore di altissimo livello.
Hindley ha dimostrato che il 2020 non è stato un fuoco di paglia e che, lasciati alle spalle i problemi del 2021, potrà recitare un ruolo da protagonista nei prossimi grandi giri.
Per finire, nonostante questo abbia relegato Nibali al quarto posto, alzi la mano chi non è felice per il podio di “Paperino” Landa.
Infatti non dobbiamo dimenticarci che, indipendentemente dai protagonisti, il Giro d’Italia rimane una delle corse più dure del mondo e che, a volte, è meglio un piazzamento di un pugno di mosche, mentre altre volte si può rischiare di perdere tutto pur di vincere.
E i dati? Be’, quelli servono ai preparatori per fare i programmi di allenamento e a noi appassionati per avere argomenti di discussione. Ma la corsa, alla fine, la fanno i corridori.
E se Nibali, Contador, Valverde prima e Van der Poel, Van Aert, Pogacar ora ci emozionano e ci appassionano è proprio perché spesso e volentieri dei dati non se ne curano affatto.
30 mag 2022 – Riproduzione riservata – Cyclinside