1 ago 2017 – Luigi Daccordi è un telaista vecchio stampo. Ma di quelli che per tanti anni hanno avuto pure la squadra professionistica, quando le biciclette erano diverse, d’acciaio, e ogni corridore era da fare su misura con gli angoli tutti diversi dagli altri.
Daccordi è anche uno aperto alle novità. Nella sua officina si è saldato (e si salda) l’acciaio, poi l’alluminio. Ora si lavora la fibra di carbonio con una padronanza che, in Toscana e non solo, è un punto di riferimento anche per chi debba riparare un telaio in composito.
Ovvio, quindi, che abbia guardato con curiosità alle biciclette motorizzate, ma non certo con fini l0schi. Luigi Daccordi è quello che all’Eroica lo vedi arrivare di sera, alla fine del percorso più lungo, ma lui mica molla. È vero amore per il ciclismo il suo, figuriamoci se lo tratterebbe male.
Ecco il perché del suo sfogo amaro all’indomani del cicloamatore pizzicato con la bicicletta irregolare.
Ecco le parole dell’artigiano toscano:
«Quando abbiamo iniziato a montare i motori nascosti nei nostri telai, nel modello Divo in particolar modo, intendevamo creare una bici che rimanesse esteticamente da corsa. Lo facevamo per un puro gusto visivo. Non avevamo nemmeno pensato a chi barasse in gara, e rimanemmo sconcertati quando comparve un articolo su L’Acheteur Cycliste che ci accusava di costruire bici-truffa per le gare. Poi capimmo che alcuni clienti volevano veramente presentarsi alle gare con le nostre bici truccate: iniziarono ad arrivare personaggi che volevano rimanere anonimi, altri che ci chiedevano la costruzione di bici da crono col motore, a qualunque cifra, non badavano a spese. Altri che indagavano solamente su quanto rumoroso fosse il sistema, con il chiaro intento di non farsi scoprire. E fu così che si abbandonò il progetto, perché si andava contro la nostra etica. In realtà non eravamo noi a volerlo, ma la lettura del prodotto da parte della gente purtroppo era quella».
Non c’è altro da aggiungere purtroppo.
Redazione Cyclinside