3 gen 2020 – Nel suo solito discorrere equilibrato Davide Cassani fa il punto sul ciclismo italiano all’alba del 2020. A ben guardare, dice Cassani, le cose vanno tutt’altro che male, anche se non ci sono ufficialmente squadre italiane nel circuito World Tour.
Facendo due conti il commissario tecnico azzurro evidenzia come l’Italia nelle World Tour internazionali si presenta al 2020 con 54 corridori, Francia e Belgio ne hanno 55 ciascuna. E su 19 squadre, ben 18 hanno almeno un corridore italiano in organico. Tra questi ci sono sette giovani neo professionisti che fanno il salto direttamente nella “massima divisione”. E se aggiungiamo le squadre Professional (qui tre sono italiane: Bardiani, Vini Zabù e Androni) ci sono altri 72 corridori pronti a farsi valere.
Insomma tutto bene a quanto pare e i risultati di chiusura del 2019 non sono neanche malaccio in termini di vittorie e “presenza” dei corridori italiani nelle corse importanti. Resta certo l’amaro in bocca per non avere nemmeno un Team italiano nel circuito più importante. E in fondo Cassani, pure nel suo messaggio improntato all’ottimismo, dice proprio questo tra le righe: con tanti corridori italiani, cosa aspetta un grande sponsor, o anche più di uno, a mettersi in mostra?
No, in realtà non lo dice, ci piace immaginare che lo pensi però, come stiamo facendo noi. Se poi consideriamo che un team di primo livello possa costare quanto un buon giocatore di calcio di serie A (uno solo, ma anche meno e senza andare a prendere quelli strapagati) il problema forse non è neanche il denaro. È la cultura che non fa investire in uno sport certamente non dello stesso valore del calcio, in quanto a visibilità, ma che potrebbe dare davvero molto. Una squadra italiana accenderebbe ancora di più la passione dei tifosi e ne troverebbe altri. Sì, possono sembrare fantasie, ma dal nostro punto di vista ci vediamo un po’ di miopia imprenditoriale. Soprattutto in questo momento in cui si potrebbe essere pionieri di una nuova tendenza.
Ci vorrebbe qualche spinta in più però, forse anche qualche programma e qui ci sarebbe da chiamare in causa la Federazione che, tanto per cambiare, ha lasciato correre un’altra volta sullo scippo di una maglia tricolore che tale non è. Il rispetto di un regolamento non dovrebbe essere solo al buon cuore delle squadre (e in questo senso Davide Formolo ci piaceva più nella Bora che nell’attuale UAE). Ma tant’è.
Manca una squadra italiana nel World Tour. Evidentemente è giusto così.
GR