Erano probabilmente i numeri più attesi, quelli del 2022 del mercato della bicicletta. Dopo 2020 e 2021 che avevano mostrato crescite importanti e richiesta continua, il rapporto sul 2022 arriva in un momento in cui il mercato si pone molti interrogativi visto che è arrivato quel momento di stop dopo due anni di crescita fortissima e oltre ogni previsione che hanno comportato, da una parte, tempi di attesa lunghi nei negozi e scelte difficili da parte delle aziende per gestire una situazione che si sapeva comunque temporanea.
Il mercato, c’è da dire, sembra già essere uscito dal momento stagnante che ha caratterizzato l’inverno, ma i numeri del 2022 danno informazioni importanti per le scelte del futuro. Parlano chiaro. Ecco perché l’intervento di Ancma, in questo momento, appare ancora più importante.
«C’è un aumento di ciclisti notevole – conferma Paolo Magri, presidente di Ancma – ma siamo preoccupati dall’approccio del nostro governo verso la bicicletta: è il momento di passare dagli incentivi all’acquisto agli incentivi all’utilizzo, non di fare leggi che limitino l’uso della bicicletta»
L’approfondimento di quanto detto da Paolo Magri lo trovate nel video di questo articolo.
Numeri importanti
«Negli ultimi quattro anni il mercato si è trovato ad affrontare situazioni imprevedibili – ha spiegato Piero Nigrelli, responsabile del settore ciclo in Ancma – C’è stata un’esplosione di voglia di bicicletta che ha fatto dire a molti negozianti che “finalmente abbiamo visto il colore delle piastrelle del negozio”, ma dopo il momento straordinario del 2020 e 2021 il 2022 è diventato più complicato a cominciare dalle problematiche conseguenti alla guerra, al costo dei trasporti e dell’energia. Lo studio che abbiamo fatto è proprio per capire cosa succederà adesso osservando a che punto siamo arrivati».
Dati di vendita.
Il mercato delle biciclette tradizionali ha mostrato un andamento altalenante, c’è stato un aumento del 14 per cento nel 2020, poi un calo di tre punti nel 2021 e -15 nel 2022. Il totale ha visto una variazione di -5 punti percentuali, con un dato grosso modo corrispondente a quanto successo anche nel resto d’Europa.
Il volume di affari totale è cresciuto del 52 per cento andando a considerare anche la vendita di accessori, riparazione e tutte le altre necessità che ruotano attorno ad un importante aumento di pubblico.
In questo volume di affari i negozi giocano un ruolo quantificato nel 68 per cento (ricerca fatta da Ancma su un campione di 700 negozi tra i più significativi) e le biciclette sono certamente protagoniste nel nostro mercato.
«Pensate che l’Italia è il maggior paese al mondo per biciclette vendute pro capite tra corsa e gravel» ha detto Nigrelli.
«Del totale le e-bike sono il 19 percento, quattro anni fa erano l’11 per cento. Se consideriamo che in Germania questa percentuale ha raggiunto il 50 per cento si può capire quali possano essere i margini di miglioramento del settore».
Da sottolineare il passo avanti delle cargo bike a pedalata assistita: sono raddoppiate rispetto al 2021 passando da 1.500 a 3.000 unità vendute, numeri piccoli (in Germania, per capirci, ne hanno vendute 218.000 nel 2022 e pure considerando la maggiore quantità di popolazione, il numero è di quelli importanti).
Tra le e-bike il 52 per cento sono le bici da città. Il dato segna una risalita dopo il 2021 (ma nel 2020 c’era stato il boom), per le conferme bisogna aspettare il dato del mercato 2023 che segnerà un dato che parlerà meglio della tendenza in atto.
Import
L’importazione di biciclette e componenti dice molto dell’andamento del mercato e delle tendenze in atto. In questi quattro anni si è avuta una decrescita dell’importazione di biciclette tradizionali rispetto al passato, con un aumento dei modelli a pedalata assistita. L’export è in crescita e diventa preponderante sull’import e con l’aumento dei prezzi a causa dei problemi dei trasporti e doganali ha portato a ragionare su un ritorno alla produzione europea e soprattutto italiana, ma ci vuole, anche in questo caso, una voce importante da parte del governo, tanto più che nel 2021 il Consiglio dei ministri europeo ha approvato la possibilità che ogni stato membro possa abbassare l’iva dell’industria ciclistica. Ovviamente spingendo gli stati membri in questa direzione.
Il Portogallo l’ha già abbassata al 6 per cento e ora Ancma chiede con forza al nostro governo di adeguarsi senza aspettare di essere gli ultimi (quando rischia di diventare indispensabile a causa del mercato che diventerebbe sfavorevole).
Gli interventi
La presentazione del rapporto ha visto anche alcuni interessanti intereventi da parte dei consiglieri Ancma.
Tra questi Mario Meyrat di AMG (consigliere e responsaile gruppo parti bici) ha sottolineato l’entusiasmo che c’è in Europa a favore della bicicletta e che ha portato a un aumento importante degli utenti respingendo le preoccupazioni del mercato per la frenata del 2022. «Ci assesteremo su un più 15 per cento rispetto ai numeri del 2019 e questo è un dato molto positivo».
Gary Fabris, di Italwin e presidente del Gruppo Veicoli Elettrici, ha parlato di momento cruciale per l’Italia nella produzione dei veicoli elettrici. «Ci sono state acquisizioni importanti di aziende da parte di gruppi finanziari e ne vedremo i risultati nel prossimo futuro. Ma ora siamo in grado di “combattere” ad armi pari con le aziende importanti del settore.
«Ora, però, dobbiamo giocarcela sulle due C: componenti e competenze – ha aggiunto – Il Far East è più avanti perché hanno investito molto su questi componenti ma l’industria italiana ha grandi possibilità. Siamo ancora in tempo, molti hanno investito nella produzione di componenti elettronici per le e-bike. Non si tratta solo di reshoring (riportare le fabbriche in Italia) ma farlo in modo italiano, con le nostre competenze e capacità. Per fare un esempio: le batterie prodotte in Asia avevano una difettosità superiore al 5 per cento, ora con quelle fatte in Italia siamo allo 0,7 per cento. Con le e-bike abbiamo clienti molto esigenti e dobbiamo lavorare in modo importante sulle competenze. C’è difficoltà a trovare competenze adeguate nell’ambito elettrico, meccatronica e ingegneria elettrica.
Cristiano De Rosa, vicepresidente Ancma, ha parlato del valore del Made in Italy e della voglia di italianità che c’è all’estero che diventa la forza delle aziende italiane. «Il 33 per cento delle biciclette che esportiamo noi, come De Rosa, nei 38 Paesi con cui lavoriamo riguarda prodotti personalizzati. Si tratta di un valore aggiunto per i marchi italiani che sono apprezzati per stile e design».
«Poi bisogna lavorare sulla formazione culturale, sull’utilizzo e la diffusione della bicicletta per sfruttare l’opportunità che ci è capitata con l’aumento dell’utenza della bicicletta. Si tratta di persone che vanno coccolate. Con progetti specifici potremmo far crescere molto di più i numeri della bike economy. Bisogna far pedalare in sicurezza e tutto quel che va in questa direzione deve essere incentivato e affrontato con molta progettualità anche da parte nostra come associazione.
Mariano Roman – Fantic Motor (vicepresidente Ancma) ha parlato delle prospettive positive e delle linee da seguire.
«Il +52 per cento di fatturato è un dato positivo insieme ai dati di esportazione. In Europa si prevedono 7,5 miliondi di e-bike nel 2025 e 10 milioni nel 2030. Inoltre sta aumentando il valore della singola bicicletta .In Italia siamo vicino ai 2.000 euro. In Germania oltre i 3.500 euro. Questo vuole dire che il mercato stia valutando in modo positivo l’aumento di performance e qualità del prodotto. Siamo seduti in una miniera d’oro. Noi come aziende e la rete distributiva.
«Non bisogna tenere conto dell’isteria di questi mesi generata da aziende americane che non hanno saputo leggere le tendenze del mercato. Ci vuole più moderazione per aumentare i propri margini. Altrimenti l’isteria collettiva diventa un danno per le aziende e la rete distributiva. È un mercato estremamente entusiasmante, quindi non c’è da preoccuparsi».
«In Germania – ha proseguito – il governo ha definito l’e-bike come un oggetto sociale su cui puntare per l’evoluzione. Da noi, invece, ci sono proposte di casco assicurazione e targa. Questo diventa un autogol pazzesco che la politica italiana potrebbe fare nei riguardi di tutta l’azienda di bici. Invece dobbiamo creare strutture competitive rispetto alla produzione orientale. I marchi importanti li abbiamo e possiamo sfruttare la nostra storia. Abbiamo le carte in regola per diventare i protagonisti del futuro del mercato della bicicletta.
«Ci sono competitor di altissimo livello e noi dobbiamo investire per combattere allo stesso livello. Siamo tutte aziende abbastanza piccole in Italia, quindi con poca capacità di investimento rispetto a tanti colossi. Ma dovremmo avere possibilità di accedere a finanziamenti a lungo termine (non a fondo perduto) per poterci confrontare con i più grandi. Poi bisogna migliorare il welfare aziendale per migliorare e stimolare l’utilizzo della bicicletta da parte dei propri utenti».
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