1 apr 2016 – In questi giorni di discussioni anche furenti su Facebook (anche a commento dell’articolo sui freni a disco Campagnolo) mi è capitato di parlare con un po’ di aziende di vario tipo sulla questione. Vario tipo perché non intendo solo telaisti (che sono accusati di essere i primi a spingere sui freni a disco perché avrebbero tutto da guadagnare con un cambio di questo tipo del mercato: per avere i freni a disco in primis è il telaio è da sostituire), ma anche chi vive del mercato della bici e non sarebbe toccato più di tanto dall’adozione del nuovo sistema.
Le considerazioni che mi vengono sono molteplici.
Marketing: chiaro che c’è una forte spinta in questo senso, è normale: si guadagna vendendo cose e non c’è niente di male. Lo dico perché certi commenti sono di “accusa” verso le aziende come se facessero qualcosa di immorale. Sì, qualcosa che non va c’è, ma è nell’invecchiamento precoce delle cose. Ma qui la responsabilità delle aziende è relativa e non assoluta. È vero che spingono ad innovare, ma quando l’innovazione mangia il mercato creando attesa continua, rischia di portare a clienti frustrati (in perenne attesa e con l’acquisto appena fatto che diventa vecchio troppo rapidamente – sempre rispetto al mercato). Varrà la pena tornare su questo aspetto.
Però c’è anche evoluzione: se guardiamo alle biciclette di venti o trent’anni fa di miglioramenti ce ne sono stati. E non è solo questione di peso.
Nella seconda metà degli anni ’80 fui uno dei primi a montare i pedali a sgancio rapido. Ricordo sguardi piuttosto sospettosi e commenti del tipo: “se funzionassero davvero li userebbero tutti i pro’”.
Ecco, questo commento lo trovo emblematico ancora oggi. Primo, perché l’ho riletto in tanti commenti dei lettori attuali che seguono Cyclinside. Secondo perché l’esempio dei professionisti, almeno in Italia, è molto “potente”. Anche come marketing. Senza dire che c’è qualche meccanico dei pro’ tutt’ora convinto che tra gli amatori ci siano materiali migliori di quelli utilizzati dai corridori. Affermazione azzardata e poco veritiera in qualche caso. Ma è vero pure che a volte le forniture dei materiali non sono sempre il meglio che si possa pensare. E non è infrequente trovare componenti di seconda fascia nei montaggi di alcune squadre continental (l’anno scorso facemmo un servizio mettendo in evidenza quanti pro’ ci fossero in gruppo con l’Ultegra, per dire).
Ora non penso che i freni caliper attuali siano da buttare via (e non lo pensano nemmeno le aziende, che continuano a produrli e a immettere sul mercato biciclette “tradizionali”). E siamo tutti sicuri che continueranno a frenare anche dopo l’affermazione dei modelli a disco, non c’è dubbio, ma in questo momento, forse, l’utilizzo dei freni a disco è più conveniente per chi in bici non fa agonismo, ma certo è un concetto difficile da far passare “se non li usano i pro’”. Che poi i pro’ li vogliono usare, nessun pro’ ha ancora affermato parere negativo sul freno a disco in sé (e non è solo questione di contratto, c’è anche chi potrebbe permettersi di dire qualsiasi cosa). Semplicemente è una questione di organizzazione. Altrimenti si rischia di fare come quelle atlete che avevano usato, a buon motivo, le ruote da 26 pollici per avere biciclette più proporzionate ma nei cambi ruota si perdeva inesorabilmente tempo perché non c’era sempre a disposizione la ruota giusta. E allora meglio non rischiare.
Gli esempi potrebbero continuare. Ricordate le borracce fuori standard (più strette o con forme aerodinamiche)? Tanto per dirne uno che appare pure banale ma banale non era affatto.
Non voglio affermare che i freni a disco siano il meglio in assoluto. Certamente lo sono per tanti aspetti: mettere d’accordo finalmente i cerchi in fibra di carbonio con una frenata efficace in tutte le condizioni e senza rischio di bruciare rapidamente pattini costosissimi non è cosa da poco. Senza dire che le frenate più lunghe si fanno proprio fuori corsa quando la strada non è libera e spesso si devono affrontare discese con forti pendenze e curve a non più di 35-40 all’ora perché il traffico non permette di più. E allora arrivare in fondo con un freno perfettamente efficiente fa “sentire” la differenza.
Argomenti forti a mio avviso. Come la comodità di non restare attaccati alla bicicletta in caso di caduta. Che pure lì significò cambiare completamente la concezione di scarpa per il ciclismo e qualche azienda non resse l’impatto.
Guido P. Rubino
Condivido in pieno il pensiero che a mio avviso non fa una grinza. Il grosso del problema è proprio che la maggior parte degli amatori, soprattutto quelli che non sono agonisti, vogliono sentirsi PRO nell’aspetto (bici, abbigliamento, accessori) quindi GUAI ad avere i freni a disco se Sagan sulla sua Specialized non li ha…
Salve, in bici vado prevalentemente sulla bici da corsa con freni tradizionali, ma quando uso la mtb con freni a disco e’ un’altro pianeta
Al prosimo acquisto bdc sicuramente optero’ a un modello dotato di freni a disco, per me e’ piu’ importante la sicurezza
Fulvio