Un casco con livrea speciale, a onorare il Giappone che lo ospita, la pacatezza nelle risposte. Elia Viviani si preoccupa di un suono strano emesso da un cellulare che è lì a registrarlo: “Attenzione che questo si è fermato” avvisa il giornalista che lo riattiva subito.
Ha ritrovato la serenità e lo si vede dal volto anche dopo la fatica. Viviani non è venuto a Tokyo a fare solo da portabandiera con onore, è partito dall’Italia con le intenzioni giuste, quelle di chi vuole tornare a casa con un premio bello.
«Non c’erano i direttori sportivi sulla pista perché era pericoloso – ha detto raccontando le sue impressioni dell’Omnium che lo ha portato alla medaglia di bronzo – ma sentivo Amadio da su che mi urlava e quando mi ha detto “attacca” è perché aveva visto le facce tirate degli altri. E allora sono andato a caccia del giro».
E hai sfiorato l’argento!
«Sì, nel finale ero un po’ contrariato perché sapevo che l’oro era ormai andato, ma nell’argento ci credevo, peccato per l’ultimo giro quando Stewart ha preso il giro, se no era fatta».
E adesso?
«Spero di ripartire da qui. Ho avuto gli ultimi due anni difficili, le ultime stagioni non mi hanno dato soddisfazione, ma torno a casa con un bronzo olimpico. Mi dà tanto morale questo, così come mi hanno dato morale i direttori sportivi, soprattutto Marco Villa dopo la prova dello Scratch dove sono andato male.
«Mi avevano detto che mi vedevano bene, ma io non riuscivo a sbloccarmi. Per fortuna poi è andato tutto migliorando ed ecco la medaglia. È un gruppo che mi piace».
Siete un gruppo fortissimo
«Ci siamo caricati a vicenda. Io ero convinto che loro (gli inseguitori, ndr) potessero vincere l’oro e loro hanno caricato me oggi, nonostante abbia dovuto cambiare camera per dormire un po’ dai loro festeggiamenti». Ride Elia, missione compiuta.
5 ago 2021 – Riproduzione riservata – Cyclinside (con Pietro Illarietti)