Da Montalcino si domina la Val d’Orcia che potresti fare le previsioni del tempo solo guardandoti intorno. All’alba di domenica (26 maggio), però, non ce n’è bisogno. Basta vedere fuori dalla finestra per trovare la ringhiera sgocciolare.
Eroica Montalcino, oggi non si scappa: c’è da pedalare sotto l’acqua e bisogna prenderla tutta, la primavera era ieri, adesso autunno grigio e frizzante.
In piazza hanno fatto le cose per bene. Franco Rossi li ha messi tutti in fila a lavorare e al posto della pista da ballo ora ci sono le transenne che portano verso il traguardo, gli striscioni in ordine degli sponsor che perdono i loro colori originali per adeguarsi al rispetto di queste parti, dove lo stile non ammette eccezioni. Gli occhi si riposano quando sei qui. Un motivo in più per tornarci volentieri.
Intanto si allineano e partono. Cinque percorsi per gambe diverse, da 27 a 153 chilometri, maglie a ricordare che una volta erano sfide vere con la lana a pizzicare uguale per tutti. Provate a bagnarla una maglia di lana, non serve neanche che abbia le tasche davanti per capire quanto poteva diventare eroico il ciclismo ante tecnologico. Polvere che entra dentro, quella sottile arriva direttamente sul corpo attraversando la lana. Sembra che arrivi sotto pelle per non togliersi più, come un tatuaggio a marchiare definitivamente chi ha scelto di chiamarsi eroico di bicicletta e fatica.
A 600 chilometri da qui, intanto, il Giro d’Italia va a cercare la sua sfida, raccoglimento da bar di lusso, da Caffè Eroica, dove si improvvisa una sala stampa per seguire la Corsa Rosa ma intanto si lascia andare lo swing. Appuntamento a Belleville, giusto un secolo fa.
Lontano seicento chilometri e seimila pensieri c’è anche Damiano Cunego al via di Eroica Montalcino. Lui fa l’ex corridore e il testimonial sul serio. Aiuta i novizi a pedalare sullo sterrato, racconta di quella volta che non smetteresti di ascoltarlo.
Per sintonizzarsi con l’altro ciclismo, quello del pedalare guardando il panorama, invece della ruota dell’avversario, ha fatto una cura di riposo assoluto di tre mesi, appena ha smesso. Niente bicicletta. C’era da ritrovare anche la voglia dopo più di vent’anni con un pensiero unico e costante da ragazzino a uomo.
Chiacchiere dei primi chilometri, quando qualcuno sperava ancora che la pioggia fosse uno scherzo passeggero. La giornata si riservava eroica più che mai. Un vero e proprio nubifragio, anche a più riprese, attendeva chi ha fatto i percorsi più lunghi, si sono salvati, più o meno, solo i partecipanti dei percorsi più corti. E pensare che una volta questa si chiama Eroica di Primavera. Oggi sarebbe stato un contrappasso.
La pioggia ha compattato la polvere, ma il nubifragio l’ha resa di nuovo molle da diventare cattiva.
Afferra i tubolari che affondano nella terra come a cercare di farli suoi. Così ci vuole più forza per scappare via e proseguire. Non basta esserci “abituati”, come si diceva una volta e si dice ancora all’Eroica. Termini che parlano di approcci diversi, ineluttabilità filosofiche: abitudine, non allenamento alla bici.
La differenza è qui. All’arrivo ci si lava come capita. Una fontanella diventa una doccia, la doccia è un lusso da campioni. C’è chi stacca il fango dalla bici, chi lo conserva come un trofeo e pazienza se si sporca un po’ la macchina.
I più eroici arrivano al pasta party che è “l’ora del desinare”. Dopo il fango di tutto il giorno sono sporchi e felici come bambini. Ma non siete stanchi? Misteri eroici, quando l’entusiasmo supera lo sporco.
Sono partiti in più di millecinque stavolta, fenomeno in crescita anche Eroica Montalcino. E se qualcuno temeva che avrebbero rinunciato, visto il tempo, la risposta è stata chiara: si chiama Eroica. Se no non vale.
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Le fotografie di Barbara Trabalzini
Guido P. Rubino