17 apr 2019 – Tecnologia a corrente alternata? Ce lo chiedono spesso i lettori: ma cosa usano i professionisti e perché fanno certe scelte? Sono davvero tutte imposte dalle aziende?
Alla Roubaix, l’abbiamo visto, molti erano con i freni a disco. Ormai quasi completamente “digeriti” dalle squadre. Sembra un po’ lo stesso percorso fatto dai componenti elettronici, qualche decennio fa toccò la stessa sorte anche ai pedali a sgancio rapido: i corridori, che fino a quel momento avevano utilizzato con piena efficacia i pedali a gabbietta, non ne vedevano l’utilità e ci furono pure delle polemiche. Potremmo andare ancora indietro, parlarvi di Bartali e Coppi e di quel cambio a parallelogramma. Certe dinamiche sono cicliche e non solo nel ciclismo ovviamente. Il cambiamento ha sempre le sue ritrosie.
Poi ci sono le sperimentazioni. Alcune efficaci, guardate Specialized: oltre che sul gradino più alto del podio, ha messo nei primi dieci diversi corridori con una bicicletta appena presentata, con un sistema a doppio ammortizzatore (sebbene il termine sia improprio in questo caso) studiato per dare comfort al ciclista senza modificare la geometria della bicicletta. Ci vogliono le gambe – anticipiamo i commenti – ma tutto contribuisce ad andare forte e magari dà quel po’ di più che può fare la differenza. Ovviamente quello di Specialized è un sistema perfetto per la Roubaix (tant’è che la bicicletta in questione ha proprio questo nome), ma pensata per il grande pubblico. Il Future Shock 2.0 ha tracciato una nuova strada, anche più semplice di altre soluzioni. Ma, come visto nel nostro articolo dedicato, di tecnologia alla Roubaix se n’è vista tanta, compreso un Peter Sagan che ha utilizzato stavolta, un gruppo di trasmissione meccanico al posto del tradizionale (ormai) elettronico.
Vale la pena, però, tornare per un momento sui freni a disco. Al di là del vantaggio della frenata pronta ed efficace anche in condizioni difficili (e la polvere della Roubaix rientra in questa casistica) con i freni a disco si posso montare coperture più ampie. Pochi corridori utilizzavano pneumatici da 30 millimetri di diametro. Per molte biciclette questo è un limite proprio per lo spazio nel telaio con i freni tradizionali. Con i dischi si potrebbe andare anche oltre (ammesso che questo possa avere un senso nella classica delle pietre).
No, non c’è un’imposizione delle aziende, se non per poche cose e nemmeno su tutti i corridori. Un campione difficilmente digerisce un’imposizione dall’alto se non ne è convinto. Spesso, anzi, proprio i corridori più forti (anche contrattualmente) si lasciano dei margini di manovra piuttosto ampi. Poi le imposizioni tanto credute sono in realtà delle indicazioni: i produttori delle biciclette, come quelli delle ruote e della componentistica, mettono a disposizione la propria gamma di prodotti da cui i corridori scelgono liberamente con i meccanici e con la squadra. Per intenderci (e rispondere a qualcuno che ci ha scritto): la scelta delle ruote ad alto profilo è fatta proprio dai corridori che hanno a disposizione (tutti!) anche modelli a basso profilo in tute le gare (con salite, discese, e Roubaix compresa). Più stringente, ovviamente, è la questione del marchio sebbene qualche squadra lasci addirittura liberi i corridori nella scelta di componentistica o accessori al di fuori dei contratti (pensiamo alle ruote, ma soprattutto a calzature e selle).
Insomma, ci sono indicazioni ma imposizioni meno raramente di quanto si pensi.
Che poi sia la forza del corridore a fare la differenza non c’è dubbio. Ma la tecnologia mette la sua parte. Basti pensare al Record dell’Ora di Campenaerts. Quei 563 metri su Wiggins sarebbero stati certamente di meno se dietro non ci fosse stato lo studio sulla bicicletta. Ma questo non lo dicono Ridley o Campagnolo. Lo dicono i fatti.
GR