15 ott 2020 – Ma è proprio tutta colpa di Aru? Leggo che Aru è al momento disoccupato. Non mi sorprende dopo i risultati delle ultime stagioni e soprattutto dopo le dichiarazioni di Saronni al Tour. Ma ci sono tanti però.
Aru sicuramente non si è mai più ripreso da quel Tour del 2017 dove ha vestito il giallo per qualche giorno. Non solo non è sembrato fisicamente in grado di arrivare di nuovo con i primi, ma soprattutto è sembrato cedere psicologicamente, portato al nervosismo da questa situazione. Questa è la parte peggiore, perché nel ciclismo nessuno ti aiuta, nessuno ti tende una mano. Finché sei vincente e fai comodo, sono tutti amici. Appena non vinci più sei carne da macello. E risollevarsi è tutto sulle tue spalle. E dentro la testa di un corridore rimettere in ordine tutti i pezzi del puzzle che ti portano a pedalare forte è tremendamente difficile. Ancora più difficile se sei solo, come in questo momento lo è Fabio.
Però. Però lui è stato in vetta, ha vinto un grande Giro, è stato per qualche anno là davanti a lottare. Questo lo avrà sicuramente portato ad avere uno staff di tutto rispetto. Lo ha portato a firmare ottimi contratti – e per piacere smettiamola di fare i conti in tasca ad Aru: se ha firmato un bel contratto, merito a lui e del suo agente, non c’è nulla da criticare. Ora la mia domanda è: con tutti i test che vengono fatti in laboratorio e su strada, perché nessuno è andato da Aru mesi prima del suo ultimo Tour de France e dicendogli: “Fabio mi sa che non è aria… al Tour o ci vai per aiutare i compagni o fai corse minori.”? Perché in una squadra con preparatori che si scambiando i dati del misuratore di potenza ogni sera con i corridori, tutti hanno caricato di aspettative Aru fino all’ultimo, mandandolo ad un Tour de France come si manderebbe un condannato a morte? Perché questo è stato: con dei dati alla mano di test equiparabili ad un corridore da 30° posto, se lo mandi dicendogli di vincere, lo ammazzi. Appena si staccherà si deprimerà, proprio quello che avviene da anni a Fabio.
In tutto questo ciclismo ipertecnologico mi sembra che ci siano delle falle enormi. Umane soprattutto, perché nessuno in 3 anni si è preoccupato di scambiare due parole con Aru, pensare a risollevarsi insieme a piccoli gradini, ripartendo dal basso per poi ritrovare la gamba di un tempo. Ma anche tecnologiche, perché queste aspettative su Aru mi fanno anche pensare che tutti i test effettuati forse non danno dati veritieri. Possibile che nessuno si sia accorto, in mesi di preparazione, che Aru era lontano anni luce dal fare classifica al Tour? Una volta si diceva che l’unico test affidabile era la gara. Se andavi al Giro del Trentino e arrivavi dietro, non partivi al Giro d’Italia per vincere. Senza bisogno di interpretare i dati del misuratore di potenza.
Stefano Boggia (https://www.daccordicycles.com/it/)
Pienamente d’accordo su quanto dice,Aru ci avrà messo del suo ma è stato mal guidato,è inutile dire che Lui voleva correre,chi paga comanda e dovevano “comandare” di non correre,già nel 2019 doveva disintossicarsi dall’ambiente e approfittando anche della
nascita della bimba ritornare nella Sua Sardegna per un periodo in famiglia.
Amo il ciclismo ma come va oggi mi piace poco,mi fa male al cuore vedere i giovani “militarizzati” senza poter avere un pò di libertà per iniziative,si vede chiaramente basta vedere il giro,le squadre perdono il “capitano”ed i giovani gregari vincono,se non si faceva male Thomas,Ganna non avrebbe vinto quella gran tappa.Aveva ragione Bartali 2l’è tuuto sbagliato,l’è tutto da rifare.W il ciclismo