Ci ha pensato Colnago con la sua C68 Rim Brake a riaccendere il dibattito che più ha animato le discussioni tecniche dei ciclisti su strada negli ultimi dieci anni: quello sul ritorno del freno a pattino, ovvero lo standard tecnico dominante prima che il “disco” rivoluzionasse il modo di intendere e progettare la bici da corsa.
La C68 Rim Brake non rimpiazza certo l’omologa versione disc, semmai arricchisce la piattaforma C68, assecondando le esigenze dei tanti che preferiscono questo standard “classico” della frenata.
Per essere precisi, la C68 Rim Brake non è certo la sola bici con freno a pattino presente sul mercato, semmai è uno dei pochi modelli “rim” del segmento premium, quello delle bici di altissima gamma, come confermano i 6.930 euro che occorrono per acquistare telaio e forcella.

Oltre al modello Colnago, ci vengono in mente anche altri due esempi di bici da corsa rim lanciate di recente: la Cipollini Dolomia Velum e ancora la Time Alpe d’Huez Rim Brake. Entrambe con sistema frenante classico e ancora una volta entrambe di altissima gamma. In um contesto di bici particolari a questa lista aggiriamo anche Daccordi, che con la sua Flexus reinterpreta il freno tradizionale su un telaio dalle caratteristiche particolari: si tratta in pratica di una bici “smontabile”.
L’adattamento necessario

Approntare un telaio rim partendo dalla base di uno stampo già pronto destinato all’impiego “disc” è operazione relativamente costosa per un grande produttore: in fondo si tratta di adattare la forcella e parte del carro posteriore al “vecchio” standard e di eliminare i supporti per le pinze sostituendoli con i fori per il montaggio dei freni a pattino.
Nel caso delle bici rim di altissima gamma di cui stiamo parlando questi ultimi sono quasi sempre di tipo diretto, ossia fissati su un doppio perno, molto potenti e stabili rispetto a quelli a perno singolo.
Altro adattamento frequente a questa fattispecie, è quello del ritorno al classico standard del fissaggio ruota con quick release al posto dei perni passanti delle bici “disc”.
Le bici “rim”, evidentemente, tornano un po’ al passato anche in merito ai cablaggi, che nella zona del nodo di sella e soprattutto nella zona del manubrio non possono che essere visibilmente esterni, per servire corpi freno gestiti dal classico cavo e guaina esternalizzati rispetto al telaio.

Da parte sua l’ingombro concesso dai corpi freno a caliper limita non poco la tolleranza coperture dei telai rim, che in genere non riesce ad andare oltre la sezione da 28 millimetri.
In pratica, su questo che ad oggi è un microsegmento del mercato delle bici road, non è possibile pensare di montare ruote di nuova generazione, ovvero quelle con cerchio dal canale largo (indicativamente oltre i 21 millimetri), con tutto quello che questo comporta in termini di gommatura generosa, conseguente pressione di esercizio consentita, grip, stabilità nella marcia eccetera eccetera.

In realtà, non è certo in questa occasione che vogliamo tornare a parlare specificamente dei risvolti funzionali dello standard rim o disc nell’utilizzo su strada (ad esempio ne abbiamo già trattato ampiamente qui e ancora qui), ma volendo passare ai vantaggi generali del classico rim, vale la pena ricordare che una bici da corsa con questo standard ha l’innegabile vantaggio di pesare almeno tre, quattro etti in meno, visto il peso in più connesso agli impianti disc e anche l’assenza dei più pesanti perni passanti.
Solo marketing?

Ce lo aspettavamo: i commenti letti all’indomani del lancio della C68 Rim sono stati molti. E discordanti.
I (tanti) fedelissimi del freno a pattino hanno sia accolto con favore il nuovo ingresso, ma hanno anche criticato il fatto che un’operazione del genere abbia riguardato un telaio di assoluto vertice, dal prezzo a dir poco importante e che tra l’altro può essere montato solo con gruppi elettronici, non meccanici.
In questo senso questa operazione cozza con tutta la semplicità, l’essenzialità e anche la convenienza economica che solitamente fa al caso di una fetta assai ampia di stradisti, quelli abituati ai vecchi standard e soprattutto di quelli che non possono permettersi di spendere oltre diecimila euro per acquistare una road bike.
È solo in questo senso, allora, che l’operazione di Colnago, così come quella degli altri marchi che nel recente passato hanno lanciato bici rim top di gamma) potrebbe essere letta come mera operazione di marketing, volta solo ad ottenere visibilità e far parlare un po’, in rapporto a volumi di vendita che di certo saranno infinitesimi rispetto a quelli del mercato disc.

D’altra parte non serviamo certo noi a ricordare ai fedelissimi della bici da corsa rim che basta pescare nella fascia di primo prezzo di tanti marchi per trovare ancora nell’offerta di serie delle biciclette rim adatte alle loro esigenze; e ancora per trovare (valide) biciclette con trasmissione meccanica con prezzi che difficilmente supereranno i 1500 euro.

In questo senso le bici rim che abbiamo passato in rassegna in questa occasione sono semplicemente una possibilità in più all’interno di un mercato che è sempre più segmentato, ricco e adatto a soddisfare davvero qualsiasi esigenza, comprese quelle che, appunto, è in grado di generare da zero il mercato stesso… Che piaccia o meno è sempre stato così. Ma è indubbiamente e oggettivamente una possibilità in più, che in quanto tale non si può non accogliere con favore. Non trovate?
Aggiungerei a vantaggio dei RIM ( o anche V Brake) manutenzione e sbattimenti zero.
Levate la ruota anteriore di una disco per portarla il macchina e magari ci vuole mezz’ora per sistemarla per bene. Se poi si vetrifica il disco fa un baccano da far scappare anche i cinghiali.
Più il disco e’ grande più la frenata e’ efficiente (fisica della leva) e quindi il cerchio è il diametro più grande della ruota.
I freni a pattino hanno lo svantaggio della pioggia in particolare sui cerchi in carbonio e l’usura della pista frenante che al limite richiede la sostituzione del cerchio.
Se si risolvesse il problema della mescola dei pattini i della piste dei cerchi in condizioni di bagnato, la frenata con pattini trova la maggior efficienza, il minor peso, la maggior facilità di cambio ruota e credo anche un minor costo alla fonte.
In passato ho avuto delle ruote con piste ceramizzate, non hanno avuto successo, fragili in caso di deformazione del cerchio e costose; ma le grandi case produttrici non si applicano, seguono più la moda del momento per ovvie questioni di marketing.
Assolutamente corretto il discorso relativo alla fisica della leva, per aumentare l’efficenza della frenata sul bagnato e non solo ci sarebbe il vecchio trucco della pece greca – quella dei violinisti – spalmata sulla pista del cerchio tassativamente metallico.
Costa poco nei negozi di articoli musicali, ne basta poca e la si toglie con l’alcol denaturato.
Scalda parecchio nelle frenatone in discesa e non garantisco l’efficacia sui cerchi in carbonio perchè non li ho mai usati
Io resto convinto che freni a disco idraulici e perni passanti siano il top dell’efficienza, della sicurezza e della praticità in ogni occasione.
Non sono un professionista e non mi interessa discutere di variazioni di peso inferiori al contenuto di una borraccia.
Quindi spazio ai nostalgici e all’ampliamento della gamma, ma io non tornerò indietro:-)
Buongiorno,io sono per i freni rim. . . I freni a disco su una bicicletta non hanno proprio senso., non è una moto.
Sono per i freni a pattino, soprattutto per chi guida bene e non ha paura in discesa e in curva secondo me sono migliori i freni a pattino meglio gestibili…da qualche anno ho i dischi e sento questa differenza ..poi non mi piace il comportamento commerciale di Colnago che è stato quello che più ha spinto qualche anno fa per omologare i freni a disco ed ora butta sul mercato i freni a pattino…mah…invece elogio Daccordi che è sempre rimasta coerente con la propria linea commerciale
I freni rim per un uso AMATORIALE, e quindi per chi ha la coscienza ed una testa per capire che non ha senso uscire con la pioggia battente o di lanciarsi in discese oltre i 70km/h, sono notevolmente la cosa più comoda e utile. Manutenzione pari a 0, durata infinita, peso e costo decisamente inferiori!
I freni a disco garantiscono sicuramente maggior sicurezza, maggior modularità e migliori performance sul bagnato ed in discesa. Utili sicuramente a chi fa GARE.
Ho avuto ruote in carbonio che dopo 60.000 km ho ritenuto giusto cambiare.
Le DT swiss oxic 1400 con piste frenanti così trattate dopo 25.000 km sono in pratica ancora nuove.
Faccio molta salita e quindi discesa
Frenano benissimo e mai un fischio od un rumore.
Le ritengo una valida alternativa ai dischi.
Dalle mie parti (la Romagna) quando piove di gente in giro in bici le vedo col lanternino😄
Ho bici sia rim che a disco, devo dire che l’efficienza del disco è notevole, ma sulle lunghe discese con pendenze importanti, il disco si scalda, si deforma, e inizia a fare dei stani sfregolii, mentre la bici con i classici pattini, é una classica, sempre bella e efficace, manutenzione annua di pochi euro e non crea nessun tipo di problema sul cambio ruota, veloce e senza necessito di centraggi della pinza, che a volte sui freni a disco bisogna fare
Io preferisco la bici con freni rim mi da più sicurezza in tutto. Poche spese e molto efficiente anche nelle lunghe discese Abito in provincia di Belluno e qua salite e discese ce ne sono di continuo
E’ vero che la bici non e’ una moto ma anche sulla bici il freno a disco e’ migliore per potenza della frenata ,modulabilità ‘ e costanza di rendimento. E’ vero che c e’ un aggravio di peso ma i margini di miglioramento del sistema sono notevoli. Sono pure motociclista da 50 anni e ricordo le diatribe quando si passo’ dai tamburo al disco ! Certo i primi monodisco in ghisa si confrontavamo con i doppia camma grimeca ma poi la superiorita’ degli impianti a disco fu sempre più evidente…e oggi possiamo vedere a che altissimi livelli si e’ arrivati …il tamburo anche il migliore e’ distante anni luce come efficenza.! E così sara’ anche per le bici ,il rim per un po’ di tempo avra spazio nella gamma economica e poche unita’ in top di gamma per pochi nostalgici, ma anche per la bici il futuro sara’ l impianto frenante a disco sempre più perfezionato e sempre piu’ efficente!
Ormai è stato appurato che i freni a disco siano migliori qualora piova o si facciano discese molto veloci. Il freno rim invece è migliore per il peso inferiore di alcuni etti, considerando anche il telaio un pò diverso, i rumorini fastidiosissimi che non fa surriscaldandosi e i notevoli costi inferiori per la manutenzione. Ricordo che ogni 4000 km circa si spendono dal meccanico dalle 40 alle 60/70 euro e che qualora il disco si righi va cambiato e sono altri soldi…. Per me, cicloturista scarso e senza “patacche” , l’ideale è il vecchio sistema, poi ognuno si faccia i conti in tasca sua e considerando pro e contro scelga
Personalmente trovo inutili i dischi sulle bici da strada e sono d’accordo con la maggioranza dei commenti.
Altra questione è con la MTB, con fango e pioggia diventano eccezionali rispetto ai freni tradizionali.
Sulle discese forti mi trovo molto a più agio con i freni tradizionali, ma nn ho mai capito il perché di questa mia sensazione.