Qualche tempo fa, a margine di una chiacchierata che facemmo sulla sicurezza delle corse e dei tifosi, Mauro Vegni, direttore del Giro d’Italia, si lasciò andare a un commento pessimista: “Tanto finisce che vado a pagare sempre io”. Si riferiva, in quel caso, agli incidenti che coinvolgono i tifosi e partendo dalla considerazione che quando succede qualcosa la responsabilità finisce col gravare sempre sull’organizzatore della corsa. D’altronde è impossibile mettere in sicurezza assoluta tutti i chilometri di una tappa.
Bisogna fare affidamento sul buon senso del pubblico, quello speciale del ciclismo, che – a volte – proprio speciale non è.
Come non lo era la signora che nella prima tappa del Tour de France 2021 si è messa a favore di telecamera, con un cartello ingombrante, senza avere coscienza del pericolo che stava correndo lei e faceva correre ai ciclisti. Chiunque abbia minima esperienza di corse ha ben evidente come una cosa del genere sia da evitare assolutamente. Eppure, la signora era lì, col suo cartello, a innescare una carambola inaccettabile.
Come mettere d’accordo episodi di questo tipo con la voglia, legittima, di portare più persone possibili ad assistere alle gare? La fortuna del ciclismo è di passare sotto casa alle persone ma potremmo fare tante considerazioni sulla voglia di visibilità di troppi che non vanno a tifare ma a mettersi in mostra.
Che poi diciamolo: se guardi la telecamera, invece della corsa, quando ti stanno per passare sotto il naso, probabilmente non è il ciclismo che ti interessa.
Però ci sono state altre situazioni di pericolo in questi anni e ne abbiamo viste di clamorose: dall’incidente di Daniele Colli che colpì il teleobiettivo di un tifoso a Vincenzo Nibali che agganciò, col manubrio, la tracolla della macchina fotografica di un altro spettatore. Incidenti in cui la colpa può essere considerata relativa, ma il risultato ugualmente disastroso.
Cosa si può fare?
Iniziare a punire i tifosi potrebbe essere un richiamo alla responsabilità di chi assiste a una gara. Non è questione di colpevolizzare ma, appunto, responsabilizzare.
Se mettiamo nel piatto i possibili capi d’accusa c’è da farsi venire i brividi. E le biciclette danneggiate che pure si consideravano nella prima tappa del Tour 2021 sono solo una piccola parte. Pensate ai danni subiti da molti corridori: parliamo di professionisti che hanno il loro valore nell’integrità fisica e nella condizione atletica. In questo conto va considerata anche la possibilità di vincere gare importanti. Nella richiesta di danni una voce importante potrebbe essere anche quella della “perdita di chance di vittoria”. Sommate a tutte le altre voci la richiesta di danni potrebbe essere importante. Da farsi venire un brivido solo a toccare la striscia d’asfalto che delimita il percorso di gara.
Chi paga?
Non ci risulta che a un tifoso siano mai stati addebitati capi d’accusa di questo tipo terminati con un risarcimento importante. Alla fine, il corridore che subisce un danno dai tifosi si rifà sull’organizzazione (ecco il “pago sempre io” di Vegni) che, normalmente, non si rivale su chi ha causato materialmente il problema.
Come responsabilizzare
Però le cose stanno cambiando ed è diventato oggettivamente più facile individuare i responsabili degli incidenti. Se è fisicamente impossibile mettere in sicurezza tutto il tracciato di una corsa in linea, è decisamente più facile trovare riprese video di ogni chilometro. Dove c’è pubblico c’è almeno un cellulare che riprende il passaggio dei corridori e magari anche le fasi precedenti. Per non dire delle riprese TV come nel caso della tifosa col cartello o del tizio che ha rischiato di far cadere Lorenzo Fortunato che andava alla conquista dello Zoncolan al Giro d’Italia.
Insomma, individuare i responsabili oggi è più facile che mai e iniziare a far passare il messaggio che seguendo le gare è questione di responsabilità individuale che si può ripercuotere dal punto di vista penale o, almeno, economico, aiuterebbe certamente. Iniziare a punire i casi più eclatanti porterebbe, evidentemente, a una prudenza maggiore anche i più esaltati.
I tifosi devono avere ben chiaro il limite invalicabile della strada, come se ci fosse una transenna lì dove inizia l’asfalto: è zona di gara, vale un’invasione di campo. Anzi di più.
foto ©ASO Aurelien Vialatte