di Guido P. Rubino
27 gen 2021 – Bartali non si discute e non si discuteva neanche lui. Che fosse un allungo in bicicletta decidere cosa fare di fronte alla tragedia della storia. Certe cose si fanno e basta, pensava e non se ne vantava. Era il suo ordine delle cose, non c’era neanche bisogno di parlarne.
Anzi, quando qualcuno cercando di sfruttare un po’ di confidenza in più, cercava di entrare nel dettaglio lui glissava, evitava, parlava di altri, difficilmente ammetteva. Lo fece con qualcuno pregandolo al silenzio, subito dopo. E ne avrebbe avuto pure onore ma non avrebbe saputo che farsene. Lui la chiamava normalità, che c’entravano i riconoscimenti? Gli bastavano quelli sportivi, quelli sì, conquistati davanti a tutti, non quelli per aver cercato di raddrizzare le storture del mondo.
Viva Bartali, sempre, e viva Coppi, pure, che aiutarono l’Italia a uscire dall’incubo che, per questo, c’è chi li vorrebbe padri della Repubblica. Proprio quella Repubblica che è di tutti, anche di chi vuole fare malamente marcia indietro mettendosi pure in un dubbio che suona male e fa pensare male.
Via, buttiamole via queste cose che di Bartali staffetta partigiana ad aiutare gli ebrei inseguiti dalla follia si è già detto e acquisito con testimonianze più che sufficienti. Ci sono i riconoscimenti dati dallo stesso Presidente della Repubblica, come ricordano gli eredi, frutto di controlli meticolosi, non regalati nemmeno se dati sulla scia di un entusiasmo che avrà gonfiato un po’ la memoria popolare, ma non le ricerche.
Bartali ha agito da sportivo e sportivamente. Ha messo a disposizione le sue qualità fisiche ed è rimasto coerente con i principi di giustizia assoluta .
Oggi è il Giorno della Memoria, un momento che chiunque di quegli anni avrebbe giudicato inutile, ma che oggi risulta drammaticamente necessario, tra notizie fasulle e interessi piccoli e infimi, ignoranza e stupidità.
Non toccate Bartali, viva Bartali. È il giorno della memoria.
E non dimentichiamo.
PS
Sì, ovviamente pensavo anche al libro appena uscito, quello che sembrava un’operazione commerciale con un titolo clamoroso (che, diciamoci la verità, fosse stato un libro con un titolo qualsiasi sui problemi della storiografia non avrebbe avuto certo gran clamore).
Ho avuto modo, nei giorni scorsi, di ascoltare un’intervista fatta da Marco Grassi, di Cicloweb, proprio al prof. Pivato. Alla fine, messo alle strette, Pivato ha detto che il problema era proprio la mancanza di testimoni diretti che non ha trovato. Testimoni che ci sono. E, con le spalle al muro, si è arroccato su un “inutile criticare se non si è letto il libro: è il problema dei social”. Insomma, a libro ancora non uscito avrebbe voluto fare evidentemente un monologo soft e promozionale. Tanto mi basta per risparmiarmi la lettura del suo libro.
PS n°2
Il libro, poi, l’ho letto e confermo tutto quanto detto a proposito di Pivato. La recensione del volume la trovate qui.