Domenica 5 Marzo siamo stati fra i 6.500 fortunati che hanno potuto prendere il via all’edizione 2023 della Gran Fondo Strade Bianche, che in pochi anni è costantemente cresciuta nel numero dei partecipanti fino ad obbligare RCS a fissare un tetto massimo che anche quest’anno è stato raggiunto velocemente.
Quindi eccoci anche noi schierati in Griglia di buon mattino, in attesa di poter affrontare gli sterrati senesi. Pronti via e, complice la partenza in discesa, si parte a blocco, full gas e menare come si dice in gergo. E sarà così fino al bivio fra i due percorsi, Medio fondo e Gran fondo.
Le gambe rispondono tutto sommato bene e il primo ristoro lo vediamo di sfuggita incollati alla ruota di chi ci precede.
Anche i primi tratti sterrati vengono affrontati a tutta, come se stessimo correndo la gara dei professionisti del giorno prima.
C’è da dire che partire in seconda griglia ti dà il vantaggio, niente affatto indifferente nell’economia di una gran fondo, di trovare sempre una ruota buona cui agganciarti nei tratti di pianura, anche affrontando al risparmio le prime salite.
Con i primi sterrati inizia la giostra delle forature, specialmente da parte di chi usa la camera d’aria. Ma, come dice il detto, la fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo.
E in un tratto di sterrato neanche particolarmente impegnativo, un concorrente non particolarmente a suo agio con la guida mi taglia improvvisamente la strada e, per non buttarlo a terra, sono costretto a passare sopra un tratto di pietre appuntite.
Ai 35/40 Km/h neanche i tubless, dotazione che io reputo la migliore per robustezza, scorrevolezza e comfort, non possono fare i miracoli e foro in due punti.
E qui emergono le problematiche e le contraddizioni che, probabilmente, stanno mettendo in difficoltà il mondo delle granfondo; problematiche che la perfetta combinazione data da gara dei professionisti/gran fondo/panorama/percorso e una delle migliori organizzazioni in Italia, mascherano nel caso della Gran Fondo Strade Bianche, ma che emergono prepotentemente una volta che ci si trova in difficoltà.
In cinque minuti riesco a riparare i fori sul copertone ma, avendo dimenticato le bombolette di Co2, devo fare affidamento sul servizio tecnico o su qualche anima pia per rigonfiare la ruota e ripartire. Morale della favola: passano più di 30 minuti prima che qualcuno, impietosito dai miei richiami, si fermi ad aiutarmi. Nel mentre passano sia l’auto di fine corsa che quella di fine manifestazione.
Da qui, per me, comincia una nuova corsa, in cui si pedala con traffico aperto, ma con centinaia di altre bici sulla strada. La bellezza del paesaggio e del percorso non mi fanno certo fanno rimpiangere più di tanto il tempo perso, ma mi danno la possibilità di riflettere sulle granfondo in generale e sul calo di consensi che, questo evento a parte, la formula sta registrando.
Ad una granfondo, complici anche i limiti di chiusura strade fissati dai prefetti, per stare nell’intervallo di copertura bisogna nell’ordine: andare forte dall’inizio alla fine, non avere alcun problema meccanico, saltare a pie’ pari i ristori, con, al limite, una sosta rabbocco volante delle borracce.
Questo significa però che centinaia di persone si ritroveranno sistematicamente fuori copertura, ma ammassate sulle strade con il traffico riaperto con tutti i rischi annessi e connessi. Ecco che ne emerge una spiegazione abbastanza plausibile della crisi delle gran fondo classiche.
La Gran Fondo Strade Bianche alla fine si svolge in un territorio con un traffico veicolare ridotto e, nei tratti sterrati, quasi nullo.
Poi, la possibilità di arrivare il venerdì sera, godersi le gare dei professionisti e delle professioniste il sabato e correre la domenica su questi percorsi mozzafiato permette a questa manifestazione di incassare i numeri record che anche questa edizione ha giustamente registrato.
Ma le gran fondo classiche, Maratona delle Dolomiti e poche altre escluse, non godono di tale fortuna.
Il pubblico dei grandi numeri, quello che si iscrive per passare un weekend sulla bici, si sta probabilmente stancando del costo di manifestazione che ti lasciano, volenti o dolenti, in balia del traffico nel momento in cui non riesci a rimanere nell’intervallo di copertura, e preferisce eventi più economici, ma più legati alla scoperta del territorio e in cui il doversi fermare per una foto o per una foratura non pregiudichi la tua partecipazione e il tuo godere dell’evento.
Sarà sempre più così o le granfondo torneranno in auge? Vedremo.
Certo, alla fine, nonostante la foratura e qualche altro imprevisto meccanico che mi ha rallentato nella parte centrale del percorso e mi ha, ovviamente, presentato il conto alla fine, ho concluso la mia giornata con poco più di 6 ore pedalate effettive e circa 7 ore dalla partenza all’arrivo. Ma affrontare Santa Caterina e sbucare a Piazza del Campo, ragazzi, non ha prezzo.
Quindi, che siate ciclisti da full gas o da passeggiata, almeno una volta nella vita la Gran Fondo Strade Bianche merita comunque di essere corsa, anche se, ve lo posso assicurare, crea dipendenza.
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