Un quadro piuttosto chiaro quello che viene fuori dai commenti sul nostro articolo che fa il punto, assieme a Gianluca Santilli, della situazione delle Granfondo italiane.
La critica principale che abbiamo registrato è un malcontento diffuso sull’aumento dei costi di iscrizione.
Spesso non si tratta neanche di aumenti eccessivi, ma l’utente si sente un po’ preso per il collo e partecipare a una granfondo diventa sempre più impegnativo.
La spesa maggiore rimane la logistica: una granfondo, il più delle volte, significa una trasferta, con costi di pernottamento, viaggio e tutto quel che ne consegue.
E cosa si ha in cambio?
Altro punto dolente è questo. Tanti lettori hanno commentato sul trovarsi, comunque, a pedalare ben presto su strade col traffico aperto perché i primi, troppo forti rispetto alla media, sono fuggiti via. Chiedersi se ne valga la pena diventa ovvio. “Se devo pedalare come pedalo tutti i giorni, chi me lo fa fare?” si chiede più di qualcuno. “Così diventa solo una costosa scampagnata” fanno eco altri.
D’altra parte chi gestisce eventi con grandi numeri deve affrontare una complessità organizzativa che diventa inevitabilmente onerosa. Per una granfondo, ormai, si lavora tutto l’anno e gli eventi più importanti hanno dietro società create appositamente per organizzare tutto, nei tempi giusti.
Quelli fortissimi
C’è poco da fare, il confronto con i granfondisti più forti rischia di diventare frustrante. Se non lo è dal punto di vista fisico (dopotutto cosa vuoi dire a uno che ha tempo per allenarsi e il “motore” giusto?) lo diventa per quello pratico. Le granfondo si svolgono in regime di strade chiuse al traffico ma, inevitabilmente, queste devono essere riparte dopo un certo tempo dal passaggio dei primi. La differenza di passo spesso è tale che trovarsi a mezz’ora dal primo è cosa rapida. Tanto più se si è già partiti con grande distacco a causa della quantità di partecipanti.
Vale la pena, allora, spendere tanto per ritrovarsi presto da soli e in mezzo al traffico della domenica?
«Perché devo pagare tanto per garantire sicurezza solo ai primi?» si chiedono in tanti. E non si tratta solo di ciclisti che pedalano a venti all’ora.
Questo, ovviamente, al netto di altre considerazioni relative all’approccio troppo professionistico di chi si gioca la vittoria nelle granfondo. Un paradosso che spesso degenera in forzature di assistenze non autorizzate, ma tollerate, ed esaltazioni che riguarderebbero altre categorie e forse manco quelle.
Anche dare troppa attenzione ai primi inizia (finalmente) ad apparire come una forzatura alla maggioranza.
Cambiare formula?
Probabilmente non servono nemmeno idee nuove, basta guardarsi intorno e lo abbiamo già scritto anche su queste pagine. Le formule ibride adottate in eventi esteri sono apprezzate da migliaia di partecipanti e riescono a mettere d’accordo anche i problemi di circolazione che riguardano le manifestazioni che si svolgono in zone normalmente trafficate. Non a tutti, però, piacerebbe avere solo alcuni tratti agonistici a dispetto di altri da fare ad andatura controllata e magari fermandosi per far defluire ciclicamente il traffico nei punti più congestionati.
Pronti via e a sfidarsi dalla partenza al traguardo. Spesso abbiamo visto molti “soffrire” nei tratti turistici imposti dall’organizzazione dove si freme per partire più forte possibile da subito. Roba che non fanno neanche i professionisti che si cercano di imitare.
Ecco, della mentalità di molti granfondisti abbiamo già detto, come pure delle categorie agonistiche a disposizione con chi voglia misurarsi davvero col meglio senza accontentarsi di imitazioni. Ma anche di chi si trova a essere in qualche modo finanziato da chi trova evidentemente vantaggioso avere un cicloamatore che primeggia tra i suoi (non) simili.
Però l’idea di cambiare formula sembra quella più allettante per molti. Alcuni eventi iniziano anche a mettere dei percorsi più corti e dedicati proprio a chi vuole godersi un’andatura turistica, altri stanno ragionando su un percorso senza classifica, ma con tratti agonistici, che determinano chi potrà partecipare a un percorso finale, questo sì controllato e chiuso e puramente agonistico.
Le idee, insomma, non mancano ma la cosa peggiore che si possa fare in questo momento è ignorare i segnali di allarme che ci sono. Certo, va anche considerato il periodo di aumenti generalizzati dei costi ed è pure fisiologico che ci sia un calo di partecipazione a eventi che comunque comportano parecchie spese di contorno.
Ma proprio questa maggiore attenzione nello spendere sta mettendo in risalto un calo di iscritti che non può essere ignorato, soprattutto dai più grandi. Pensare che possa essere solo una conseguenza di restrizioni e problematiche conseguenti il periodo pandemico rischia di essere un errore gravissimo.
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