Alla luce dei fatti e della pratica il cambio meccanico così come lo conosciamo si è, fino ad ora, rivelato il più efficace in termini di affidabilità e leggerezza. C’è però chi si ingegna per trovare soluzioni nuove e magari completamente differenti. Ecco alcuni risultati. Il cambio elettronico
L’idea che il funzionamento del cambio della bicicletta potesse essere diverso dai soli principi meccanici si è fatto largo con l’evoluzione dell’elettronica.
Nel 1993 la francese Mavic ha immesso sul mercato un modello di cambio elettronico. chiamato Zms, per funzionare traeva energia da una minuscola dinamo posta all’interno della rotellina superiore del bilanciere. La versione definitiva chiamata Zap 8000 andò sul mercato l’anno successivo. Il risultato fu abbastanza deludente quando vennero fuori tutti i limiti di tenuta di questo sistema.
Nel 1999 sempre la Mavic presentò il cambio Mektronic. L’alimentazione stavolta era assicurata da una batteria con durata dichiarata di 30.000 chilometri. Il funzionamento avveniva senza fili e il cuore del sistema era rappresentato dal sofisticato ciclocomputer che raccoglieva gli impulsi trasmessi dai pulsanti fissati in diverse posizioni sul manubrio e sulle leve e li trasmetteva con un sistema radio codificato al cambio posteriore. Il peso del cambio di 255 grammi rendeva interessante la proposta anche per i puristi del peso. Anche questa proposta, tuttavia, è rimasta in sospeso. Il sistema funzionava perfettamente ma la Mavic non è riuscita a garantire uno standard di funzionamento che rendesse conveniente l’immissione sul mercato.
I cambi elettronici
Ci hanno pensato i grandi marchi della componentistica, poi, a immettere sul mercato i cambi elettronici che, attualmente, sono diventati lo standard per i corridori professionisti e, pian piano, arrivando sempre di più anche sul mercato dove la questione è soprattutto di prezzo, visto che il loro costo è, a parità di livello, superiore al cambio meccanico. I due standard, comunque, procedono affiancati.
Dal 2017 si registra l’arrivo anche di FSA nella sfida della componentistica elettronica. Dopo Shimano, Campagnolo e Sram (che ha proposto un sistema senza fili), quello di FSA si propone come un sistema misto.
Fine?
No, perché nel tempo si sono sperimentati anche altri sistemi di azionamento del cambio. Shimano aveva proposto un sistema ad aria compressa, poi abbandonato. Interessante anche la soluzione inventata dalla spagnola Rotor: il sistema è cablato e a funzionamento idraulico. Si tratta di un lavoro fatto assieme ad un marchio esperto di freni a disco, la Magura, che risulta molto preciso e, a differenza dei sistemi elettronici, non ha batterie che si possano scaricare.
Il cambio dentro al mozzo
Si tratta di un sistema completamente diverso al concetto “standard” di cambio di velocità. La proposta è della tedesca Rohloff http://www.rohloff.de/ prevede un mozzo posteriore di grandi dimensioni. Il sistema di ingranaggi presente all’interno è comandato dal manubrio con un cavo metallico e sono disponibili ben quattordici rapporti differenti col vantaggio di avere a disposizione tutta la scala in sequenza senza dover agire anche sul deragliatore anteriore (che quindi non è più necessario). Viste le dimensioni ma soprattutto il peso questo sistema è indicato per bici da trekking o mountain bike e downhill.
Storico, ma val la pena nominarlo in questa sede, è il cambio Sturmey-Archer disponibile tuttora in versione da 3, 5 e otto velocità (si veda qui)