21 nov 2020 – Cassani difende il ciclismo Italiano, spesso contestato sui social, soprattutto da un agguerrito Mario Cipollini che lo descrive come un “ciclismo da quarto mondo”. E lo difende con i dati, come dice lui stesso. Cioè con i numeri – ottimi – di medaglie ottenute in pista; di vittorie italiane nel World Tour; con il titolo europeo di Nizzolo e l’iride di Ganna. Però.
Però c’è un dato pesante come un macigno che trascura: zero squadre italiane nel World Tour. E prende come esempio la Francia, a suo dire peggio di noi. Mai esempio più sbagliato. Se i Francesi hanno vissuto anni di buio dopo i Fignon, Mottet, Brochard e Leblanc del periodo pre-scandalo Festina, ora stanno vivendo un momento magico con almeno 3 – 4 atleti nella parte alta delle classifiche nelle corse a tappe e il super fenomeno Alaphilippe.
Francesi come esempio?
Come sono arrivati così in alto? Proprio con grandi squadre e organizzazione gare, che portano popolarità al ciclismo nelle categorie giovanili e nella cultura della bicicletta in generale, proprio le categorie giovanili che in Italia piangono.
Riportiamo un altro dato. Nel 2012 nelle statistiche annuali Coni la Federciclismo riportava 3609 squadre contro le 3052 affiliate nel 2019 (prima del Covid), dato riportato sul sito FCI. Le squadre muoiono per mancanza di sponsor ma anche per mancanza di ragazzi. I genitori non mandano i propri figli “a ciclismo”, perché ritenuto sport pericoloso.
La colpa è della mancanza di cultura della bicicletta. Se paesi piccoli come l’Olanda o il Belgio hanno continuamente campioni fra i primi nelle classiche o nelle grandi corse a tappe è perché hanno una cultura radicata della bicicletta come sport e come mezzo di trasporto. Quest’anno con il Covid in Italia abbiamo avuto gli incentivi per l’acquisto di biciclette. Forse questi soldi sarebbero potuti essere usati per costruire piste ciclabili. E non abbiamo sentito nessuno spingere sull’uso della bici come mezzo di trasporto, pubblicizzarlo come dovuto, incentivarlo per il tragitto casa lavoro o casa scuola (se n’è parlato un po’ in primavera, poi basta). Questo perché a partire da Cassani le statistiche si basano sui numeri dei successi nelle competizioni.
Basi forti
Il problema è che i successi arrivano quando ci sono sotto basi forti. Le nostre basi si sono sgretolate col tempo. Pochi usano la bici per recarsi al lavoro, quasi nessuno per andare a scuola. Ergo manca la cultura della bici. Questo rende più difficile trovare sponsor, e infatti le grandi squadre non ci sono più.
Cipollini esagera in questo momento a dire che il ciclismo Italiano è il quarto mondo. Ma lo diventerà presto, perché abbiamo preso questa direzione e nessuno sta lavorando per invertire la rotta, adagiati come siamo sulle medaglie e le vittorie dei campioni, che però, come dice la parola stessa, sono gente fuori dal comune e non rappresentano un movimento. Ricordiamo che noi siamo la nazione che ha dominato il ciclismo per decenni, ed è vero che ora parliamo di uno sport molto più globalizzato e dove è difficile prevalere, ma sicuramente l’Italia ha perso il suo ruolo di faro in questo sport.
Stefano Boggia (https://www.daccordicycles.com/it/)