Se pensate che sia di un’azienda italiana il primo freno a disco pensato per una bici stradistica ecco delle foto esclusive che vi faranno cambiare idea. In effetti eravamo a Eurobike 2012 quando infatti Colnago presentò al pubblico la sua C59 equipaggiata con un set completo di freni idraulici realizzati dalla emiliana Formula. Da quel giorno a quando effettivamente i freni a disco per le bici da asfalto hanno conquistato i favori e la fiducia degli stradisti di tempo ne è passato davvero tanto, e a dire il vero nel “popolo” dei road biker ancora ci sono molte resistenze sul sistema, visto che ancora molti favori riscuote lo standard del “rim brake”.
In realtà queste foto esclusive documento di produttori che in quello standard avevano creduto anche molto prima (ed effettivamente sono le stesse che circa quaranta anni dopo hanno investito di più in questo sistema frenante per le bici da asfalto): l’azienda sotto i riflettori è una certa Shimano, che nei primi anni settanta realizzò il primo esemplare di sistema frenante “ pinza-rotore” che vedete in queste foto.
Il sistema era destinato in particolare alle bici da commuting e in genere a tutte le bici che potevano essere convertite a questo standard frenante attraverso l’uso di un mozzo dedicato, con filettatura adatta ad accogliere il rotore (in pratica era l’antesignano del moderno standard di fissaggio Center Lock o International Standard). Si trattava insomma di un kit di retrofitting, utilizzabile semplicemente togliendo i freni caliper e mantenendo le leve freno tradizionali.
In acciaio inox
I due rotori sono realizzati in acciaio inossidabile e sviluppano un diametro di ben 200 millimetri (lo stesso che ad oggi è utilizzato sulle mtb da free ride o downhill… ). Il peso? Non lo abbiamo potuto rilevare, ma “a naso” eravamo ampiamente oltre il chilo (per ogni insieme “pinza + rotore”… ). Si tratta di un sistema frenante a disco con attuazione meccanica e non idraulica, per carità, ma comunque in possesso di tutta la tecnologia e le caratteristiche che all’epoca convinsero qualche tecnico giapponese di Shimano che quell’articolo potesse essere pronto per la commercializzazione. Non era così: «Di quei freni a disco ne furono prodotti solo sessanta esemplari»: ci ha spiegato l’olandese Bert Van Dik, che oltre ad essere responsabile vendite della azienda di pattini e pastiglie Kool-Stop è anche un appassionato di ciclismo “vintage” ed ha trovato questo rarissimo cimelio nel garage di un privato.
Sui rotori provvisti di feritoie e fori di aerazione agivano due pinze con corpo in acciaio, che a loro volta alloggiavano due pastiglie regolabili attraverso una ghiera manuale posta esternamente. Il fissaggio delle pinze al telaio? Direttamente attraverso i drop out posteriori o i forcellini anteriori…
Mai in commercio
Quei freni in realtà non furono mai commercializzati, perché i pochi esemplari prodotti registrarono un flop nelle vendite.
Tra le altre cose si legge però sul libretto istruzioni: «Il freno a disco è una garanzia di sicurezza su tutte le strade e tutte le condizioni climatiche. Azione frenante fluida. La tua bici si arresta in maniera fluida, senza alcuno shock durante la frenata. Resistenti e durevoli. Le pastiglie progettate appositamente per questi freni a disco sopportano anche un’applicazione di frenata continua sulle lunghe discese».
In fondo, le caratteristiche dei supertecnologici freni a disco odierni sono le medesime. Ma eravamo nel 1974…
Maurizio Coccia
sarebbe bene ricordare che la prima casa per componenti bici a costruire freni a disco di serie e commercializzare fu la campagnolo, nel 1963 sulla lambretta 125 e nel 1966 fu la prima al mondo ad entrare nel mondo delle corse di moto, attraverso la Suzuki 500. E’ vero non si tratta sei bici ma in fatto di freni a disco l’esperienza di campagnolo è di gran lunga più vecchia e consistente nei fatti rispetto a Shimano.
Per non parlare dei primi freni idraulici anche se non a disco montati sulla Colnago Ferrari 1987. Il tentativo di Shimano era un puro esercizio di capacità costruttiva che non avrebbe trovato riscontro nella realtà a causa dell’eccessivo peso nell’utilizzo di tale componente nel mondo delle corse, Senza nulla togliere a Shimano ma non togliamo meriti ai produttori italiani
Si, ma…
Quanti impianti a disco hai visto montati su lambretta e vespa?
Anche questo sembra più che altro un “esercizio di stile” piuttosto che un progetto industriale di ampio respiro.
W l’ingegno italiano, ma non mistifichuami i fatti!
Io ho una bici sempre di quell’epoca e monta freno a disco posteriore brigestone! Stupenda!!!
Ciao Alberto, sarebbe bello se Guido Rubino potesse pubblicare qui sul sito una foto…
Guido, redazione… Si può fare?