Il settantacinque – ma nel caso degli atleti di grossa statura anche l’ottanta per cento – dell’incidenza aerodinamica del ciclista che avanza nell’aria è rappresentata dal corpo del corridore; e il 15, 20 per cento restante dalla bicicletta.
Tutto questo i cronoman lo sanno bene; ed è per questo che da qualche anno la “sfida” tra le Case costruttrici che vestono i big team del professionismo si gioca anche sul vestiario utilizzato in gara. Il cronoprologo di Copenaghen ovviamente non fa eccezione, proprio quello in cui a dare più nell’occhio è stata una nuova generazione di caschi da velocità con una forma piuttosto schiacciata rispetto a quella che eravamo siamo stati abituati a vedere nelle ultime stagioni (qui i caschi utilizzati dalla Quick Step, sebbene la scelta di Lampaert sia stata più “classica).
i caschi gialli a disposizione di Lampaert
A parte la testa, la superficie più esposta all’aria ovviamente è rappresentata dal corpo, protetto da body sempre più aderenti e fascianti. A Copenaghen questi ultimi erano tutti ancora una volta con maniche lunghe: questo non certo per proteggersi dall’acqua, ma perché quei tessuti garantiscono una migliore penetrazione aerodinamica rispetto a quel che potrebbe fare la nuda pelle (ancorché depilata).
Nel caso del più veloce di tutti Lampaert, ad esempio, il body utilizzato sotto la pioggia della capitale danese era lo stesso che la Quick Step-Alpha Vynil adotta per le cronometro “asciutte”. Si tratta di un capo che ha solo piccole differenze rispetto al modello che si trova in commercio. Questo sempre in osservanza di quel regolamento UCI che vuole che tutti i materiali usati dai prof in gara siano correntemente (o al massimo con un periodo di prova di sei mesi) sul mercato: «Il body di Lampaert è esattamente uguale al modello che abbiamo sviluppato per Ganna lo scorso anno – ci spiega Andre Peron, che per il marchio italiano Castelli di occupa di gestire i rapporti con il team sponsorizzati -. Lampaert lo ha utilizzato in abbinamento al Bolero, che è una specie di maglia intima che si mette sotto il body, e che ha un tessuto a struttura con delle linee più rialzate per offrire un risultato aerodinamico migliore soprattutto nella parte delle braccia e spalle». Queste ultime sono non a caso le zone più direttamente e prima raggiunte dall’aria provienente frontalmente. «Tutti i corridori Quick step che nel prologo puntavano al risultato hanno vestito come Lampaert»: puntualizza Peron.
Lo hanno fatto per guadagnare, chissà, qualche decimo (o millesimo?) di secondo, ma è quel che può bastare per costruire uno dei tanti “marginal gain” la cui somma può essere sempre pil determinante nel ciclismo superlivellato e superspecialistico dei nostri giorni.
2 lug 2022 – Riproduzione riservata – Redazione Cyclinside