Social e sociale, la differenza di una lettera è una differenza di concetto. E anche di valori. Farebbe sorridere, poi si osserva nel dettaglio e le idee cambiano.
Si tratta di una statistica personale, non chiedetemi numeri di riferimento perché non saprei citarveli. Ma vi assicuro che sono abbastanza. Se avete dubbi, basta andare su qualsiasi social che fa capo a un quotidiano e cercare notizie di incidenti. Osservando i commenti la scala dei valori è press’a poco questa (in ordine di importanza):
- Gatti
- Cani
- Animali in generale
- Automobilisti
- Motociclisti
- Pedoni
- Ciclisti
Valori che rispecchiano l’importanza data alla vita e in cui l’uomo, per controtendenza e un po’ di snobismo non è al primo posto. C’è un senso in questo: gli animali si comportano per istinto, gli esseri umani li giudichiamo.
Nell’incidente tra un cane e un motociclista, il cane ha avuto la peggio. Il motociclista s’è fatto male, ma a leggere i commenti al motociclista sta quasi bene quel che è capitato. Anzi, dovrebbe soffrire di più visto che ha ucciso un cane. C’è un giudizio preconfezionato che esula dalla reale colpevolezza. Quella è secondaria. Qualcuno accenna alla responsabilità del padrone del cane, al più. Ma il motociclista ha ucciso il cane e nella velocità della fruizione della notizia si confondono facilità con semplicità. Se le notizie sono facili da raggiungere non è detto che siano semplici. E, badate bene, siamo in un ambito molto “basso”, quello di un incidente stradale, dove si scrive senza preoccuparsi troppo di come siano andate veramente le cose (quindi della complessità della notizia).
Senza neanche pensare che a essere coinvolti in un incidente potremmo essere noi stessi e non sarebbe bello trovarsi giudicati a priori. Ma qui si va già a complicare il ragionamento, meglio la semplicità e magari qualcuno che ci dia ragione, legittimandoci.
Il gioco è fatto.
Andiamo avanti.
Nell’incidente che coinvolge automobilisti e motociclisti si assume che il motociclista guidasse in maniera spericolata. Quindi dagli addosso al motociclista (ancora più colpevole se è a bordo di uno scooter). Commenti talmente immediati e facili da non dargli più peso. Il motociclista diventa forte quando si scontra con un pedone. In quel caso la spericolatezza del motociclista è battuta dal giudizio generale e condiviso sull’avventatezza del pedone che certamente non avrà guardato.
A meno che non ci fosse in ballo un ciclista.
Nella piramide delle responsabilità social il ciclista è alla base.
Il ciclista è alla base della piramide social. È quello che sostiene tutto il carico, anzi: lo scarico di responsabilità. Sul ciclista, spesso, ci sono accanimento e una certa perversione: diventa colpevole anche quando è evidentemente vittima.
Il ciclista, in quanto tale, porta con sé il peccato originale di essere in bicicletta. Non avere targa né l’obbligo di pagare tassa di circolazione e bollo lo fa automaticamente abusivo della strada, ha già torto così. Se si comporta male è un’aggravante intollerabile e va punito, nel migliore dei casi va contenuto (perché non pedalano sulle ciclabili?). E infatti non ci si scandalizza più di tanto verso chi minaccia di puntare direttamente chi si trova su due ruote. Se non siete convinti della differenza provate a minacciare un animale qualisasi.
Masse che si infoltiscono dandosi ragione, giustizia a furor di popolo che non ha neanche la scusa della statistica: se guardiamo le cronache, quando un ciclista è vittima di un incidente, nella maggior parte dei casi, non era lui a infrangere il Codice della Strada. E non siamo più nell’ambito della statistica personale.
Ecco, basterebbe ripartire da qui quando si pensa a provvedimenti di sicurezza studiati con aumento degli obblighi solo per i ciclisti.
Perché il legislatore, vogliamo sperare, non si basa sui social. Altrimenti rischia di salvare il ladrone ancora una volta.
I monopattini hanno messo tutti d’accordo
Monopattini (e un po’ le e-bike) hanno messo tutti d’accordo: mezzi da abolire e utenti colpevoli solo per averli pensati. Il monopattino è più di un pedone e meno di una bicicletta, vien da sé che non abbia luogo per esistere. Non se ne sa il dove e non se ne capisce il come. Perché chi sale su un monopattino spesso pensa di essere in bicicletta. E rischia di farsi male perché i dinamismi sono diversi. Chi ci prova e non ci riesce, percependone i limiti e spesso rinunciando bollandoli come pericolosi e da abolire. Amen
Che poi un senso lo avrebbero pure. Ma c’è anche la colpevolezza di chi li fa circolare senza preoccuparsi di educare a un oggetto nuovo. Non è un cercare colpevoli ma una presa di coscienza.