di Guido P. Rubino
Le colline del Tour de France di queste prime tappe sono le colline della sua storia. O meglio, di quell’altalena che porta la corsa a tappe più importante del mondo a confrontarsi con il suo racconto, cultura e tecnologia che si alternano a ricordarci cos’era il ciclismo e a parlarci di cosa sarà la bicicletta. Curioso vincitore con i copertoncini al posto dei tubolari ancora preferiti dai più, scelte tecniche diverse a dire che la bicicletta è ancora molto da scoprire.
Il gesto di MVDP
Ieri, nella confusione di un arrivo rocambolesco, fatto dello spettacolo dello scatto di Alaphilippe tra i sopravvissuti dei disastri di giornata, è passato in secondo piano il gesto di Mathieu van der Poel che, partito con la maglia che celebrava il nonno (e con tanto di concessione dell’UCI che ha ammesso quella variazione sul tema senza imporre multe), si è trovato senza gambe quando avrebbe voluto averne di più. E non ha potuto farci niente, se non uno scatto tardivo e moscio mentre il francesino si involava in alto verso il traguardo, vestito di un iride che avrebbe lasciato posto al giallo.
Van der Poel ha tagliato il traguardo e si è accasciato sulla bicicletta appena affianco al collega vincitore. Uno celebrato, l’altro ignorato da tutti a mezzo metro di distanza. Riassunto impietoso del ciclismo.
Almeno finché non è arrivato un massaggiatore a consolarlo. Dai Mathieu, tuo nonno è sempre stato un tipo paziente, lo sarà anche stavolta.
Vita da meccanici
Intanto sul traguardo venivano rovesciati i cocci di una corsa andata al disastro in due occasioni. Quante biciclette saranno rimaste intatte a fine giornata? Tra ossa rotte e pelli lacerate da rimettere insieme al più presto, almeno per chi riparte, ci sono state biciclette arrivate al traguardo monche, storte, abbandonate e doloranti. Volate in mezzo al pubblico miracolosamente indenne, strappate e da aggiustare, gettate in uno sfasciacarrozze impietoso che mette insieme tutto senza rispetto.
Vita da meccanici. Quelli del Tour oggi sono i meno invidiati. A lavorare fino a tardi e primi a svegliarsi nel loro lavoro acrobatico fatto di contorsionismi fuori dai finestrini delle ammiraglie e negli orari di un sonno che non c’è, non trova spazio nel daffare giornaliero della corsa a tappe.
Non parlate ai meccanici come al conducente di un autobus. Se lì è regola qui è prudenza. I meccanici, al Tour sono abbastanza nervosi. Solo che questo consiglio, in genere, si dava all’ultima settimana, non alla prima giornata di una corsa che è girata male.
Bollettini di guerra nei comunicati delle squadre: sette corridori caduti su otto, telai da sostituire, manubri da buttare, da fasciare di nuovo come le ferite sulla pelle. I meccanici ascoltano i dolori delle bici come i massaggiatori quelli dei ciclisti. Cambiano solo i metodi: non si aggiusta più e si sostituisce. Con i ciclisti, invece, c’è da aggiustare già. Dolori che passeranno pedalando.
La sala macchie della corsa è a tutta. La nave del Tour de France è già in mare aperto anche se qualcuno sperava di navigare sotto costa, almeno nei primi giorni.
27 giu 2021 – Riproduzione riservata – Cyclinside