27 ott 2020 – Continuano le polemiche sulle scelte dei commentatori del ciclismo in casa Rai. Se l’intento era certamente encomiabile: creare un team di commentatori da alternare e, in questa stagione di gare coincidenti, anche da sovrapporre, i risultati sono stati spesso discutibili e il pubblico non ha mancato di sottolineare la cosa.
Così, mentre l’esperto e apprezzato Francesco Pancani ha fatto le valigie per le Classiche del Nord, al Giro d’Italia è stato mandato Andrea De Luca. Il primo è stato affiancato da un’inedita (nel ciclismo maschile) Giada Borgato che ha mostrato piena padronanza della situazione e competenza anche storica, oltre che spigliatezza e proprietà di linguaggio (mica scontata in un’ex ciclista).
Il Giro d’Italia, invece, ha visto l’esordio al microfono di Gianni Bugno come commentatore tecnico e la coppia con De Luca non è stata in grado di trascinare il racconto. E non è solo questione di abituarsi a una nuova voce o trovare l’affiatamento tra i due commentatori.
Le perle di De Luca
Andrea De Luca è un giornalista che pedala e conosce la strada e anche la fatica. Questo, purtroppo, non lo ha messo al riparo da qualche scivolata di troppo. Sarà stata la fretta, l’emozione di avere al fianco un campione del mondo in difficoltà per cui si sentiva l’urgenza di un gregario, ma troppe volte ne ha infilate di imbarazzanti. Dall'”asfaltizzazione” delle strade ai “corridori che si trasferiscono a Montecarlo per il clima favorevole” (in realtà ci sarebbero dei motivi economici che noni possono ignorare). Ma anche perle del tipo che “in discesa non ci si può fermare perché fa freddo” commentando Narvaez che non ha aspettato Padun volando verso la vittoria di Cesenatico e così via in frasi troppo spesso fatte e un po’ ingenue.
De Luca, però, si è fatto perdonare – e ha fatto il giornalista vero recuperando molto terreno perduto – quando ha incalzato Bugno nel giorno dello sciopero e senza concedere nulla al compagno di banco, situazione certo non facile, in diretta.
Rai, abbiamo un problema
Mentre De Luca era solito indugiare troppo su panorami e monumenti, Bugno esprimeva concetti in maniera criptica, spesso mangiandosi le parole e lasciando nel dubbio di cosa volesse dire. Troppe volte i due commentatori si perdevano nei loro discorsi trascurando quel che avveniva davanti al monitor (a volte recuperando goffamente) col risultato di creare confusione nei telespettatori che non capivano come stessero svolgendosi le cose in corsa.
Anche i tempi della Rai, spesso, non aiutavano. Perché mettere la descrizione del percorso o della salita finale proprio nel momento caldo della corsa? Quello è il momento di far vedere la corsa e basta e raccontarla. Se i corridori stanno affrontando una salita basta descriverla commentando le immagini di gara. Non ha senso staccare su Marco Saligari che l’ha pedalata fuori corsa se non per far vedere la bicicletta del marchio giusto e indugiare su quello dell’auto che lo accompagnava. Va bene la ragione economica, ma si sarebbe potuto fare con più eleganza, diciamo così.
Per fortuna spesso veniva in aiuto Stefano Rizzato dalla moto. Insieme a Marco Saligari ci dava la descrizione della corsa direttamente dalla strada riuscendo, in più occasioni, a rimettere le cose a posto. Saligari preciso, entusiasta e con l’occhio attento del tecnico ha saputo spiegare bene le sensazioni e i momenti cruciali. Rizzato si è dimostrato, ancora una volta, un fuoriclasse. Spesso, e direttamente dalla moto, ha preso in mano la telecronaca rimettendo tutto a posto. E nelle interviste del dopo tappa è riuscito ad aggiungere sempre qualcosa di più con domande intelligenti e precise e nei tempi giusti. Davvero ottimo. Così come preciso e professionale è stato Ettore Giovannelli. Conoscere bene le lingue non è solo una dote utile nel curriculum.
Tanti altri e tanti dubbi
Tantissimi a raccontare il Giro d’Italia della Rai, dalle comparse ai protagonisti. Possono piacere o meno, ma il lavoro fatto dagli ex corridori non è stato affatto male. Bell’esordio per Damiano Cunego, così come si è fatto apprezzare Daniele Bennati. Anche Garzelli ci è parso migliorato nel suo ruolo affianco a una Alessandra De Stefano graffiante e che, tutto sommato, ci piace tornata a dirigere il Processo alla Tappa. Le critiche nei suoi confronti sono di essere troppo “buona” con i corridori e forse li provoca poco, ha recuperato tutto nel giorno dell’ammutinamento dove ha disintegrato l’inconsistenza di chi parlava a nome dei corridori.
In ultimo e agli opposti, mettiamo Fabio Genovesi e Luigi Sgarbozza.
Il primo è il lato culturale del Giro che è servito a raccontare l’Italia anche ai non appassionati di ciclismo. Non dimentichiamo che il Giro, in televisione, è promozione del Paese. Genovesi ha aggiustato il tiro e non ha strabordato inserendo aneddoti e racconti nella storia della corsa. Sgarbozza è stato un ritorno difficile da spiegare. Da ex corridore ha anche delle idee. Ma la sensazione che fosse messo lì per essere preso in giro per la sua difficoltà di linguaggio trasformandolo in una macchietta da chi lo affiancava è forte. Il suo ruolo, alla fine, diventava ridicolo e grottesco, sminuendo quel che di buono poteva fare. Davvero c’è bisogno di un teatro del genere? Il ciclismo moderno è altro, perché tirarlo in basso?
Diverse cose da rivedere, insomma, compreso il ruolo di Gianni Bugno in evidente imbarazzo nel cercare di difendere i corridori a tutti i costi (ma perché poi? Un sindacalista deve fare il bene dei suoi assistiti anche bacchettandoli quando serve, non spalmandosi sui loro capricci) e fare il telecronista Rai. La sensazione è che, soprattutto in quell’occasione, si sia giocato male le carte (ripreso più volte, e giustamente, anche da De Luca) e difficilmente lo sentiremo ancora in telecronaca. In effetti i suoi interventi spot, magari dall’elicottero che guidava personalmente, erano di altro livello. E Bugno stesso, merita di più.
A compensare, a contorno di tutto, gli interventi di Marco Pastonesi, un fuoriclasse che andrebbe coinvolto di più probabilmente.
Ai margini, fuori dalla telecronaca, ma pur sempre in Rai, l’impegno radiofonico di Massimo Ghirotto e Silvio Martinello. Descrivere il ciclismo in radio è esercizio d’altri tempi e il loro impegno è stato molto apprezzato dal pubblico.
Meriti Rai
Se diciamo i difetti, però, vanno detti anche i meriti. Lo sforzo enorme per le dirette c’è stato (e non è poco riempire due reti quando ci sono anche le classiche in contemporanea e di questo sforzo va dato atto ad Auro Bulbarelli ma anche ad Alessandro Fabretti per il coordinamento delle squadre di lavoro. Geniale anche l’apparizione degli ospiti in modalità “realtà aumentata” al Processo alla Tappa che ha permesso di “aggirare” i distanziamenti necessari con il virtuale. Così come va dato merito a Franco Bortuzzo che ha curato l’evolversi degli avvenimenti e gli interventi da fuori studio. Sforzi che hanno portato il ciclismo, e l’Italia, in giro per il mondo.
Guido P. Rubino
Molto meglio la coppia di Eurosport!
l’ho già scritto e mi ripeto. Martinello forever per la voce, radiofonica al massimo !, senza pause e tentennamenti e supportata da competenze … da campione del mondo. spiace non ci sia più Petacchi che a me piaceva moltissimo come commentatore. la De Stefano, purtroppo, ha una voce acuta e sgradevole che la penalizza anticipatamente.
io guardavo la telecronaca ma ascoltavo la, poca, radiocronaca.