Una vittoria di mestiere. È stata definita così più volte oggi, riferendosi all’ennesima affermazione di Pedersen al Giro. Ma cosa significa esattamente “di mestiere”? Cosa si intende con questa espressione?
È un termine che racchiude tante cose insieme, e forse lo capisce davvero solo chi è stato in gruppo. La vittoria di Pedersen è di grande mestiere prima di tutto per come si è lasciato sfilare sulla penultima salita, risparmiando anche quella piccola percentuale di energia che, alla fine, può fare la differenza tra vincere e perdere. Per fare questo, serve una consapevolezza totale delle proprie forze – e non parliamo solo di gestione del misuratore di potenza. Quando ti lasci sfilare così, perdi pochissimi watt, quasi impercettibili allo strumento. È più una sensazione: lasciare leggermente andare, restando però vigile.
Mestiere è anche sapere staccarsi nel momento critico senza perdere la testa. Perché se a due chilometri dall’arrivo ti ritrovi sfilato, mentre il gruppo è imbufalito – tra chi cerca la posizione per la volata, chi attacca, e chi prova a rimanere davanti per salvare la classifica – basta un attimo di distrazione e sei fuori. E invece Pedersen è rimasto ultra-concentrato. Lo superavano, ma lui non mollava nulla.
E poi, mentre i commentatori Rai lo davano ormai per spacciato, lui ha avuto la grinta per risalire, ritrovare la posizione giusta. Quella è la differenza del campione.
Quella differenza che non è riuscito a fare Zambanini, apparso in gara nettamente più forte, ma battuto. Pedersen, apparentemente finito, ha trovato la forza e l’intelligenza per rimontare ed essere al posto giusto nel momento giusto. Zambanini, nonostante gambe superiori, si è ritrovato a lanciare lo sprint da una posizione da perdente, dove non lotti più per la vittoria. Eppure, con la forza, ha strappato un secondo posto al fotofinish. Un piazzamento quasi miracoloso, considerando dov’era all’ultima curva.

Mestiere però è anche quello di Vacek: perde il capitano ma rimane al suo posto, chiude gli attacchi senza forzare, manda un messaggio chiaro – nessuno se ne andrà, perché io vi riprendo tutti – e aspetta il rientro di Pedersen. Appena il danese riappare, parte la trenata di Vacek. Una simbiosi perfetta con il suo capitano, ulteriore conferma che la Lidl-Trek è oggi la squadra tatticamente più lucida e intelligente, sia come gruppo, sia nei singoli interpreti.