20 nov 2020 – Il movimento per un ciclismo credibile fa il punto sulla situazione del lavoro svolto quest’anno. Gli impedimenti e le difficoltà di spostamento dovute alla pandemia hanno portato a grandi limitazioni dei controlli. Ne parlano con attenzione i responsabili del movimento in un comunicato appena diffuso:
A CAUSA DELLA PANDEMIA GLOBALE, L’MPCC È PIENAMENTE CONSAPEVOLE DEL FATTO CHE QUESTE CIFRE SONO ALTERATE DA UN NUMERO INFERIORE DI TEST ANTIDOPING EFFETTUATI NEL CORSO DELL’ANNO. TUTTAVIA, LA REALTÀ A VOLTE PUÒ ESSERE SCONVOLGENTE.
La pandemia globale di coronavirus è stata un serio ostacolo alla lotta antidoping di quest’anno. L’Agenzia mondiale antidoping (AMA), attraverso il suo direttore generale Olivier Niggli, ha ammesso alcuni giorni fa che la pandemia potrebbe aver creato dei “buchi” nei programmi antidoping in diversi Paesi.
Molte federazioni internazionali sono d’accordo con questa spiacevole affermazione. La Cycling Anti-Doping Foundation (CADF) ha ammesso una diminuzione del 90% dei test fuori gara nei due mesi successivi all’inizio della pandemia rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
In tutti gli sport, logicamente si registra un numero di casi inferiore rispetto agli anni precedenti. C’è un’eccezione degna di nota: l’atletica leggera, dove sono stati rivelati quasi 100 casi nei primi tre trimestri del 2020 (contro gli 81 casi dell’intero anno 2019).
Nello stesso periodo, il ciclismo ha dovuto affrontare una dozzina di casi (due all’interno di Squadre Mondiali), un numero inferiore rispetto all’anno scorso nello stesso periodo, ma ancora molto vicino ai dati degli ultimi 5 anni. Quest’ultima osservazione è una grande fonte di preoccupazione per l’MPCC, visto il minor numero di test nel 2020.
Redazione Cyclinside