È un anniversario importante per il ciclismo. Il 23 gennaio 1984 Francesco Moser ha stabilito il Record dell’Ora 51,151 chilometri orari superando quello stabilito pochi giorni prima, sempre a Città del Messico, a 50.808. A ben vedere fu più clamoroso quello precedente, ma quello ricordato è il secondo per due motivi: perché è il record che è durato per tantissimo tempo e perché fu quello con maggiore eco mediatica. La data effettiva stabilita per il tentativo fu proprio quela del 23 gennaio. Ma il 19 gennaio Moser fece una prova e poi proseguì fino all’Ora, stabilendo quel primo record quasi senza pubblico: mancavano ancora i suoi tifosi trentini che sarebbero arrivati per il giorno prestabilito, il 23.
Al di là della cronaca, però, quell’evento segnò una svolta per il ciclismo: la bicicletta si era trasformata e, da lì, in poi, non sarebbe stata più la stessa. Si iniziò a pensare all’aerodinamica come componente fondamentale della prestazione del ciclista. Una bicicletta aerodinamica diventava più importante di una leggera. Quella con cui Merckx stabilì il record poi battuto da Moser era molto più leggera: 5,750 grammi contro i 9,600 di quella di Moser (che comprendeva quelle prime, pesantissime, ruote lenticolari). Una curiosità: i giornali dell’epoca parlavano di una bicicletta da 7,5 chilogrammi, due in meno.
Fu già questo un enorme passo avanti: la dimostrazione che il peso fosse cosa relativa rispetto alla prestazione, ancora oggi tendiamo a considerarlo fondamentale, ma parecchi studi hanno detto il contrario, almeno in determinate situazioni. E pensare che oggi ancora si entra nei negozi e si valuta ancora, principalmente, il peso della bicicletta come primo aspetto.
L’aerodinamica fu il concetto più rivoluzionario. Proprio in quel periodo Campagnolo stava proponendo sul mercato il primo gruppo fortemente pensato all’aerodinamica: il C-Record che raccoglieva l’eredità del formidabile Super Record ma rivoluzionandone le forme e i concetti al punto da proporre al pubblico i freni Delta, amati e criticati dai meccanici e dal pubblico e oggi diventati (giustamente) oggetto di culto.
L’aerodinamica della bicicletta di Moser passò per il manubrio (inizialmente pensato dal prof. Dal Monte come un bi-plano, si veda il nostro articolo qui con i disegni inediti) e arrivò alle celeberrime ruote lenticolari di cui abbiamo parlato sempre nell’articolo segnalato in precedenza).
Di lì in poi l’aerodinamica, iniziata dalle ruote, avrebbe coinvolto sempre di più tutti i settori della bicicletta, dapprima lavorando direttamente sulle forme dell’acciaio, in maniera sostanzialmente artigianale, poi lavorando direttamente con stampi sui materiali fino all’esaltazione della fibra di carbonio.
Ragionamenti di aerodinamica di cui si era già ragionato in precedenza come nell’esempio del’ing. Cristoforo Gazzoni che vedete qui di seguito in alcune immagini della bicicletta da lui visionariamente realizzata e ora conservata al Museo del Ciclismo Madonna del Ghisallo. In mancanza di sezioni aerodinamiche native aveva provveduto ad applicare una struttura in metallo sopra ai tubi a sezione circolare poi provvedendo a nastrare il tutto. Bicicletta valida solo come prototipo (e molto pesante) ma che mostra forme decisamente avveniristiche anche considerando che è stata realizzata nel 1950 (come potete vedere è dotata ancora a passo Humber).
23 gen 2022 – Riproduzione riservata – Cyclinside