30 ott 2019 – Si è inceppato qualcosa nel progetto UCI per un ciclismo internazionale?
È la domanda che ci è venuta dopo aver letto della resa delle armi del Tour of California. La corsa a tappe americana, unica prova World Tour negli Stati Uniti con gare in contemporanea sia maschili che femminili (e con montepremi identico) segna il passo nel 2020 e, annunciano gli organizzatori, si valuterà attentamente cosa fare per il 2021.
Cosa sta succedendo quindi?
Da un punto di vista agonistico il Tour of California ha sempre visto al via corridori importanti, a cominciare da quel Peter Sagan che – e allora non è un caso – ha annunciato per la prima volta in carriera di correre il Giro d’Italia. La corsa a tappe californiana è sempre stata vista storcendo la bocca proprio dal Giro d’Italia cui, spesso, ha soffiato fior di velocisti e corridori che preferivano un impegno di meno tappe per avere una preparazione ottimale per il Tour de France.
Probabilmente il Giro ne guadagnerà in qualità di partecipazione, oppure vedrà comunque fior di corridori abbandonare a metà strada per l’obiettivo francese?
Vedremo. Certo è che l’inceppamento della corsa americana dà da pensare dopo che era stata considerata una vera minaccia per il Giro: non si diceva che lì c’erano soldi importanti che avrebbero potuto calare l’asso pigliatutto? Addirittura c’era chi paventava una volontà, per il Tour of California, di diventare una corsa a tappe di tre settimane rischiando, così, di spostare pericolosamente il baricentro del “nostro” ciclismo.
Niente di tutto questo a quanto pare. E gli Americani non ci hanno pensato due volte a stoppare tutto appena la cosa si è rivelata meno conveniente del previsto (sì, per il TOC, in definitiva, era comunque uno strumento di promozione formidabile per il nostro sport e anche una vetrina importante per i ciclisti americani).
Nel comunicato in cui annunciano la “pausa” della corsa parlano comunque di dati decisamente positivi per l’economia della California (3.5 miliardi di dollari!), evidentemente non abbastanza nel progetto messo in campo dagli organizzatori.
Insomma: fermi così. Un campanello d’allarme per l’UCI che va volentieri verso nuovi territori di ricerca di business sfruttando la volontà di promozione di paesi storicamente lontani dal baricentro ciclistico mondiale. A conti fatti il rischio che altre corse potrebbero percorrere la stessa via, è concreto.
GR