19 set 2019 – A Rimini, nel fine settimana di metà settembre, è stato pieno agosto. Almeno se lo misuriamo con i parametri del resto d’Italia. O forse è solo un altro fuso orario rispetto a chi è concentrato sul post-vacanza, la ripresa delle scuole e le giornate che si accorciano.
In effetti sono sembrate più lunghe anche le giornate. L’Italian Bike Festival, appena concluso, si è settato sui parametri delle vacanze ed ha avuto ragione.
Cos’è la bicicletta se non una festa? È così che il pubblico ha vissuto questi giorni in giro per il Parco Fellini, tra stand in cui si parlava di tecnica e passione e poi si provavano anche le biciclette.
Un festival? Sì, ma ci sono anche i connotati di una fiera se andiamo a vedere quel che è accaduto in quei tre giorni.
Il festival ha funzionato per il pubblico. L’occasione di toccare con mano le biciclette, magari provarle anche solo per un giro veloce, è difficile farsela scappare. E questo, abbiamo visto, vale anche per le fiere nell’accezione più tradizionale del termine. La bicicletta è sempre un bene “emozionale”, un gioco che può essere pure serio, ma stimola il piacere ludico di tutti. Salirci su è naturale in un evento così, poterne provare tante diventa una scorpacciata di sensazioni che possono aiutare anche nelle scelte future o immediate. Tanto più se poi c’è il confronto diretto con interlocutori professionali.
Ecco, questo è l’altro punto dell’Italian Bike Festival. C’erano tanti interlocutori professionali, da una parte e dall’altra degli stand. Ci si è stupiti per la presenza di molti negozianti il venerdì, giorno solitamente dedicato al negozio più che mai. Qualcuno è venuto pure da lontano.
Dal punto di vista professionale certi numeri sono interessanti, in questo momento, in Italia.
All’Italian Bike Festival hanno partecipato marchi che solitamente non vediamo più nelle fiere classiche, anche le più importanti. Trek e Cannondale erano qui. Con loro Bianchi, Bmc, Ktm e poi Campagnolo, Shimano, Sram…
Se a Eurobike qualcuno si lamentava che, pur essendo un evento enorme, i marchi che rappresentavano il 70 per cento (percentuale un po’ esagerata) del mercato internazionale non ci fossero, be’, buona parte di quel 70 per cento era proprio a Rimini.
Proporzione azzardata, ci rendiamo conto, anche per superficie, prima ancora che per raffronto matematico di numero di espositori.
È un segnale che questo evento, giunto alla seconda edizione, abbia ricevuto tanto consenso. E se per molte aziende si è trattato anche di un’occasione di incontri professionali, il cerchio si chiude facilmente. Tanto più se si fa leva sull’accoglienza della città che pure ha contribuito direttamente alla buona riuscita. A Rimini si può dormire e mangiare a prezzi contenuti. Difficile non trovare posto, anche nella coincidenza del week end motociclistico di Misano.
Chiaro: a invogliare le aziende sono anche i costi completamente diversi rispetto a una fiera tradizionale. Una scommessa che vale la pena ed è stata ben ripagata.
Che poi, appena usciti dalla fiera c’era la città in vacanza. Un clima quasi surreale con quel fuso orario spostato verso la notte e che fa sembrare alba anche le nove del mattino.
L’Italian Bike Festival è una prova riuscita. Non è più neanche un esperimento pure se giovane della seconda edizione. Gli organizzatori, che continuano a studiare con attenzione tutti i problemi, sono già collaudati dal circuito di test bike organizzato negli anni precedenti in giro per l’Italia. Soluzioni pratiche trovate al volo, come la registrazione già all’ingresso di chi voleva cimentarsi nei test che ha permesso di ridurre e quasi azzerare le code negli stand di prova. I numeri finali, pure nell’ottimismo degli uffici stampa, parlano di 40mila presenze totali e 300 marchi esposti. Numeri interessanti che parlano di anche di una scelta geografica azzeccata.
Quest’anno, poi, ha sorriso anche il meteo con delle giornate di sole abbondante e sicuro. Lo scorso anno non andò così bene in questo senso e, certamente, questa è l’unica variabile che può influire, e parecchio, sulla riuscita dell’evento.
Tanto più che qualcuno, nelle ore più calde, attraversava la strada e si andava a tuffare in un mare ancora caldo. Ma è stato lavoro o è stata una vacanza?
Attenzione alla risposta.
Guido P. Rubino