L’Italia della bicicletta, quella dei telai in carbonio fatti a mano e delle aziende nate in officine di provincia, si trova oggi davanti a una sfida che intreccia economia, mobilità e cultura industriale.
A rilanciare il tema è stato un articolo del Corriere della Sera, a firma di Giuseppe Guastella, dedicato a Wilier Triestina, storica azienda veneta, in cui uno dei tre amministratori delegati, Andrea Gastaldello, ha proposto una misura concreta: consentire a chi acquista una bici di detrarre la spesa dalle tasse.
Una proposta che nasce dall’osservazione diretta del mercato. Dopo un decennio di crescita costante e un boom durante la pandemia, il settore sta affrontando un rallentamento. Le aziende italiane – molte delle quali di dimensioni medio-piccole – si confrontano con colossi internazionali che possono contare su risorse enormi in ricerca, marketing e distribuzione.
I dati ANCMA: vendite stabili, margini in calo
Secondo il report 2024 di ANCMA, che avevamo pubblicato a marzo, in Italia sono state vendute 1,35 milioni di biciclette, con un calo contenuto (-0,7%) rispetto all’anno precedente. La produzione è però cresciuta (+1,2 per cento), segno che le imprese continuano a investire e guardano ai mercati esteri, dove l’export registra un aumento del 17 per cento.
Il saldo commerciale resta positivo, a quota 175 milioni di euro, ma il fatturato complessivo scende da 3 miliardi a 2,1 miliardi. La causa principale, dai dati dell’associazione, è l’effetto degli sconti e delle campagne promozionali con cui i produttori hanno cercato di sostenere la domanda.
L’e-bike si conferma il motore del settore: con 274.000 unità vendute (+0,3 per cento) rappresenta ormai un quinto del mercato complessivo, trainata da una domanda che rimane stabile nonostante la fine degli incentivi statali. Le bici tradizionali invece segnano una perdita strutturale rispetto ai livelli pre-pandemia: il -29 per cento sul 2019 è un dato che riflette un cambiamento nei consumi e nella percezione del prodotto bici.
Un patrimonio industriale da difendere
«Dobbiamo confrontarci con realtà che hanno potenzialità enormi e totalmente diverse dalle nostre in tema di budget promozionale, ricerca e sviluppo», ha dichiarato Andrea Gastaldello al Corriere.
La risposta, secondo Wilier, è nella coesione interna e nella valorizzazione della creatività e del “tocco italiano”.
Da un lato l’innovazione tecnologica – come la Filante, sviluppata nella galleria del vento e pensata per gli amatori esigenti – dall’altro l’attenzione alla personalizzazione e al design, elementi che rappresentano l’identità stessa della produzione del Nord-Est.
Ma la sola qualità non basta più. Dopo la crescita legata al binomio bici-salute e al boom post-pandemia, oggi molte aziende si trovano a lavorare con margini ridotti.
Le difficoltà non sono solo industriali: il mercato domestico non è sostenuto da una politica strutturale di incentivi, come invece accade in altri Paesi europei. In Belgio, Olanda e Francia, chi acquista una bicicletta elettrica o tradizionale può accedere a sgravi fiscali o bonus collegati ai piani di mobilità aziendale.

ANCMA: servono misure strutturali, non interventi spot
È in questo scenario che si inserisce il ruolo di ANCMA (Associazione Nazionale Ciclo Motociclo Accessori), che da tempo chiede un approccio più strategico da parte del Governo.
L’associazione, che rappresenta l’intera filiera italiana delle due ruote, sottolinea la necessità di politiche di lungo periodo capaci di sostenere non solo la mobilità urbana, ma anche l’industria che ne è alla base.
«Il comparto ciclo è un’eccellenza italiana – aveva dichiarato ANCMA presentando i dati 2024 – ma la domanda interna non è sostenuta da politiche adeguate. Occorre una visione che integri la mobilità sostenibile nella programmazione economica, come già avviene per l’automotive».
Tra le proposte, oltre alla detraibilità fiscale dell’acquisto di biciclette e accessori, anche la creazione di fondi stabili per la rete ciclabile urbana e per la promozione della mobilità attiva nei Comuni.
Tra crisi e rilancio: l’occasione del 2025
Il 2024, nonostante il rallentamento, si chiude con un segnale incoraggiante: la crisi sembra frenare, e le esportazioni confermano la solidità del “made in Italy” su mercati come Stati Uniti, Germania e Giappone.
Molte aziende, da Wilier a Colnago, da Bianchi a Pinarello, continuano a investire in ricerca e sviluppo, digitalizzazione e produzione interna, mantenendo un legame stretto con i territori e con una tradizione artigianale che resta uno dei marchi distintivi del settore.
Perché la ripresa sia duratura, tuttavia, servirà una visione comune tra imprese, istituzioni e associazioni di categoria.
Come ricorda Gastaldello, «la bici è una forma di libertà, ma anche un investimento in salute, innovazione e sostenibilità». Perché questo valore si traduca in una reale opportunità economica, serviranno politiche capaci di mettere l’Italia nuovamente in sella — questa volta, verso il futuro.
E le aziende italiane, per rimanere a galla in un mercato dominato sempre più da gruppi di investimento con una potenza economica smisurata, hanno bisogno di un aiuto che non può venire solo dalle loro buone pratiche.
































