29 mag 2018 – Da “Miguelon” a “Froomey”: di anni sono dovuti passarne 24 prima che Pinarello tornasse a vincere una corsa che per l’azienda di Treviso era diventata quasi un tabù, lei che nelle ultimi due decadi aveva fatto incetta di Tour de France e anche di qualche Giro di Spagna. Già, era il 1993 quando Miguel Indurain faceva sua la corsa rosa con una bici in acciaio con geometria tradizionale, ruote a basso profilo e comandi cambio sul tubo diagonale. 24 anni dopo Chris Froome ha trionfato a Roma con una full carbon che è l’espressione più avanzata di quello che oggi sa produrre l’azienda diretta da Fausto Pinarello. “Chi c’è c’è chi non c’è insegue” è il motto di vita di quest’ultimo. Una fatalità beffarda questa volta ha voluto che a non esserci per colpa di una malaugurata caduta in bicicletta sia stato proprio patron Fausto che, reduce da una frattura al femore rimediata in una granfondo a inizio maggio, non ha potuto celebrare il “suo” Froome direttamente sul podio di Roma. Fausto ha però voluto ringraziare il britannico a modo suo, preparandogli in tutta fretta una speciale versione tutta rosa della F10 X-Light e poi autografandola a modo suo, appunto con quella curiosa scritta “CCCCNCI”.
I dettagli tecnici? Il telaio è leggerissimo (Pinarello dichiara appena 760 grammi per la taglia 53 con verniciatura speciale – quindi qualcosa in più per la misura di Froome) ha una struttura in carbonio con una costruzione di tipo asimmetrico, nel senso che sia la laminazione interna dei “fogli” di carbonio, sia gli spessori delle varie tubazioni, sono stati disegnati per assecondare nel migliore dei modi i carichi difformi che la presenza della trasmissione genera sull’emisfero destro della bicicletta. Oltre che sulla leggerezza, la Pinarello di Froome investe buona parte del suo patrimonio tecnologico anche nella aerodinamica con un reggisella “dedicato” di tipo semi integrato e con un set di guida in pezzo unico, siglato Most, che è sempre marchio di Pinarello, ed anche questo tutto colorato di rosa per l’occasione. A proposito, ad essere colorati di rosa erano anche i due portaborraccia Elite e la sella, una Fi’zi:K Antares, che Froome è tornato ad utilizzare nella tappa di Roma dopo aver utilizzato un altro modello nei giorni scorsi.
Passando ai componenti, immancabili le corone ovalizzate fornite dalla Osymetric. In realtà, più che essere ovalizzate, le due corone usate da Froome sono morfologicamente riconducibili ad un ellisse, con delle irregolarità nel profilo, le stesse che assicurano al britannico la spinta migliore durante tutto il suo ciclo di pedalata. Le due corone avavano una dentatura di 52 e 38 denti nelle tappe di salita e una dentatura di 54 e 42 denti nelle tappe scorrevoli. Le corone Osymetric erano montate sullo spider della guarnitura Dura-Ace di serie 9100. Particolare degno di nota, Froome aziona pedivella da 175 millimetri: si tratta di un braccio di leva lunghissimo, solitamente utilizzato in gruppo da corridori con un tratto femorale ben più lungo rispetto a quello che ha il britannico, elemento che assegna ulteriore valore tecnico alla cadenza altissima che il “nostro” riesce ad esprimere, soprattutto in salita.
Le ruote sono delle Shimano Dura-Ace WH-R9100, con profilo alto 50 millimetri, gommate per tutto il Giro d’Italia con tubolari Continental Competition ALX, da 25 millimetri di sezione. Tornando alla trasmissione, solo nelle tappe di salita Froome ha utilizzato la cassetta 11-30 inclusa nel bouquet delle “scale” incluse nell’offerta del gruppo a 11 velocità Dura-Ace 9100, mentre per le tappe più scorrevoli, come appunto quella di Roma, la cassetta è stata sempre una 11-28. I pedali? Anche questi siglati Dura-Ace.
A seguire Froome e il Team Sky durante tutto il Giro sono stati anche , della Castelli, che alla squadra britannica fornisce da due anni l’abbigliamento. In tutta fretta i due hanno preparato una maglia speciale, con le maniche rosa, anche per tutti i compagni di squadra che hanno accompagnato Froome nella passerella romana. Ci hanno inoltre rivelato un particolare curioso: alla vigilia del Giro Froome era letteralmente terrorizzato dalla possibilità che, durante il Giro, potesse incappare in qualche giornata di freddo o, peggio, di neve, primo perché lui è corridore che patisce moltissimo le basse temperature, secondo perché questa era l’immagine negativa che più aveva in mente nell’approcciare la corsa rosa. Per questo lo staff tecnico della Castelli gli aveva preparato tutto il necessario per affrontare eventuali giornate “gelate”: guanti invernali, sottocaschi, gambali e manicotti. Per fortuna nulla di questo è servito.
Galleria fotografica
Maurizio Coccia
Ma la foto della bici in corsa e l’ultima, quella con Froome di schiena, fanno vedere una sella nera.
“Già, era il 1993 quando Miguel Indurain faceva sua la corsa rosa con una bici in acciaio … comandi cambio sul tubo diagonale.” Se si fa una ricerca su internet (Varie foto e video)Indurain aveva nel 93 (escludendo le crono che corse con altra bici) i primi comandi al manubrio ergopower.Nel 92 aveva ancora i comandi sul tubo orizzontale.
Lettore attentissimo. Ha ragione!