Non poteva che esserci un “uomo Colnago” nel giorno della celebrazione in rosa del trionfale Giro di Tadej Pogacar: lo sloveno è lì sul podio della tappa finale di Roma che fa incetta di premiazioni e noi approfittiamo per sentire Tommaso Cervetti, ingegnere meccanico di Colnago specializzato in veicoli. All’interno dell’azienda è proprio lui ad occuparsi delle forniture al Team UAE Emirates, sia per quel che riguarda il kit telaio, sia per la supervisione dei materiali. Gli abbiamo fatto qualche domanda.
>>> La Colnago di Pogacar al Giro d’Italia 2024
Cervetti, sappiamo bene che le bici che usano i corridori oggi sono di serie, sono quelle disponibili sul mercato. E esattamente così anche per il telaio di Pogacar?
«Sì, non c’è nulla di indistinguibile tra un telaio che qualsiasi cliente può acquistare da un negoziante e la bici che viene usata dalla UAE e da Tadej Pogacar. Tadej in particolare utilizza un telaio V4Rs in misura 48,5, che corrisponde più o meno a una taglia 52 centimetri. Utilizza poi un manubrio integrato Enve con lunghezza virtuale (la morfologia particolare della curva impedisce una misurazione fatta in modo convenzionale, ndr) dell’attacco da 125 millimetri, per 37 centimetri di larghezza rilevata dal centro al centro delle parti alte delle due “code”».
Durante il Giro si è parlato tanto dei cambiamenti che Pogacar ha attuato nell’ultimo anno in merito alla posizione in sella. Cosa ci può dire in merito?
«Riguardo il kit telaio Tadej adesso opta per un arretramento del reggisela pari a zero millimetri, che tra l’altro permette anche di ridurre il peso della bici (manca la porzione più corposa che invece caratterizza i reggisella con morsetto arretrato, ndr). Devo precisare che a livello strettamente biomeccanico è lo spagnolo David Herrero a seguirlo. Herrero è un ex corridore, ha una società di consulenza biomeccanica, collabora con noi di Colnago e con il team di ricerca e sviluppo. Herrero Segue Pogacar e lavora per l’ottimizzazione della bicicletta sia dal punto di vista della biomeccanica che dal punto di vista dei materiali, mi riferisco quindi alla riduzione dei pesi e al miglioramento del funzionamento generale della bicicletta».
Pogacar è alto 176 centimetri e pedala su un telaio assimilabile a un 52 cm. Ma non è un po’ piccolino rispetto alla sua statura?
«Certo, è tendenza comune di tutti i corridori utilizzare una taglia più piccola rispetto a quanto sarebbe consigliabile».
Perché?
«Partiamo da due dati di fatto: il primo è che un telaio più piccolo permette di ridurre di qualche grammo il peso. Tadej, poi, preferisce adottare una posizione del manubrio molto bassa, e questo è agevolato dall’impiego di un telaio più piccolo, che ha un tubo di sterzo e uno stack più contenuti. Ed è un altro elemento, questo, che permette di essere aerodinamico. Questi sono i principali motivi per cui Tadej, ma anche tanti altri corridori, usano una taglia leggermente più piccola. Non lo fanno certo per un discorso di maggiore rigidità, perché tutte le misure sono concepite per garantire le stesse caratteristiche meccaniche a prescindere dalla taglia considerata».
Dal 2019, ovvero da quando corre con la UAE e con bici Colnago, Tadej ha sempre utilizzato questa misura?
«Sì, sempre»
Quindi, a cambiare quest’anno è stato solo l’assetto dei componenti?
«Sì. Ed io ho una mia teoria in merito. Le nuove tendenze della posizione in sella sono iniziate un paio di anni fa, dopo che l’UCI ha bandito la posizione aerodinamica, quella con gli avambracci poggiati sulla parte alta del manubrio. Il divieto ha obbligato i corridori a trovare un’alternativa che in qualche modo riportasse loro verso quel tipo di assetto: la posizione è diventata pertanto sempre più avanzata, allo stesso tempo si è iniziato a passare molto più tempo con gli avambracci poggiati sulla parte alta del manubrio, quella su cui si fissano i comandi, per intenderci. Per lo stesso motivo tanti corridori, Tadej compreso, preferiscono modelli di manubri con maggiore reach (ovvero la profondità delle porzioni alte, ndr), in modo che questo offra una maggiore area possibile per gli avambracci, appunto. I comandi cambio orientati all’interno vanno nella stessa direzione, chiudono gli avambracci e riducono le resistenze all’aria prodotte. La ragione delle pedivelle più corte è anche in funzione di questa modifica sulla posizione di guida».
In che senso?
«Nel senso che con un manubrio così settato produce una inevitabile anteroversione del bacino, che ha consigliato, appunto, di avanzare la sella, e anche di ridurre sensibilmente il braccio di leva. Pedivelle lunghe assieme all’assetto di cui ho detto finirebbero per avvicinare troppo le ginocchia al petto quando si pedala, quasi facendole sbattere, con conseguenze negative per il comfort, per l’ergonomia e per gli atti respiratori. Anche per questo Tadej è passato alle 165 millimetri. Ci tengo a dire che questa è una mia personale interpretazione, per sapere anche di tutte le altre implicazioni funzionali di questa valutazione bisognerebbe senz’altro chiedere ad Herrero».
Insomma, ci sembra di capire che anche per Pogacar la nuova posizione sia figlia di una valutazione ergonomica che assegna sempre maggiore attenzione al fattore aerodinamico.
«È abbastanza evidente che negli ultimi anni oltre a Tadej anche altri corridori, primo tra tutti Remco Evenepoel, hanno fatto dell’attacco da lontano il loro marchio di fabbrica. In questa condizione stare da solo al vento ti obbliga ad avere una posizione aerodinamica per cercare di risparmiare energie. Quindi queste posizioni in sella secondo me arrivano soprattutto per questa nuova necessità. È un po’ come succede a cronometro, anche qui una volta si tenevano tanto le braccia sulla curva manubrio, ora invece sono sempre più poggiate sulle protesi, molto vicine al volto».
Avete riscontri o evidenze di una relazione tra cambiamento della posizione e miglioramento prestazionale per Pogacar?
«Il cambiamento delle pedivelle c’è stato nella prima parte della stagione 2023. È un dato di fatto che le pedivelle corte permettono di limitare lo stress a carico dei muscoli e ridurre l’escursione articolare. La pedivella corta riduce il valore massimo dello sforzo che arriva sul muscolo. Diciamo che dopo duecento chilometri c’è un vantaggio».
E tanti dicono che una leva corta permette anche di azionare rapporti più lunghi. Vero?
«Quello è un altro discorso, per quello bisogna semplicemente avere potenza. E poi i rapporti lunghi sono principalmente una questione di efficienza meccanica nella trasmissione, perché migliorano la linea di lavoro della catena, addrizzandola. Molte volte si vedono corone esagerate, ma non bisogna considerarle in maniera assoluta, ma in rapporto al pignone che poi andranno ad azionare».
In ogni caso, nulla di speciale sulla struttura del suo Colnago V4Rs
«Sì, telaio standard. In particolare il V4Rs è un telaio nato nel 2023, è quello che Colnago identifica come il più adatto per le competizioni».
Tadej fornisce dei feedback a livello di sviluppo di prodotto?
«Assolutamente. Il feedback di tutti i corridori, non solo di Tadej, è essenziale per ciò che poi andiamo a fare. Diciamo che i loro feedback vengono filtrati da Matxin e da Herrero, chi poi ci trasmettono direttamente ile informazioni».
Quanto pesa il telaio di Tadej?
«Dipende da come lo si valuta. Se lo si valuta con i forcellini o meno, con gli accessori di montaggio o no. E anche con il tipo di vernice. Ad esempio la colorazione speciale rosa fatta per la vittoria del Giro ha una tinta su base bianca che pesa molto di più di quello che abbiamo usato ieri (tappa Belluno-Bassano, ndr), dove la vernice su base nera permette di ridurre all’osso la quantità di vernice, usandone solo 60, 70 grammi».
Seguite il nostro Speciale Giro d’Italia e il nostro gruppo Cyclinside – R&D | Facebook
Scopri la colazione dei ciclisti!
Il bellissimo articolo evidenzia che la bicicletta va sì adeguata alla prestazione del campione, ma deve anche nascere obbligatoriamente un connubio tra tecnica, applicata alla perfezione assoluta, e le forze fisiche ed intellettuali dello stesso campione.
Complimenti al giornalista della bella stesura dell’articolo e all’ingegnere per la lucida “lectio magistralis” sullo studio approfondito del rapporto tra bici e corridore.
Benito
Complimenti al giornalista per la bella stesura dell’articolo e all’ingegnere per lo studio approfondito sul rapporto tra bici e corridore.
Benito
RCORDO I GRANDI CAMPIONI IN PARTICOLARE ANQUETIL CHE CERCAVANO DI EFFETTUARE FORI SUI PLATEAU, SULLE LEVE DEI FRENI,ECC. PER TOGLIERE PESO ALLE BICI. OGGI GRAZIE A QUESTO INTERESSANTE ARTICOLO SIAMO IN UN ALTRO MONDO,LA RICERCA NON FINISCE MAI COME LA PASSIONE PER IL CICLISMO.GRAZIE