25 dic 2017 – Metti che a Roma non sia il massimo pedalare e allora pensi di correre a piedi. Anzi, facciamo pure che per la bici neanche ci passi, perché la corsa ti basta ed è già bellissima. Metti che cresci in una famiglia che lo sport va bene, ma prima è meglio che studi che vale la pena. Metti che sei anche molto brava: il Liceo Classico, poi si segue l’indole e all’università si cambia rotta: matematica. Basta correre però che c’è il dottorato da fare, roba seria, si va ad Oxford e tra libri e numeri salta fuori una gara di duathlon, in fondo lo sport mica te lo dimentichi così.
Vittoria Bussi si accorge così che oltre alla sua atletica c’è anche questa cosa tutta da scoprire che si chiama bicicletta da corsa. Dopo quella prima corsa continua a pedalare e non va neanche male, venendo dal mezzofondo ha imparato a conoscersi. Sa soffrire e si fa notare, tant’è che si trova anche a correre nelle gare importanti, da elite. Un salto pazzesco e difficile. Le gambe ci sono e vanno forte, ma la testa fa fatica, stare in gruppo è difficile, per chi inizia tardi a correre in bicicletta c’è da farsi male. Però è forte, sul passo mette tutte in fila. e se fosse la cronometro il suo territorio di caccia?
Nel 2014 arriva terza al Campionato Italiano a cronometro e un’idea un po’ folle inizia a farsi strada: il Record dell’Ora? Si fa due conti e non ci mette molto a capire che il tentativo ci sta tutto, può fare decisamente bene. Il riferimento è Evelyn Stevens con i suoi quasi 48 chilometri in un’ora. Vittoria capisce che può superare quel record e inizia la preparazione specifica.
Ci sono da spendere soldi e questa è la nota negativa. Perché a una di trent’anni in pochi credono più di tanto. Soprattutto non credono quelli che potrebbero pensare a un investimento. Allenarsi al velodromo, a Montichiari, costa parecchio e le spese saltano fuori anche inaspettate. Vittoria non molla, un dottorato in matematica a Oxford, tutto sommato, non è meno faticoso e poi vicino ha Rocco Japicca, il suo fidanzato che la seguirebbe in capo al mondo e cerca di aiutarla a mettere in piedi il record. Un sogno che si avvicina il 6 ottobre 2017 con il via del tentativo ad Aguascalientes, in Messico. C’è l’altura lì e va bene soprattutto perché è il velodromo più economico per il tentativo, che i soldi scappano via veloci e l’UCI non fa sconti. Il passaporto biologico costa una follia se si corre da soli.
Imparare la pista
L’allenamento, per Vittoria, è la cosa meno faticosa. C’è da imparare tutto, anche a stare concentrati per un’ora in un fazzoletto di sguardo appena davanti alla ruota anteriore. «La mia pista è tutta lì – racconta – la posizione è quella aerodinamica e io mi concentravo su quella linea che non finiva mai. C’era da andare dritti che a finire sui sacchetti, in curva, si rallenta e si rischia di volare per aria. Se ti allarghi e sali su rallenti subito e addio ritmo».
«Ma il primo problema è stato vincere la paura a uscire dal blocco al via – continua – una paura irrazionale e difficile da superare e ci sono voluti tanti tentativi per risolvere quel primo giro di pista».
Un record dell’ora è un meccanismo che non deve incepparsi mai, altrimenti il piatto della pista diventa una salita insormontabile.
Vedere il record
Rocco le urla i tempi sul giro nelle orecchie a ogni passaggio e lei sa cosa fare. Segue la riga e non stacca le ruote da lì, il record c’è davvero, o quasi. Almeno fino ai 50 minuti, quando si acutizza un’infiammazione al diaframma che la impallina e la fa rallentare. Allo scadere dei sessanta minuti ha stabilito il record italiano, ma rispetto alla Stevens mancano 404 metri.
È una delusione ma anche la conferma che si possa fare. Ne parlano in pochissimi della sua impresa di semi sconosciuta. Neanche la Federazione Ciclistica Italiana se ne accorge di avere un record che ha cambiato nome, nessun comunicato.
Vittoria non ci sta, è arrivata quasi in scia alla Stevens e vuole acchiapparla. Riprende a pedalare. Vive a Torino ora e conosce Gualtiero “Wally” Rossano, uno che pedala per piacere ma mette in archivio 35mila chilometri l’anno. Si allena con lui che le insegna tenacità e costanza, si esce in bici anche in condizioni proibitive e i chilometri non sono mai pochi, tanto meno una passeggiata. Le ripetizioni di matematica non bastano e nemmeno il lavoro da idraulico del ragazzo.
Parola di Obree
C’è da sbatterci la testa e buttare giù un muro di difficoltà che nascono ovunque. Se è la tenacia che serve per batter un record così, Vittoria la sta allenando in questi mesi. Trova un appoggio tecnico importante in Endura, che studia un body apposta per lei. Tessuto filante all’aria e un taglio perfetto, tanto che viene pure premiato a Eurobike per quanto è bello e perfetto. Da Endura incontra un altro che col Record dell’Ora ci ha perso quasi la mente: Graeme Obree, un ragazzo inglese partito un po’ come lei, da sconosciuto, e poi riuscito in un’impresa pazzesca. Vittoria incontra Obree in un corridoio e lo riconosce, lui la guarda, lei lo abbraccia e gli chiede un consiglio: “Are you ready to die?” Risponde lui. Sei pronta a morire Vittoria?
A sei gradi sotto zero Vittoria si alza sui pedali e scappa via in salita, poi accelera in pianura e non si ferma. È pronta eccome e dopo il supporto di Endura arriva quello di Liv, il marchio al femminile di Giant.
Ma ancora non basta, i costi burocratici e tecnici sono elevati e pedalare non è sufficiente, ora ci vuole uno sponsor che investa su questa ragazza. Un investimento sicuro e già dimostratosi di valore. Vittoria ormai la salutano anche gli scettici, quelli che prima la guardavano come un po’ matta. C’è un rispetto nel mondo del ciclismo che diventa riconoscimento di valore. E chi non si fida può chiedere in giro.
Perché se è vero che il ciclismo è superare le sofferenze più grandi, è anche vero che quella criniera bionda che sfodera levandosi il casco corrisponde al nome di Bussi Vittoria da Roma, il contrario di tutto rispetto a una carriera da ciclista. Una promessa di successo. Stringetele la mano se ne avete il coraggio.
Il tentativo di Vittoria
Guido P. Rubino
Grande Vittoria. Forza. Bella storia la tua.