di Guido P. Rubino
Cosa sta succedendo alla bicicletta? Alla nostra bicicletta, al concetto stesso di bicicletta che, come tale, racchiude in se qualcosa di assoluto, riconoscibile, condivisibile da tutti quelli che la bicicletta, in qualche modo la amano.
Si sta trasformando in qualcos’altro? Si sta evolvendo semplicemente? Si sta snaturando?
Gli appassionati si interrogano, un po’ smarriti, dopo l’ultima novità annunciata del controllo elettronico della pressione delle gomme previsto per la Parigi Roubaix si sentono smarriti di fronte a un mezzo che non riconoscono quasi più.
È ancora una bicicletta un mezzo del genere così ipertecnologico? Non era il simbolo di semplicità ed essenzialità?
Ebbene sì: si parla ancora di biciclette a pieno titolo, pure con tutti questi accessori, lo ha sentenziato l’UCI che pure ha regole ferree ma, nel suo regolamento ammette deroghe. In sostanza funziona così: la bicicletta deve rimanere tale nel suo concetto assoluto, essenziale, ma le eccezioni le valutiamo caso per caso e decidiamo che fare.
Quindi niente più sorprese alla partenza delle corse come avvenne, ricordate? tanti anni fa con la bicicletta di Roberto Visentini che si presentò al via di una cronometro, con una bicicletta dotata di ruota anteriore fortemente bombata per coprire le gambe all’aria e risultare più aerodinamico. Ci vuole l’approvazione preventiva che, ultimamente, l’UCI ha concesso. Dal reggisella di Mohoric all’ultima “diavoleria” del sistema che permette al corridore di regolare la pressione delle gomme così da adattare la bicicletta al pavé o alla strada asfaltata con un clic. Funzionerà? Domenica avremo la risposta definitiva.
A qualcuno viene quasi il rimpianto di quando si discuteva dei freni a disco, per non parlare dei sistemi di trasmissione elettronica ormai metabolizzati dal popolo della bicicletta. Se erano troppo quelli, oggi queste soluzioni cosa sono?
Reparto Corse
Una chiave di lettura ce l’aveva data, prima di queste considerazioni, una persona che avevamo intervistato qualche giorno fa: Romolo Stanco, parlando di “Reparto Corse” e sottolineando una particolarità del ciclismo che mette a disposizione del pubblico gli stessi strumenti in vendita nei negozi. Deve, anzi, deve farlo per regolamento visto che è stabilito dall’Unione Ciclistica Internazionale, l’organo che sovrintende al ciclismo.
“Reparto Corse” in altri sport, è qualcosa che comprende una ricerca ben oltre quel che viene utilizzato normalmente dagli utenti di quello sport. Nessuno si sognerebbe di paragonare la propria moto “replica” con una di quelle utilizzate nei Gran Premi, lo stesso vale per l’automobilismo, ma anche per lo sci, il tennis e così via. La bicicletta è un’eccezione che rischia, in questo caso, di frustrare il proprio mercato.
Ecco, se consideriamo, invece, queste innovazioni come “Reparto Corse” le cose diventano più accettabili per tutti probabilmente. Agli appassionati che pendono dalle immagini televisive e dalle fotografie delle gare, non verrà più l’ansia che porta ad avere le stesse cose dei corridori, a prescindere che servano o meno.
Quella volta che Campagnolo…
Un po’ di anni fa, Campagnolo produsse una serie di comandi Ergopower (le leve freno integrate) con una molla più “forte” rispetto al modello in commercio. Lo fece su specifica richiesta di alcuni corridori (non tutti i professionisti che utilizzavano prodotti Campagnolo volevano quella soluzione) che desideravano un comando più duro del normale. Un controsenso ci verrebbe da dire, ma lo volevano così e Campagnolo li accontentò evidenziando quella modifica con delle scritte in rosso al posto del bianco di serie. Si scatenò, in breve tempo, la caccia a quei comandi da parte di molti appassionati che sentirono, all’improvviso, l’esigenza di avere la molla più dura dei loro comandi (ma qualcuno si accontentò di dipingere solo di rosso la scritta).
Parecchi non si trovarono bene con quella soluzione poi.
Reparto Corse, in effetti, è un concetto diverso dell’uso comune, è un campo di ricerca assoluto che, in un secondo tempo, porta benefici anche alla produzione di serie. E se il reggisella telescopico esiste già sul mercato (al più se ne sono ribadite, in gara, le caratteristiche), la soluzione per aumentare o diminuire la pressione delle gomme senza fermarsi potrebbe tradursi, un domani, in un modo per rendere più sicure le biciclette e non solo quelle destinate alle competizioni. Pensate a una bicicletta che, in città, regola la pressione delle gomme in base alle condizioni della strada in modo automatico, sfruttando dei sensori che esistono già. Quella potrebbe essere una soluzione efficace per tutti una volta arrivati a una produzione che ne possa garantire costi accettabili.
Un corridore professionista, in quanto tale, utilizza materiali che possono non essere destinati all’uso comune, sono campo di ricerca di cui poi potremo beneficiare tutti.
E il ciclismo?
L’ultimo dubbio riguarda il rischio di snaturare uno sport incentrato sull’atleta più che sul mezzo. Tante tecnologie non rischiano di avere un “effetto Formula 1” spostando il risultato dalla prestazione dell’atleta al mezzo che utilizza? Sì, è un rischio che c’è ma che, in fondo, conosciamo bene: Moser vinse il Giro d’Italia del 1984 battendo Fignon nella cronometro finale grazie alla bicicletta con cui fece il Record dell’Ora pochi mesi prima. Lemond, nel 1989, batté ancora Fignon per otto secondi al Tour de France grazie al vantaggio del manubrio da triathlon. In tempi recenti potremmo trovare soluzioni meno eclatanti ma che possono comunque aver dato un contribuito fondamentale nel risultato finale fatto di distacchi minimi.
Insomma sì, il ciclismo è anche questo e non è diverso da quello antico se andiamo a vedere, dal cambio che permetteva di variare rapporto senza dover pedalare al contrario ai comandi integrati nel manubrio.
Ognuno, poi, farà le sue scelte tecnologiche.
13 apr 2022 – Riproduzione riservata – Cyclinside
A proposito di questo articolo, torno a ribadire un concetto che ho già espresso in passato. Il punto non è discutere sul fatto che certe soluzioni tecniche siano lecite o meno. La questione, a mio parere, è un’altra. Uno degli aspetti che ha sempre reso popolare il ciclismo e che i corridori utilizzavano (parlo ormai al passato) mezzi simili a quelli che molti (se non tutti) appassionati potevano a loro volta comprarsi. Oggi, invece, una bicicletta da corsa top di gamma costa 14/15 mila euro, e ogni innovazione tecnologica non fa altro che innalzare ulteriormente il prezzo. Stiamo arrivando a una situazione in cui i corridori utilizzano mezzi che l’appassionato si può solo sognare. E non credo che questo faccia bene al ciclismo.
È vero, la differenza rispetto a qualche tempo fa, neanche troppo, è sempre di più e continua a crescere. Per fortuna sul mercato c’è anche altro. Da un altro punto di vista, il ciclismo rimane sport fortunato poiché è comunque acquistabile ciò che usano i corridori. Cosa che, in altri sport, è impensabile. È il concetto di “reparto corse” detto nell’articolo.
Grazie del tuo contributo