La proposta di limitare i rapporti tra i professionisti continua ad aleggiare nell’aria e ora è arrivata anche ai piani alti del ciclismo. È già di per sé una barzelletta che ciò avvenga appena due anni dopo la liberalizzazione dei rapporti tra gli juniores.
Sembra che SafeR, la commissione istituita nel 2023 per la sicurezza nelle gare, abbia rilasciato un comunicato stampa annunciando che a fine 2025 verranno effettuati i primi test con gare a rapporto limitato, seguendo le richieste di Wout Van Aert.
A questo punto, è importante sottolineare che i componenti di questa commissione di sicurezza sono 11, tra organizzatori di gare, dirigenti di team e membri dell’UCI. E i corridori? Coloro che dovrebbero valutare i rischi per chi è in sella sono soltanto due: Alessandra Cappellotto (ITA) e Adam Hansen (AUS). Questo dato, da solo, dovrebbe far riflettere sulla scarsa equità e sul limitato valore pratico di questa commissione.
Intendiamoci, un team di analisi degli incidenti era necessario, e alcune idee sono valide, come quella di regolamentare l’abbigliamento tecnico. Questa è una misura indispensabile, visto che attualmente il vestiario da ciclismo non offre il minimo riparo in caso di caduta.

Ma la proposta di limitare i rapporti merita davvero di essere presa in considerazione? Il paradosso è evidente: ogni giorno siamo sommersi da notizie su progressi nell’aerodinamica delle bici, nella scorrevolezza degli pneumatici e nelle tecnologie più avanzate, e poi si pensa di limitare i rapporti come si fa con gli allievi. Non solo: lo stesso Van Aert ha ammesso in un’intervista a Sporza che la maggior parte del gruppo non è d’accordo con lui. Perché, allora, si continua su questa strada?
Inoltre, le recenti cadute alla Parigi-Nizza e alla Tirreno-Adriatico sono avvenute in momenti in cui non si andava particolarmente forte – a ulteriore dimostrazione che la velocità non è il vero problema. Il vero problema è semmai una generale perdita di professionalità all’interno del gruppo, dovuta anche all’abbassamento dell’età media dei corridori. Molti incidenti si verificano perché i ciclisti si infilano in ogni spazio possibile pur di avanzare, anche quando il passaggio è praticamente impossibile.
C’è troppa fame di risultati e gli uomini squadra non vengono valorizzati a sufficienza. Questo genera un clima di nervosismo, con il risultato che tutti fanno la volata, anche chi non è velocista, nel tentativo di garantirsi un contratto sempre più precario. È questa dinamica sociale che porta il gruppo a essere costantemente al limite, anche in situazioni che potrebbero essere gestite con maggiore tranquillità.