di Maurizio Coccia
“Mario Lazzaretti”? No, si chiamava Mario Carbutti, e purtroppo ci ha lasciato. Mario Carbutti era il titolare di uno dei negozi di biciclette più conosciuti di Roma e uno dei più antichi della Capitale: la storica Lazzaretti di Piazza Fiume, a due passi da Porta Pia, fondata nel lontano 1916, negozio così famoso e popolare al punto che a Roma tanti credevano che il titolare Mario – ovvero quell’uomo dietro la bancone tanto competente e affabile, tanto affabile e puntuale quando si trattava di dare informazioni su una bicicletta, su un paio di ruote, o semplicemente serviva gonfiare una gomma – si chiamasse Mario Lazzaretti.
Per gli appassionati di ciclismo capitolini e non solo Mario Carbutti era quasi un’istituzione, vero e proprio punto di riferimento per chi voleva acquistare una bici o semplicemente avere indicazioni o dei consigli, che Mario ti dava sempre in modo rigoroso, da grande appassionato di due ruote quale era. Mario lascia il negozio al figlio Simone e ai validi collaboratori Mark, Pietro, Danilo e Massimo, che certamente sapranno fare tesoro della grande opportunità e della grande fortuna che è stato lavorare accanto a una persona così speciale come era.
Ci piace allora ricordarlo proprio con la storia commerciale della Lazzaretti che ha condotto per oltre quaranta anni, da quando, nel 1977 aveva preso le redini dello storico punto vendita, che da 105 anni è sempre stato a Piazza Fiume, anzi, per essere precisi a Via Bergamo 3.
Che la terra ti sia lieve, signor “Mario Lazzaretti”.
La collaborazione tra Galmozzi e Lazzaretti raggiunge l’apice all’inizio degli anni Sessanta, che non a caso corrispondono al periodo di maggior fulgore sia della produzione Galmozzi sia della Cicli Lazzaretti della prima era. La parabola che lega le due realtà diventa però discendente negli anni Settanta, quando sia la Galmozzi sia la Lazzaretti perdono parte dello smalto che le aveva contraddistinte negli anni precedenti. Per entrambi le difficoltà avevano una causa comune, la concorrenza crescente. Da un lato – quella dei Galmozzi – la concorrenza dei grandi costruttori milanesi, dall’altro – quella di Lazzaretti – la concorrenza delle numerose realtà commerciali e produttive che iniziavano ad affollare il mercato ciclistico romano degli anni Settanta.
C’è poi da dire che i fondatori del punto vendita, Romolo e Remo Lazzaretti, iniziavano a sentire il peso dell’età, il secondo negozio che nel frattempo era stato aperto a Viale Manzoni si appresta a chiudere e quello storico di Via Bergamo è in quegli anni preso in carico dal figlio del fondatore Remo Lazzaretti, che guardacaso si chiama anch’egli Romolo, ma che sul finire dei Settanta decide di lasciare l’Italia e andarsene in Brasile, Paese di quella che era da poco diventata sua moglie.
È in questo momento, siamo nel 1977, che a prendere le redini del negozio di Via Bergamo arriva Mario Carbutti, genero di Remo e cognato del (secondo) Romolo Lazzaretti, che era volato oltreoceano. Con Mario Carbutti inizia la fase “moderna” della Cicli Lazzaretti: la situazione che nel 1977 trova in negozio il giovane Mario Carbutti è una situazione da aggiornare e da rilanciare dal punto di vista commerciale; l’obiettivo in un certo senso gli risulta facile, perché nonostante non provenga dal mondo del ciclismo (era responsabile commerciale nel settore editoriale), Mario ha grossa competenza come agente di commercio, mettendo subito questo sapere al servizio del negozio che ha acquisito da poco, e facendolo con la filosofia che da sempre ha contraddistinto la Cicli Lazzaretti: così, l’idea di costruire telai, cioè ciò che facevano tutti i ciclisti a quell’epoca, neanche gli balena per la testa; è troppo complesso ed è troppo rischioso in tempi in cui tanti telaisti avevano raggiunto dimensioni e caratteristiche semi-industriali. Mario Carbutti preferisce piuttosto spingere forte nel rapporto commerciale con i marchi più affermati e noti della filiera ciclistica italiana; allo stesso tempo mira a mantenere un’offerta prodotto siglata “Lazzaretti” che fosse caratterizzata dagli elevati standard qualitativi che avevano reso famosi ed apprezzati i telai venduti nei decenni precedenti.
Nacque ad esempio così, a metà degli anni Ottanta, la collaborazione tra Lazzaretti e uno dei telaisti più estrosi, creativi e anticonformisti che abbiamo avuto in Italia, Pino Morroni. Romano di nascita, ma per un lungo periodo della vita emigrato negli Stati Uniti, Pino Morroni fu il primo a lavorare il titanio per fini ciclistici e a realizzare soluzioni tecnico strutturali a dir poco avveniristiche: il primo movimento centrale “a cartuccia”, le prime ruote con raggi filettati da entrambi i lati che lavoravano sia in compressione che in estensione e i primi telai con tubazioni Columbus con spessore “folle” di 0.4 millimetri. A metà degli anni Ottanta Pino Morroni collaborò fattivamente con Lazzaretti, realizzando per il negozio romano circa un centinaio di telai, gli stessi che a detta di Mario Carbutti erano caratterizzati da un livello qualitativo incredibile, pur se con l’unico difetto di essere molto delicati. Oggi ad affiancare Mario Carbutti nel punto vendita di via Bergamo c’è il figlio Simone, e ancora oggi i marchi trattati sono in pratica le “griffe” di quella produzione ciclistica che ovviamente non è più nazionale ma mondiale.
31 ago 2021 – Riproduzione riservata – Cyclinside