14 ott 2020 – È il momento della verità. Quello che avevamo paventato già mesi addietro quando si parlava della necessità del distanziamento fisico (qui tutti i nostri articoli al riguardo). Ma era primavera e tutto sembrava facile, almeno per quanto riguardava l’andare in bicicletta?
E oggi? I nodi al pettine, già si diceva qualche mese fa, sarebbero venuti in autunno, il periodo in cui la voglia di bicicletta potrebbe calare un po’ con l’arrivo della pioggia, del freddo. Ecco invece è proprio adesso che c’è da spingere sui pedali della bicicletta. Abbiamo visto come nell’ultimo DPCM si faccia riferimento alla necessità di distanziamento fisico sui mezzi pubblici. Molte scuole stanno alternando la didattica a distanza con quella in presenza, soprattutto negli istituti superiori dove gli studenti sono più autonomi. Tutto aiuta a ridurre la presenza su mezzi pubblici che, per forza di cose, non si possono moltiplicare. Inoltre il timore della pandemia porta gli utenti a scegliere l’alternativa più immediata a favore del distanziamento: l’automobile privata.
Scelta difficile ma controproducente. Le città già soffocano di automobili e di traffico, per non parlare del problema dei parcheggi che rischia di esplodere.
La bicicletta è la risposta per la maggior parte dei problemi. Lasciare a casa l’automobile, quando possibile (ed è possibile più di quanto si pensi), porta all’ovvio risultato di migliorare la mobilità cittadina. E chi va in bici arriva prima e migliora anche la salute.
Sicurezza e cultura
Il punto problematico resta sulla sicurezza. Muoversi in città, in bicicletta, è ancora percepito come attività pericolosa. Le corsie ciclabili temporanee possono diventare permanenti ma devono essere mantenute ben visibili. Poi occorre fare campagne di sensibilizzazione per gli altri utenti della strada. Se si continua a far passare il messaggio che dove c’è la ciclabile il traffico si ingolfa, si alimenta il fastidio verso chi va in bicicletta invece che essergliene grato per aver tolto un’auto dalla coda che si ha davanti.
Finché si continuerà a vedere una bicicletta come un’intralcio e l’auto come un’opportunità e non viceversa, il problema della mobilità non verrà risolto. C’è poco da fare, ma di questa comunicazione, al momento, non c’è traccia e non se ne parla più neanche a livello cittadino come si era iniziato a fare in fase post-lockdown quando si era presentato il problema dell’affollamento dei mezzi pubblici. Tutt’ora l’indicazione è di una capienza massima all’80 per cento per i mezzi pubblici ma già vediamo come, nelle ore di punta, questa sia impossibile da rispettare: chi resta giù per far salire gli altri? Chi controlla?
E se fa brutto tempo?
Partiamo da un assunto: il modello di mobilità cui si fa sempre più spesso riferimento, è quello dei Paesi del Nord Europa. In queste regioni si pedala molto e il brutto tempo è l’ultimo dei pensieri. Come? Semplice: viene incontro la tecnologia. Se i corridori si allenano con temperature prossime e a volte anche al di sotto dello zero, è perché sfruttano materiali di ultima generazione che proteggono dal freddo e dall’acqua senza nemmeno doversi attrezzare come dei marziani. L’agonismo, in fondo, è come la Formula 1 per l’automobilismo: le soluzioni sperimentate nella massima categoria vengono declinate per prodotti alla portata di tutti. Lo stesso avviene per chi la bicicletta la usa per muoversi in città: i materiali sono gli stessi di quelli utilizzati dagli scooteristi con, in più, la praticità necessaria per la bicicletta, bambini compresi (alcuni esempi di Tucano Urbano li trovate qui). Altre aziende hanno prodotti molto utili per spostarsi in maniera più o meno sportiva e a più o meno ampio raggio.
Redazione Cyclinside