Arrivi a pensare che sia questione di adesivi. Perché se davanti si assiste e si ammirano le acrobazie dei corridori in molti frangenti di corsa (ma avete visto Fiorelli cos’ha fatto a Salerno?) dietro, tra le ammiraglie, succede di tutto.
Le ammiraglie hanno un compito, un obiettivo, un traguardo: assistere i corridori.
E quando la radio gracchia una richiesta di assistenza da parte di un corridore, il suo direttore sportivo, nelle strade tortuose del Giro d’Italia, traccia una linea retta che lo precipita verso di lui. Un tunnel spazio-temporale dove l’universo si piega e ci si ritrova proprio lì, nel punto giusto al momento che serve, con una borraccia, una ruota, un gel, un incoraggiamento, ma anche un consiglio, a volte un rimprovero.
Due corse
Davanti c’è la corsa, la tattica, gli attacchi e la maglia rosa. Dietro l’umanità fatta di gregari e corridori in crisi con i chilometri di traverso che gli si sbattono in faccia a ogni curva.
Il ciclismo è anche lì, tra cavi del microfono, tablet con la tv e mappa del percorso elettronica che se si blocca si torna al volo a quella cartacea, ovviamente rosa, che svela al colpo d’occhio la situazione.
In certe tappe non è tranquilla nemmeno la partenza ed è meglio essere pronti. Quelli della Bardiani spesso sono gli unici sui rulli prima del via. Lavoro in più per i meccanici che aprono i rulli e mettono su le seconde bici da caricare, poi al volo, sull’ammiraglia. Dopo il foglio firma i corridori vanno a scaldarsi per saltare sulle bici ufficiali solo un attimo prima del via. Lo faceva fare Merckx ai suoi gregari, che quando si presentavano al via già sudati c’era da preoccuparsi.
Subito all’attacco?
«Ma no, ma è meglio essere pronti – spiega Roberto Reverberi, direttore sportivo della Green Project Bardiani CSF Faizanè, che smorza le aspettative – oh, il ciclismo è l’unico sport dove non ci si scalda prima. Se poi si parte a tutta, però, sono dolori».
Partenza, c’è subito da fare
Già, le partenze. Al Giro si parte al volo, dal via ufficioso al chilometro zero, che poi da lì è gara, passano chilometri e non è detto che siano tranquilli.
Una litania di chiamate da radiocorsa che nomina, una dopo l’altra, praticamente tutte le ammiraglie in coda: possibile si fori così tanto appena partiti?
«Succede così nelle tappe dopo un giorno di pioggia. Sul battistrada si incastrano spesso detriti raccolti per strada e non sempre si vedono subito». Nei primi chilometri di tappa la gomma va giù e radiocorsa chiama.
Di continuo.
Qualcuno ha da regolare il manubrio dopo una scivolata di ieri, un altro litiga con la sella o chissà cosa.
San Meccanico scende di corsa con la brugola giusta e sistema, regola, spinge e riparte.
Radiocorsa avvisa, radiocorsa ripete, richiama: nel paese fra pochi chilometri la strada si stringe di colpo, ci sono i dossi, i mezzi che precedono prendano distanza, c’è uno spartitraffico e poi curva a destra. E ancora non è niente.
Tattica
I corridori sanno che fare ma l’ammiraglia ricorda: almeno uno dentro. La tv in auto racconta la corsa diversi secondi dopo e il rischio è di dare ordini tardivi.
Il direttore sportivo si districa con abilità tra guida e radio: «Attenzione che adesso partono a gruppetti, andranno via prima uno, poi due, poi altri tre o quattro. Occhi aperti!». Sul tablet lo vedi in differita ma era già successo mentre lui lo diceva. Lui sa. Così come sa interpretare le voci dei corridori e le loro richieste dal rumore della corsa. Riconosce la voce e cosa dice tra i disturbi dell’etere come un farmacista sa leggere la ricetta del medico. Pronto a percorrere quel tunnel che lo proietta dal suo corridore in coda al gruppo.
«Ho perso le borracce, posso chiederle all’ammiraglia?» La giuria autorizza e via rifornire.
La prima salita di giornata non è certo delle peggiori ma già divide forza e fatica. Dietro c’è chi chiede aiuto, dolori che tornano dal giorno precedente e datemi una mano che oggi finisce male. Il Direttore Sportivo è una mamma e un papà, ma anche un compagno di scuola che suggerisce qualche trucchetto: incoraggia e consiglia. Poi passa una borraccia mettendoci un po’ di più e dando gas. Se hai male vai dal medico, che è l’unica auto cui i corridori sono autorizzati a stare attaccati. Mentre ti spruzza l’antidolorifico stai lì e finisce la salita. Per la prossima ci pensiamo.
Adrenalina
Quanti chilometri sono passati? Troppo pochi ancora, ma sarà tutta così. Per fortuna dopo la tempesta di forature iniziale torna la tranquillità, radiocorsa parla meno, sgrida la moto indisciplinata con la voce da maestra (“…e non fatevelo ripetere!”) ma continua ad avvisare e prevedere. Inizia a piovere, attenti in discesa.
Ecco, la discesa. In discesa un corridore può andare più veloce di una macchina. Due ruote sono più agili di quattro. Le moto del Giro, per completare la tabellina, ne hanno tre e possono accelerare in curva a millimetri dalle auto. Le moto viaggiano a sinistra in carovana, le auto a destra, ma possono infilarsi. Questione di adesivi dicevamo, ti viene da pensare che ne basti uno in più per toccarsi tanto sono stretti gli spazi.
Per fortuna c’è il sole di nuovo e la fuga davanti.
Ma dietro tanti gruppetti di corridori da saltare per tornare sotto al gruppo principale, deve stare lì l’ammiraglia numero uno. Agli altri ci pensa la numero due. Poi c’è la terza in giro e il furgoncino che pensa ai rifornimenti da passare al volo secondo le disposizioni preparate la sera prima e distribuite con gli orari di colazione, di partenza, gli equipaggi e i punti cruciali della corsa.
Se la salita è fatica, la discesa è acrobatica. Ci sono corridori che provano a rientrare a passano a tutta. Le ammiraglie fanno spazio come possono, a volte pregano perché dietro alla curva non si vede mica, ma guai a frenare.
Le discese in corsa sono una serpentina di curve da indovinare per i corridori e temere per le ammiraglie. Così capita che ti trovi all’improvviso una macchina ferma davanti che sta per soccorrere un corridore appena caduto, il direttore sportivo si aggrappa alla radio per avvisare quelli dietro che arrivano in un baleno, giusto in tempo, pericolo scampato stavolta e via di nuovo a tutta, a testa in giù.
Meccanici
Intanto il meccanico è seduto dietro, tra ruote, integratori, e chiavi di ogni tipo. Forse è l’unico momento in cui può riposare, almeno lavorare da seduto, fino alla prossima chiamata. Deve fare il conto delle ruote, eventualmente chiederne all’altra ammiraglia, allenato a balzare giù e correre con ruote o biciclette in mano. Poi, a fine corsa, inizia il suo lavoro a sistemare tutte le bici. C’è sempre un cambio elettronico da tarare, un consiglio per i corridori che chiedono come regolare in corsa, materiali da provare, come le nuove selle SMP appena uscite ma che hanno provato già da un po’ e voluto sulle bici del Giro. I meccanici li vedi diventare sempre più seri man mano che passano le tappe. È la stanchezza che sale, per loro la sveglia suona prima di tutti ed anche le ammiraglie lucide sono compito loro. E se non cade nessuno è quasi festa. I manubri integrati in fibra di carbonio vanno cambiati a ogni caduta «E tra cavi idraulici dei freni ed fili della trasmissione elettronica è quasi come rifare una bici da zero».
Cavi e fili nascosti nei telai sono uno spettacolo estetico (si usurano anche meno, va detto) ma gli interventi si complicano, tanto più in gara.
La tappa si avvia alla conclusione. I giochi sono fatti o quasi, volata o no? «Stai lì dove c’è Gaviria, lo riportano dentro di sicuro!» I corridori si sanno muovere in gruppo, si conoscono ma un consiglio in più aiuta a ragionare nella fatica. Piuttosto riusciranno a sentire la voce del direttore sportivo in mezzo a tanto pubblico? Una curva da stadio da cento o duecento chilometri. Tutti lì a urlare, mostrare cartelli, salutare la mamma e la fidanzata. Un boato continuo e il Giro non è ancora nel vivo.
«Sì, è una fatica e uno stress, ma poi noti la differenza quando sei alla prima gara dopo il Giro d’Italia. Dove sono finiti tutti? Ti ci abitui facilmente a questo clima e ti manca inevitabilmente già dal lunedì dopo l’ultima tappa».
E no, quando finisce non ci sentiamo orfani del Giro solo noi davanti alla tv.
Si ringraziano Roberto e Gabriele Reverberi e tutto il team Green Project – Bardiani – CFS – Faizanè per la disponibilità nella realizzazione di questo articolo